Dopo 20 anni il Real Madrid torna sul tetto d’Europa

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Ci sono delle storie che sono destinate ad avere un lieto fine. Storie la cui trama e i personaggi ruotano intorno a un finale già scritto. L’Eurolega 2014-2015 non poteva che concludersi con la vittoria del Real Madrid, una formazione spettacolare, bella e ora anche vincente. Le Final Four disputate in casa, una rosa di campioni che non aveva mai vinto questa competizione e la doppia dolorosa sconfitta nelle ultime edizioni, erano i presupposti decisivi per spingere gli spagnoli alla conquista della Novena, il nono titolo, con coach Laso perfetto nell’architettare il piano decisivo.

Le semifinali

Il Real Madrid padrone di casa, l’Olympiacos delle sorprese, il Fenerbahce della prima volta e il CSKA Mosca formato invincibile armata è il menù che si serve a Madrid per le Final Four 2015. L’antipasto tra CSKA Mosca e Olympiacos riecheggia gli incubi recenti dei moscoviti che come in passato, dominano per oltre trentasette minuti prima di crollare sotto le triple di Spanoulis. “Mr. 3 Eurolega” gioca di fatto solo tre minuti, ma sono sufficienti per portare i greci alla finalissima. Coach Itoudis prova in tutti i modi a contrastare la rimonta ellenica, fuori gli irriconoscibili Kirilenko e Teodosic, dentro Jacskon e Khryapa, ma la musica non cambia. Per l’armata rossa, le Final Four restano stregate. Un peccato dopo una stagione condotta a livelli altissimi che si chiude senza il lieto fine. Ma una cosa è certa, con una squadra del genere, e un allenatore così preparato e ambizioso il CSKA Mosca tornerà presto.

Nell’altra semifinale Obradovic cade nella trappola di Laso, scegliendo di giocarsela sotto canestro con Vesely e lasciando correre il Real Madrid. Il risultato è un secondo quarto in cui gli spagnolo segnano 35 punti. Gli innesti estivi Nocioni, Rivers e Ayon, portano il Real alla finalissima, la terza consecutiva, mentre il Fenerbahce si conferma per l’ennesima volta gruppo di grande talento ma forse non ancora pronto per un palcoscenico del genere. Zisis non regge il passo di Llull e Rodriguez, Predlzic appare avulso e Bjelica, nominato MVP della stagione europea, si dimostra consumato dal peso del titolo appena ricevuto e fin troppo nervoso. Obradovic ha ancora tanto da lavorare.

La finalissima

Non tanto per il ricordo recente di Londra, quando il Real scialacquò quindici punti di vantaggio, quanto per quel fascino di Davide contro Golia, del debole che lotta contro il più forte… Real Madrid contro Olympiacos resta la finalissima più affascinante, non foss’altro che è la stessa che nel 1995 a Saragozza regalò l’ultimo successo al Madrid. Chi si aspetta la fuga del Real Madrid rimane deluso, con Hunter e compagnia che tengono i padroni di casa a basse percentuali. Coach Laso incassa un Reyes con problemi di falli, un Fernadnez nervoso e un Rodriguez incapace di produrre gioco. Nocioni e Maciulis tengono a galla i Blancos, mentre i greci trovano produttività con Lojesky e Dunston, eroico nell’annullare Reyes e Ayon.

La prima frazione si chiude con un Real avanti di sette (35-28) la sensazione che il banco stia per saltare. Coach Laso esclude dal gioco Spanoulis, alternando sul playmaker greco una tripla marcatura Llull-Rivers-Carroll, e quando Nocioni e compagni trovano fluidità in attacco il Real scappa a più dieci. Ma il cuore dell’Olympiacos è difficile da sconfiggere e Printezis e Sloukas guidano un break di 12-0 che li porta aventi, 41-40. Mentre la coppa sta scivolando dalle mani dei galacticos, Carroll, l’ex di Teramo, segna tre triple impossibili, tagliando le gambe ai greci, ammirevoli nel rimontare il primo gap ma incapaci di andare oltre. Spanoulis non riesce a compiere il miracolo, e una serata da 10/23 ai tiri liberi condanna l’Olympiacos. Finisce 78-59, un punteggio che nasconde una partita combattuta sino a tre minuti alla sirena. È il trionfo del Real Madrid, il trionfo di una squadra che ha dovuto imparare a perdere prima di poter vincere.

Dopo i festeggiamenti prematuri a Londra, smorzati negli ultimi tre minuti, e il crollo di Milano contro il Maccabi, gli spagnoli hanno raggiunto una maturità e concentrazione indispensabili per vincere una Eurolega. Perso Mirotic in estate, volato a Chicago per accasarsi ai Bulls, coach Laso ha voluto giocatori esperti, ruvidi e fisici per equilibrare una squadra in cui la tecnica e lo show time già abbondava. Nocioni, premiato MVP delle finali, Ayon e Maciulis hanno dato quel valore aggiunto che mancava ai Blancos, mentre Rodroguez, Fernandez, Llull e Carroll si sono confermati stelle assolute. Il resto ha seguito il corso di una storia scritta alla vigilia. Le Final Four di Madrid fanno tramontare il sole sull’Eurolega 2014-2015, che si chiude con la consapevolezza che l’Europa della palla a spacchi è sempre più vicina all’America. Almeno dal punto di vista del format e dello spettacolo, con un weekend trascorso all’insegna dei colori, musica e delle emozioni. Il quid necessario c’è lo hanno messo le lacrime di Teodosic, le schiacciate di Vesely, il talento di Spanoulis e le triple di Carroll. Ci si rivede il prossimo anno. I feel devotion.