La riforma della Draft Lottery s’incaglia: forever tanking?

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Un fulmine a ciel sereno sconvolge le tranquille atmosfere della preseason NBA: la proposta di riforma della Draft Lottery s’incaglia a pochi metri dal porto. La prestigiosa scrivania del Commissioner Adam Silver non ufficializzerà con il timbro più famoso dello sport mondiale i progetti che i general manager contrari all’arte perversa del tanking hanno elaborato nell’estate più pazza del nuovo millennio: le interessate speranze dei Philadelphia 76ers risorgono proprio quando il baratro sembrava ineluttabile. Ma cos’è successo nell’elezione più controversa dell’autunno sportivo americano?

DUE REGOLAMENTI A CONFRONTO

Il sistema statistico che regola l’assegnazione delle “palline” nella Draft Lottery risale all’estate del 1990 e, per una curiosa ironia della sorte, fu concepito per annientare lo stesso fenomeno che ha fatto risvegliare nelle ultime stagioni: il tanking. Quando la peggior franchigia della Lega aveva la garanzia di scegliere per prima e l’ordine delle chiamate più importanti ribaltava la classifica della stagione, gli incentivi alle débacle di fine stagione erano particolarmente accattivanti; fino ai tardi anni Ottanta i comportamenti antisportivi riguardavano un numero ristretto di partite poiché la profonda cultura sportiva americana aveva mantenuto vivi gli anticorpi del sistema e il minor numero di squadre rendeva più frequenti e vibranti le rivalità regionali. L’allargamento della Lega e della sua formula ha provocato un peggioramento della qualità dei bassifondi e ha indotto Stern a vagliare la Draft Lottery: dall’estate 1990, la peggior squadra dell’anno ha avuto il 25% di possibilità di ottenere la prima scelta assoluta e ha ricevuto la garanzia di non scendere al di sotto della quarta chiamata, mentre la penultima si è attestata al 19, 9% delle palline presenti nell’urna. Il 15, 6% della terzultima proseguiva la discesa verso la prima esclusa dai Playoffs. Negli ultimi anni, le nuove recrudescenze del tanking hanno riaperto il dibattito sull’eticità della Lotteria e hanno portato all’elaborazione di una proposta di riforma del sistema: il testo definitivo ha affidato alle quattro cenerentole della stagione il 12% di chance di ottenere il #1 e ha fatto calare di pochi decimi le opportunità della quintultima e della sestultima, relegando al #7 la garanzia minima legata al record peggiore dell’anno.

VERSO IL VOTO: UN’APPROVAZIONE SCONTATA

La riforma della Draft Lottery è nata sotto i migliori auspici legali e sportivi. Le prime due settimane di ottobre hanno preparato una suggestiva rampa di lancio alle intenzioni degli innovatori poiché una schiacciante maggioranza degli addetti ai lavori ha condannato senza appello la strategia spregiudicata di Sam Hinkie e il secondo “Anno zero” consecutivo dei Philadelphia 76ers: il contrasto al tanking selvaggio che ha caratterizzato i bassifondi della Lega ha assunto le sembianze di un attacco diretto al sistema che accompagna il nuovo ciclo della Città dell’Amore fraterno. Molti General Manager e diversi proprietari hanno espresso la necessità di contrastare i propositi rinunciatari delle franchigie che affidano alle scelte dell’estate successiva le speranze di un’intera stagione agonistica con argomenti forti e legittimi: dal momento che lo spirito dello sport esclude la rinuncia aprioristica alla vittoria e impone ai partecipanti il dovere di competere in ogni occasione, la corsa al peggior record della Lega provoca lo sdegno degli appassionati e allontana i tifosi dalle arene. Il contrasto al tanking è finito al centro dell’agenda di Adam Silver e ha riempito i dibattiti della tarda estate americana; il clima sembrava preludere a un’approvazione scontata poiché soltanto i Sixers si avvicinavano alla prima palla a due ufficiale del 2014/2015 con il chiaro intento di navigare a poche miglia dall’antico porto inglese della loro città, ma le sorprese si nascondevano dietro gli angoli più insospettabili.

