Ultimo treno per The Big Ticket?

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I’m in better spirits because I know what I’m here to do this year and I’m here to enjoy this. You never know when it’s going to be your last“.
Queste le parole di Kevin Garnett in una dichiarazione di fine settembre. “Non sai mai quando sarà l’ultima volta” e, per The Big Ticket, l’avventura in NBA non è ancora pronta a scrivere la sua parola “fine”.

Scelto alla quinta assoluta dai Minnesota Timberwolves nel Draft del 1995, l’ala grande da Farragut Career Academy ha scritto pagine indelebili nella mente di qualsiasi appassionato di basket a stelle e strisce. A partire dal fatto che è stato il primo giocatore dopo vent’anni ad essere draftato direttamente dalla high school e, per allora, il più giovane di sempre ad aver calcato un parquet NBA (19 anni e 11 mesi). Uomo franchigia e talento simbolo negli anni migliori della pallacanestro mai vista a Minneapolis, Garnett ha conquistato il titolo di Most Valuable Player nel 2004 con medie stellari (24.2 punti, 13.9 rimbalzi, 5 assist e 2.2 stoppate a partita), raccolto più rimbalzi di chiunque altro nella Lega per quattro anni consecutivi (2004/07), fatto parte, nel 2000, 2003, 2004, dell’All-NBA First Team e, consecutivamente dal 2000 al 2005, dell’NBA All-Defensive First Team. Trasferitosi a Boston per creare la prima e originale triade contemporanea dei Big Three, con Paul Pierce e Ray Allen, ha conquistato nel 2008 il suo primo ed unico anello in carriera, arrivando alle Finals da NBA Defensive Player of the Year. La serie vinta 4-2 dai Celtics sui Lakers, che si sono però vendicati nel 2010 con un 4-3 dolorosissimo per i biancoverdi, rappresenta l’apice della carriera per un giocatore che è stato 15 volte All-Star ed è tra i più grandi rappresentanti di sempre nel suo ruolo, oltre che uno dei migliori difensori di tutti i tempi. Quando si parla di Garnett, dunque, nulla può essere lasciato al caso.

La rottura del rapporto con i C’s è stata, per Pierce e Garnett, non soltanto una questione economica, ma anche dal forte impatto psicologico e affettivo, tanto che l’ala grande nativa di Greenville, South Carolina, ha aggiunto, nell’intervista citata in apertura, che l’anno passato non sapeva “where to fit in”, quale fosse esattamente il suo posto a Brooklyn, quasi la sua vera casa fosse lontana da lì e lui non si sentisse più a suo agio. E il rendimento ne ha pagato forti conseguenze, tanto che Garnett si è fermato a 352 punti (6.5 a partita) e 358 rimbalzi (6.6) complessivi in stagione, di gran lunga il peggior fatturato in carriera. La squadra più costosa di tutti i tempi ha fermato le sue velleità, dopo la vittoria in sette, sofferte partite contro i Raptors nel primo turno di playoff, al secondo round contro gli Heat, vincenti in cinque gare. The Big Ticket ha tenuto medie, anche in post-season, sotto la soglia della sufficienza (6.9 punti e 6.3 rimbalzi), non riuscendo ad essere decisivo nemmeno dal punto di vista difensivo. Unica gioia della stagione è stato il diventare il terzo giocatore di sempre, insieme alle leggende Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone, a segnare 25.000+ punti, raccogliendo 14.000+ rimbalzi e distribuendo 5.000+ assistenze.

Nonostante questo straordinario traguardo e una certa chiamata per la Hall of Fame, Garnett ha deciso di continuare e scendere in campo per la sua ventesima stagione nella Lega. I record che potrebbe far segnare sono un appetitoso contorno: per cominciare, sarà il terzo giocatore di sempre a giocare in due decadi di NBA. Non solo questo, però. E’ questione di motivazioni, che sono ancora vivide e forti per un giocatore con una tale grinta agonistica, e di aver trovato il suo posto nel sistema di gioco dei Nets, nonostante dovrà riadattarsi da ala grande, dopo essere stato il centro titolare l’anno passato, data l’assenza di Brook Lopez. L’ottimo Mirza Teletovic, sorpresa della scorsa stagione a Brooklyn, e la talentuosa e intrigante accoppiata Lopez-Mason Plumlee sotto canestro sono le insidie che potrebbero mettere pressione a The Revolution, ma il nuovo coach, Lionel Hollins, ha già messo le cose in chiaro: “Kevin Garnett will start at power forward“. D’altronde, un giocatore con le sue qualità e la sua voglia di primeggiare, maestro nel trash talking, non può avere paura della concorrenza.

A tutto questo, si aggiungono 12 milioni di ragioni, o meglio, di dollari, per iniziare una nuova stagione in casa Nets. Nuova perché, tuttora, non si sa se sarà l’ultima. Brooklyn ha lasciato partire Paul Pierce dopo una sola stagione, in direzione Washington, ed ha aggiunto a roster Jarrett Jack, elemento sempre utile nelle rotazioni, oltre che il croato Bojan Bogdanovic, tra i migliori giocatori europei al momento, che potrà avere minuti e importanti punti nelle mani fin dalla sua prima stagione nella Lega. I Nets, come detto, hanno cambiato allenatore, con Hollins, fermo dopo quattro fantastiche stagioni da head coach a Memphis e Kidd che si è, invece, accasato ai Bucks. Le aspettative sulla squadra rimangono molto alte, ma sicuramente si sono smorzate dalla scorsa stagione, quando Brooklyn si vedeva costretta a vincere ed è rimasta, al contrario, schiacciata dalla pressione, in un’annata assai deludente.

Forse si tratta semplicemente di avere tempo per trovare i giusti automatismi, di creare lo spirito migliore per lavorare con serenità e con la giusta voglia di vincere. Nel caso di Garnett, si trattava soltanto di sapere e capire “where to fit in”. Ora ha assicurato che è tornato “the old one”, come una volta, genio e sregolatezza. Se dice la verità, gli avversari arrivino preparati all’appuntamento.