Capitan Reyes si riprende il Real Madrid

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A volte un titolo Mondiale, tre ori Europei e altre due medaglie Mondiali possono non bastare per strappare una conferma in una squadra come il Real Madrid, nemmeno se ne sei il capitano. Se non ci credete, domandate a Felipe Reyes, che nonostante vanti un palmares impressionante, era scivolato in fondo alle rotazioni di Coach Pablo Laso. Complice una carta d’identità non più da teenager (trentaquattro anni) e la coabitazione con Bourousis, Mejri, Slaughter e Ayon nel ruolo di cinque (oltre anche a Nocioni e Maciulis come 4), Felipe rischiava di assistere dalla panchina all’ennesimo assalto Merengues al trono europeo.

La carriera del centro di Cordova, racconta di importanti trionfi conquistati senza lasciarne una traccia indelebile, impersonando un ruolo secondario più utile che bello nei trionfi della Roja e dei Blancos. Un lungo un po’ atipico, Reyes, operaio, fisicato ma non molto atletico e neanche troppo tecnico, ma molto intelligente, che in carriera è stato protagonista di epici duelli con tanti lunghi durante i numerosi “Clasico” giocati contro il Barcellona. 120 kg distribuiti su 205 centimetri gli sono valsi il soprannome del “Bufalo”, per l’energia che da sempre ha messo in campo.

In fase offensiva non ha mai fornito un contributo appariscente, viaggiando a poco meno di 10 punti e 6 rimbalzi in carriera in Eurolega, ma nell’equilibrio del Real Madrid Reyes si conferma un jolly capace di bilanciare gli “esplosivi” contropiede di Llull, Fernandez e Rodriguez, con un gioco interno solido e una difesa che è da sempre il suo marchio di fabbrica. Nello scacchiere di coach Laso, Reyes, rimane però una pedina fondamentale e lo ha dimostrato nella vittoria contro il Galatasaray nell’ultimo turno di Eurolega, in cui ha chiuso con 22 punti, 11 rimbalzi e 29 di valutazione che gli hanno fruttato il titolo di MVP dell’a giornata.

Il canto del cigno o una seconda giovinezza? Una prestazione maiuscola quella promossa dal centro, dettata dalla consapevolezza che, dopo aver gettato alle ortiche le ultime due edizioni della Final Four, le occasioni di mettere in bacheca l’ultimo trofeo che gli manca si assottigliano. Il Real Madrid, rivoluzionato dalla campagna acquisti che ha portato al Palacio Nocioni, Rivers, Campazzo e Mačiulis è un cantiere, ancora, in fase di costruzione, in cui i vecchi senatori si mescolano ai nuovi protagonisti. Il risultato è un roster dal potenziale spaventoso, profondo, ma ancora poco equilibrato. Il girone di qualificazione ha evidenziato qualche difficoltà eccessiva, manifestata nella doppia sconfitta contro Unics e Efes, oltre che alcune prestazioni negative (Novgorod) che hanno fatto infuriare il presidente Perez.

Dopo il suicidio contro l’Olympiacos di Londra e la beffa contro il Maccabi della scorsa stagione, in casa Real Madrid non sono tollerati altri errori, specialmente con una finale, quella del 2015, che si giocherà proprio a Madrid… ecco perché coach Laso ha deciso di affidarsi al proprio capitano.