La pistola del silenzio

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Signora Dixon, si segni questo posto: Adamsville Recreation Center. Lì il suo bambino potrà stare lontano dai guai!
Sonya ascolta con attenzione e prende appunti: il piccolo Javaris ha bisogno di crescere in un luogo che non rifletta le tensioni del Sud. Atlanta gli offre le opportunità che solo un faro delle lotte per l’emancipazione e i diritti civili degli afroamericani riesce a garantire.
Tommy Slaughter si prenderà cura del pupo: basta che gli piaccia la pallacanestro…
Il baby ha otto anni, porta il cognome dei Crittenton e gradisce la palla a spicchi che proietta nel mondo i sogni di Naismith. Quando arriva al “rec center”, capisce che “PJ” Slaughter lo aiuterà a trasformare la rabbia in uno strumento di passione.

Shoot, J! Non colpire mai il ferro!
Javaris Crittenton cresce ogni giorno e il suo talento colpisce un personaggio decisivo, Wallace Prather Jr; il più grande mentore cestistico della Georgia lo chiama negli Atlanta Celtics e gli concede una passerella fra i “Big” delle high-schools statunitensi: indossa la stessa canotta di Josh Smith e Dwight Howard, ma non ha nessuna intenzione di limitarsi a una comparsa. Non si accorge che gli occhi di PJ riflettono la sfumatura di un male difficile da curare, ma assorbe le energie che lo sguardo del maestro gli trasmette: quando LeBron James pregusta di trasformare un match di esibizione nel trampolino di lancio per una delle più fragorose chase-down del basket liceale, la finta di Javaris manda Il Prescelto per aria e il reverse lay-up nel canestro.
L’energia del monello innerva l’atleta e guida lo studente verso una carriera di promesse: Javaris guida la classe nello studio e la squadra sul campo. Nell’estate del 2005, quando OJ Mayo porta ancora i segni della sua furia tecnica, il dolore lo travolge: il cuore di Wallace Prather è impazzito sotto la doccia e le pupille del mentore non parlano più. Il memorial del maestro rivela all’America la devozione di Crittenton: difende e si tuffa, si sprona e incita i compagni, ricorda l’esempio della guida e ne mette in pratica gli insegnamenti. Domina e impera.

Studia la Bibbia con avidità: sogna un futuro che delinea sul profilo della Georgia la forza della fede e la bellezza dello sport. Si sente talmente legato ad Atlanta che non si mette neppure in viaggio per il “recruiting trip”: sceglie Georgia Tech e s’immerge nella realtà del suo Stato. Ogni volta che scende in campo, l’ardore dei gesti e il fuoco dello sguardo aprono le prospettive più emozionanti.

Quanto sarebbe bello che vestisse la maglia degli Hawks…
La franchigia di Atlanta non condivide i sogni di PJ e della signora Dixon: sceglie Al Horford e Acie Law, ma non chiude le porte della Lega a Javaris Crittenton. Il diciannovesimo cappellino del Draft 2007 lo manda a Hollywood: Phil Jackson lo sceglie per costruirsi nel tempo una guardia capace di ricoprire e alternare i ruoli del back-court, ma Javaris non sopporta la panchina. Le strade di Los Angeles gli procurano il primo spavento: un gesto violento e una rapina, una paura è una consapevolezza.
“Qui serve un’arma”.

In campo il Black Mamba è inattaccabile e il ragazzo pretende uno spazio che non c’è: “Crittenton ha vent’anni e non conosce la pazienza”, sentenzia Coach Zen. Lo staff dei Lakers ragiona sul caso, ma Javaris freme: nell’estate del 2008 conosce Dolla, un rapper di Atlanta che lo introduce alla vita dei Mansfield Crips. Crittenton non è abituato a tirare tardi: la vita notturna e l’universo delle gang non si addicono al profilo di un giocatore concentrato sulla missione della propria vita, ma il pino dello Staples e il carisma di Dolla operano la metamorfosi.
L’atleta scivola e il gangster conquista spazi. Due personaggi ambigui, K-Swiss e Flaco, si avvicinano sempre più spesso; i Lakers lo spediscono a Memphis, ma la vita delle zone più pericolose della California si avvinghia alla sua carriera. Quando Dolla viene ucciso, Javaris resta colpito: un infortunio alla caviglia lo ferma e lo spinge con forza verso l’ombra.

Finisce a Washington. Rinasce, ma nello spogliatoio degli Wizards il gioco assume connotati particolari: Gilbert Arenas scommette con lui, ma tende a perdere. Accumula debiti e non vuole pagare; il 25 gennaio 2010 Javaris pretende e minaccia, ma Gilbert apre l’armadietto: “Scegli!
Un piccolo arsenale fa mostra di sé, ma Crittenton porta le mani alla tasca e impugna il ferro.
Il panico scende sull’edificio: lo staff sventa le conseguenze più gravi, ma l’NBA conosce la vicenda e sospende i protagonisti. Arenas è una vecchia star, Javaris un ragazzo senza riferimenti. Rimbalza fra Atlanta e Los Angeles e si perde fra i Mansfield Crips: questi “gangster con due genitori e un background” non lo giudicano e non gli fanno pesare la vicenda delle armi.

Il percorso verso il recupero di una dignità cestistica si snoda dalla Cina al try-out con i Bobcats, ma si interrompe bruscamente il 19 agosto 2011. Un malvivente che ha rapinato Crittenton si aggira per le strade di Atlanta: Javaris lo nota, estrae la pistola e spara, ma colpisce Jullian Jones, una giovane madre di quattro figli. L’arteria femorale va in frantumi e la ragazza muore sotto i ferri. Il 26 agosto la polizia di Atlanta accusa l’ormai ex-uomo simbolo statale del basket e avvia un percorso giudiziario che va dalle dichiarazioni d’innocenza alle prove schiaccianti.
Alla fine del 2013 Crittenton è accusato di omicidio, aggressione aggravata, detenzione abusiva di armi da fuoco, falsa testimonianza e concorso nelle attività della gang dei Mansfield Crips, ma peggiora la situazione facendosi trovare con grandi quantità di cocaina e marijuana.
Spaccia per uscire dal tunnel, ma non capisce che sprofonda in un buio ancora più pesto.
La sentenza del 29 aprile 2015 lo condanna a 23 anni di carcere e a 17 di libertà vigilata: il profeta cristiano dell’Atlanta del Duemila non riempie più di energia i parquet, ma si perde nel buio di una cella. Spera ancora di redimersi, ma sarà un uomo libero solo quando avrà compiuto 67 anni.

This is America, too…

2 COMMENTS

  1. Uno dei grandi talenti della categoria “poteva essere, ma non è stato”. Purtroppo per Crittenton vale la regola del “puoi uscire dal ghetto, ma il ghetto non esce da te”. Troppo talento ma anche troppo ego per l’ex compagno di Josh Smith e Dwight Howard, altri due che di personalità ne hanno un filo…

  2. E’ incredibile quanto l’america per certi versi sia ancora così arretrata “civilmente” parlando.
    Noi vediamo i grandi club, i grandi film, le grandi opere ecc ma c’è un sotto fondo di persone che vivono alla giornata come nel ‘800 o anche prima.
    Ghetti, povertà, delinquenza, armi da fuoco che sparano con una facilità inaudita.
    Moltissimi atleti neri se non fossero diventati famosi sarebbero dei gangster o già morti da tempo.
    Per non parlare di quelli che pur essendo famosi continuano a fare una vita al limite (Mike Tyson è forse il caso più eclatante)

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