Da Bobcats a Hornets la musica non cambia: che delusione a Charlotte!

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Dopo le miserrime 7 vittorie complessive nell’anno del lock-out, che ha parzialmente salvato le coronarie dei tifosi di Charlotte, le battute sui Lolca… sui Bobcats si sprecavano. Un’altra tragica stagione da appena 21 successi, poi il miracoloso anno passato, fatto di un record positivo (43-39), della qualificazione ai playoff con la settima piazza nella Eastern Conference e tante, nuove speranze. Il ritorno alla nomea di Hornets, la conferma di tutti i migliori e l’arrivo di Lance Stephenson da Indiana facevano pregustare una nuova annata di vittorie e sogni di gloria. Ed invece, il buzzing dei calabroni è diventato, piuttosto che un fastidioso brusio per ogni avversario, un soporifero grido d’aiuto per la franchigia della Carolina del Nord.

Il problema degli Hornets, già dichiarato alla vigilia della scorsa regular season, era gestire al meglio le azioni offensive e, soprattutto, far canestro. Le preoccupazioni si sono rivelate quanto mai appropriate. Soltanto un ottimo Mo Williams, il migliore dei suoi con 17 punti e 6.2 assist di media, è andato oltre i 100 punti ogni 100 possessi (101.3) ed un tale dato in termini di offensive rating non può che risultare spaventosamente basso. Williams è stato spesso l’unica nota positiva nelle notti deliranti degli Hornets e, anche se non ha riportato la squadra ai playoff, sarà un pezzo gustoso nella free agency estiva. Tornando alle cifre, Charlotte ha segnato appena 94.2 punti a partita, terzultimo peggior risultato nella Lega, e trovato assist vincenti soltanto in 20.2 casi di media, nuovamente 28° squadra nel complessivo NBA. Nonostante sia stato il primo realizzatore di squadra, Kemba Walker (17.3 a partita) si è fermato a 97.6 punti ogni 100 possessi, ma, soprattutto, ha interrotto un travolgente processo di crescita che ne aveva caratterizzato le passate stagioni. Vuoi per i problemi fisici che lo hanno tormentato, vuoi per le pessime prestazioni di squadra, Walker ha deluso per lunghi tratti di un’annata caratterizzata, ancora una volta, dall’incostanza di rendimento. Lui che più di ogni altro sa far pendere la bilancia in favore degli Hornets, come dimostrano i 23.2 punti di media nel fantastico mese di gennaio da 10 vittorie e 4 sconfitte e gli appena 13.3 nel tragico novembre da 3 successi e 14 KO.

In totale le vittorie sono state appena 33, a fronte di ben 49 sconfitte, che sono valse appena l’undicesimo posto in un Est che, con appena 38 successi, ha regalato la post-season ai Celtics. Sarebbe bastato fare leggermente meglio del fatturato di 14-27 in trasferta, ma soprattutto dei 27 KO, a fronte di 25 gioie, contro le altre compagini di una Eastern Conference francamente imbarazzante. Oltre a Walker, una grande delusione è stata quel Al Jefferson leader e gladiatore delle meraviglie viste a Charlotte l’anno passato. Nonostante siano state soltanto 17 le gare saltate in stagione, il centro di Monticello ha dovuto convivere con problemi fisici per gran parte della sua regular season, fattore che ne ha compromesso un fatturato da “appena” 16.6 punti e 8.4 rimbalzi, numeri decisamente crollati a confronto con i 21.8 punti e 10.8 rimbalzi che gli sono valsi il Third-Team All-NBA nella felice stagione d’esordio a Charlotte. 98.2 punti segnati ogni 100 possessi non sono la statistica che ci si aspetterebbe dalla prima opzione offensiva di una squadra, soprattutto se accompagnati da 101.9 subiti ogni 100 possessi, in particolare per un team che fa della difesa il suo punto forte, considerando i 97.4 punti subiti a partita, settimo risultato complessivamente nella Lega.

Chi è migliorato esponenzialmente durante il suo terzo anno in NBA, è un Michael Kidd-Gilchrist che, ormai, non può più definirsi sorpresa. Con lui sul parquet Charlotte ha un record quasi positivo (26-27), mentre sono state appena 6, su 27 match, le vittorie senza il prodotto di Kentucky. Dopo il pessimo 28% al tiro dell’anno passato, è una manna dal cielo il 43% tenuto quest’anno, ma sono soprattutto le prestazioni difensive ad aver lasciato senza parole ogni avversario, tanto che Rick Bonnell lo ha definito “the best defender this League has seen“. I numeri sono, ovviamente, dalla sua parte, come dimostrano i 96.3 punti subiti ogni 100 possessi con Kidd-Gilchrist in campo. Mediocre la stagione di un Gerald Henderson da appena 12.1 punti a partita, terrificante (in negativo) quella del rookie P.J. Hairston. Se il 19enne Noah Vonleh è stato spedito a maturare in D-League e avrà grandi chance di mostrare il suo indiscutibile valore nei prossimi anni, Hairston doveva iniziare a regalare qualcosa nel ruolo di guardia tiratrice già dall’anno passato. Il 32% al tiro e i 105.3 punti ogni 100 possessi subiti con lui sul parquet sono due statistiche eloquenti sul suo pessimo rendimento nella stagione d’esordio in NBA.

Alti e bassi, abissi ed orizzonti possibilmente sereni. Il peggio, però, ancora è da analizzare. Il 17.1% da oltre l’arco è stata, semplicemente, la peggior prestazione di sempre nella storia NBA da tre punti. Uniamoci appena 8.2 punti, 4.5 rimbalzi, 3.9 assist ed un osceno PIE da 7.7. Un net rating da -7.5 ogni 100 possessi completa l’opera. Born ready è un soprannome quanto mai inappropriato per la prima annata vissuta da Lance Stephenson negli Hornets. Un disastro sotto ogni aspetto, da qualunque prospettiva lo si voglia guardare. Dopo avergli concesso un contratto da 27 milioni di dollari per tre anni la scorsa estate, Charlotte ovviamente cercherà di mantenerlo a roster per non sprecare l’investimento per guadagnarci, in confronto, davvero pochissimo.

Non sono poche le cose andate storte a Charlotte quest’anno. Walker è l’unico giocatore che è certo di restare agli Hornets oltre la prossima stagione, in cui comunque dovrebbero essere tutti confermati e, con buona speranza dei tifosi, la squadra potrà essere rafforzata, soprattutto per risolvere i problemi offensivi, in estate. Se la società non si vuole veder costretta a demolire pezzo dopo pezzo l’intero roster, però, la prossima stagione dovrà tornare ad essere vincente. E che il rumore dei Calabroni possa essere assordante di gioia.