Rudy Fernandez: Madrid meglio della NBA?

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Rudy Fernandez è uno dei più forti giocatori d’Europa. Il suo talento e il suo carisma stanno guidando il Real Madrid di Pablo Laso a una stagione perfetta: i blancos non hanno ancora perso una partita e hanno mostrato un gioco esaltante e frizzante. L’impatto della stella di Palma di Maiorca sull’Eurolega è stato notevole: in poco più di 26 minuti di utilizzo medio, Rudy ha messo a segno 12.1 punti, ha catturato 3.5 rimbalzi, ha distribuito 4.3 assist e si è issato al sesto posto nella classifica della valutazione (17, 8). La forza e la spettacolarità di questo giocatore vanno ben al di là dei numeri che ha saputo produrre nella sua carriera: nonostante i problemi alla schiena che lo hanno condizionato fra la fine del 2010 e il 2012, Fernandez non ha perso la clamorosa esplosività dei suoi primi anni da professionista e ha aggiunto al suo gioco una notevole capacità di lettura delle situazioni tattiche e di dialogo cestistico con i suoi compagni più scaltri.

Se il suo debutto mostrò al mondo un atleta capace di fiaccare gli avversari con contropiedi fulminei e penetrazioni incontenibili, dopo l’Olimpiade di Pechino il suo tiro perimetrale è diventato una minaccia per le difese: nella sua stagione da rookie, gli staff tecnici delle 29 squadre della NBA cercarono di evitare ai loro lunghi la sorte che Dwight Howard aveva dovuto subire nella finale a Cinque Cerchi, ma non riuscirono a impedirgli di contribuire alla buona annata dei Trail Blazers con più di dieci punti ad allacciata di scarpe. In quell’anno, Rudy allargò il suo raggio di tiro, si adeguò perfettamente alla maggiore distanza della linea dei tre punti e impressionò il pubblico americano con le sue schiacciate: lo Slam Dunk Contest lo vide eliminato al primo turno, ma lasciò a tutti la sensazione che quel flaco spagnolo, oltre ad avere un meraviglioso rispetto per il suo idolo Fernando Martin, saltasse come pochi. La luna di miele con il pubblico del Rose Garden non si spense, ma il feeling con l’ambiente dei Trail Blazers sfumò lentamente: Rudy iniziò a sentirsi a disagio in una Lega snervante e alienante come la NBA, gli sembrava di essere sempre più straniero.

La sua schiena gli chiedeva di giocare meno partite; il suo cuore lo spingeva a cercare una dimensione più autentica, più viva, più sua. Portland non riusciva a diventare grande, lui faticava a sentirsi pienamente coinvolto nelle sue vicende; la Lega arrivò addirittura a multarlo poiché aveva esternato troppo apertamente il suo desiderio di cambiare aria. Dopo una serie di playoffs disastrosa, i Blazers lo mandarono a Dallas. Rudy non avrebbe mai giocato per i Mavs: il lockout bloccò l’NBA e lui si lasciò sedurre dal Real Madrid Baloncesto. Mentre calcava il parquet di Vistalegre, i Nuggets rilevarono il suo contratto insieme a quello di Corey Brewer; la prima esperienza di Fernandez con la camiseta blanca durò solo nove partite, ma gli lasciò il desiderio di vivere un’avventura europea da protagonista.

Quando prese l’aereo per le Rocky Mountains, sapeva che il destino lo avrebbe riportato molto presto a Madrid; nei mesi di Denver, la schiena ricominciò a tormentarlo e il cuore gli mandò messaggi sempre più chiari: era giunto il momento di tornare in patria. 9.1 punti, 2.4 rimbalzi e 2.2 assist in poco meno di 24 minuti di utilizzo medio non gli bastavano più: voleva essere la stella del suo mondo. Dopo le Olimpiadi di Londra – concluse con il secondo argento consecutivo e con la consapevolezza che le Furie Rosse si erano ormai avvicinate moltissimo alla migliore versione del Team USA – Rudy accettò la corte del Real e firmò un triennale da 8.2 milioni; voleva vincere tutto e diventare un punto di riferimento per il basket europeo. La prima stagione del suo nuovo corso gli ha regalato una grande gioia e due terribili delusioni: se a giugno ha potuto festeggiare la sua prima Liga ACB, la sconfitta nel Clàsico di Copa del Rey e l’atroce beffa della Finale di Eurolega hanno gettato secchiate di ghiaccio sul morale della Casa Blanca.

La prodigiosa rimonta dell’Olympiacos ha sottolineato tutte le contraddizioni di Rudy e del suo Madrid: una squadra meravigliosa, frizzante e divertente, una corazzata a tratti irresistibile che, però, ha sempre faticato tremendamente contro avversarie ruvide e solide dal punto di vista mentale. In questa stagione, l’esperienza dell’anno passato e la maggiore maturità dei giocatori-chiave hanno permesso al gruppo di Pablo Laso di sbaragliare la concorrenza: Fernandez e compagni festeggeranno il loro primo Triplete? Il talento non gli manca, ma non hanno mai avuto la capacità di chiudere le partite decisive; gli indizi degli ultimi mesi lasciano ben sperare i tifosi di Vistalegre. Il digiuno europeo dei Blancos sembra destinato a finire molto presto.

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