OKLAHOMA CITY SORPRENDE L’NBA

Pochi giorni prima del voto sulla riforma della Draft Lottery, il General Manager degli Oklahoma City Thunder ha manifestato il sospetto che la diminuzione delle tutele per le peggiori squadre della Lega avrebbe finito per danneggiare i piccoli mercati al cospetto dei grandi palcoscenici. In un primo momento, le sue parole hanno stupito i giornalisti di tutto il mondo poiché la squadra di Scott Brooks si è rivelata una perennial contender e, anche se Kevin Durant sarà costretto a restare ai box nella prima parte della stagione, è difficile pensare che la Chesapeake Energy Solutions Arena chiuda i battenti prima della seconda metà di maggio. La soluzione del mistero si nascondeva nella storia del penultimo lustro NBA: i Thunder di questa decade sono nati dalle sventure degli ultimi Seattle Sonics e da tre fondamentali scelte “alte”, che la bravura della dirigenza ha trasformato in Kevin Durant, Russell Westbrook e James Harden. Se il Draft non avesse sorriso alla franchigia nel momento della sua “morte” seattleite e nel primo corso della sua “rinascita” a OKC, le ombre scure dell’attentato al Federal Building e le scarse attrattive dell’America rurale avrebbero tenuto le superstar della Lega piuttosto lontane dal parquet dei Thunder. Presti ha sostenuto che, senza la “giustizia livellatrice” del meccanismo delle scelte, i piccoli mercati sarebbero stati ben presto destinati a soccombere al cospetto del fascino delle grandi destinazioni mediatiche. Nelle prime ore che hanno seguito la pubblicazione delle dichiarazioni, il suo pensiero ha fatto vacillare la posizione della nuova dirigenza dei Milwaukee Bucks, ma non ha provocato ulteriori fratture nello schieramento “riformista”: lo staff di Adam Silver attendeva con ottimismo l’ufficialità della messa al bando del tanking, ma il segreto dell’urna ha regalato l’ennesima sorpresa dell’indimenticabile 2014.

TREDICI CECCHINI AFFONDANO LA RIFORMA

L’esito della votazione ha gelato gli uffici dell’Olympic Tower: la ratifica della riforma sarebbe avvenuta se la proposta avesse ottenuto almeno ventitré voti, ma il tabellone delle schede affermative si è fermato a quota diciassette. Oltre alle annunciate Philadelphia, Oklahoma City e Milwaukee, Phoenix, New Orleans, Detroit, Miami, San Antonio, Utah, Washington, Atlanta, Charlotte e Chicago hanno bocciato i cambiamenti alla Draft Lottery. I piccoli mercati si sono stretti intorno ai punti interrogativi che Sam Presti ha agitato sulla scena e, stando alle dichiarazioni “a caldo” di un proprietario che ha voluto nascondersi dietro l’anonimato, hanno deciso di votare “no” per studiare meglio gli “effetti imprevedibili” di una riforma storica; Chicago e Washington hanno preferito difendere un sistema che ha già regalato ai loro tifosi la gioia della prima scelta assoluta nelle sembianze di Derrick Rose e John Wall, mentre San Antonio e Miami hanno impreziosito il “gran rifiuto” con il crisma delle ultime NBA Finals. La ricostruzione dei Jazz si è intrecciata ai progetti ambiziosi di Phoenix e Charlotte in un controverso inno alla prudenza normativa che ha provocato fastidiose irritazioni agli avversari del tanking; la nuova stagione mostrerà un’altra contesa fra bradipi? Quante squadre approfitteranno delle loro sciagure per “inseguire” Philadelphia nella marcia dei gamberi?

TANKING SELVAGGIO? MAYBE, MA PAGA DAVVERO?

Dopo settimane di annunci roboanti e proclami aggressivi, il tanking è sopravvissuto alle volontà di riforma dei suoi avversari e minaccia di strisciare sotto la cute dell’NBA 2014-2015 con il suo profilo impresentabile. I pessimisti pensano che il calcolo delle probabilità scateni gli appetiti disfattisti dei più deboli, ma le statistiche smentiscono l’efficacia assoluta della resa più estrema: tra il 1990 e il 2014, la franchigia che ha strappato il peggior record dell’anno ha ottenuto la prima scelta assoluta solo in tre occasioni, mentre la terzultima e la quintultima hanno gioito per ben cinque volte e la penultima è uscita dalla lotteria col sorriso in quattro episodi. Anche se la garanzia di non finire al di sotto della quarta chiamata assicura comunque un’ottima selezione, la storia recente smentisce gli influssi positivi del 25%: l’ultimo #1 “figlio” del fanalino di coda della stagione è stato Dwight Howard. Correva l’estate del 2004… Da allora i brindisi sono sempre rimasti lontani dallo spogliatoio più sconfitto: se la fortuna è cieca, sembra che gli dèi del basket ci vedano piuttosto bene…

2 COMMENTS

  1. Pensare che io invertirei le scelte dando più possibilità alla settima e via a scendere a chi arriva ultimo,se si vuole la prima chiamata che si giochi a vincere non a perdere…………….

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