Sassari-Reggio Emilia, la Finale Scudetto che non ti aspetti

4
1743
Andrea Cinciarini & Jerome Dyson - © 2015 Simone Lucarelli Photos
Andrea Cinciarini & Jerome Dyson – © 2015 Simone Lucarelli Photos

Quello che non ti aspetti accade. La pallacanestro sceglie il suo vestito più sgargiante e inaspettato e si mostra in tutta la sua bellezza regalandoci due semifinali di un livello altissimo, contorniate da una intensità palpabile. Ma per capire cosa voglia dire a livello di emozioni e sacrifici, le parole non arrivano a raccontare cosa sia raggiungere la finale del Campionato. Bisogna guardare la gioia dei tifosi, la voce rotta degli allenatori, e le lacrime dei capitani: siano esse di gioia incontenibile, che di delusione e rabbia. La Serie A 2014-15 ci regala una finale storica e inedita, con Reggio Emilia e Sassari a contendersi lo Scudetto!

Milano – Sassari 3-4

Che dire. Una serie meravigliosa, mai scontata, con sorprese e colpi di scena sempre dietro l’angolo, partite che vorremo non finissero mai. Intensità alle stelle, agonismo a livelli altissimi, ritmi elevatissimi, lotte su ogni pallone vacante, su ogni rimbalzo: in palio la finale scudetto tra le due squadre che si sono spartite gli ultimi quattro trofei in Italia. E alla fine la finalista è quella che meno ti aspetti, quella che non avresti pronosticato: la Dinamo Sassari. Per la prima volta i sardi raggiungono l’ultimo atto del massimo campionato italiano, lo fanno battendo Milano al Forum, per la seconda volta nella serie, conquistando la finale dopo aver vinto la Coppa Italia e la Supercoppa. Sette partite magnifiche, giocate ad un livello altissimo, dove alla fine i dettagli girano dalla parte dei sardi e condanno alla disfatta l’Olimpia. Nel momento più delicato, dopo aver sciupato due match point sul 3-1, i ragazzi di Sacchetti tirano fuori gli attributi e vincono una gara-7 assurda mandata all’overtime da una zingarata di Sanders e suggellata dai liberi di Brian Sacchetti con tuffo di Dyson.

Manca all’appello nel momento del bisogno Alessandro Gentile che, da capitano vero, guida i suoi per sei partite giocando un basket stratosferico e riuscendo a portare la contesa all’ultimo atto, nel quale però si smarrisce, e chiude in lacrime quasi scusandosi con il pubblico. Una serie che potremmo riassumere nel duello spaziale tra Lawal e Samuels, le giocate decisive di Logan, l’apporto dalla panchina sarda degli italiani Devecchi, Sacchetti e Formenti, contro lo scarso contributo di quella milanese, con Moss a corrente alternata e l’unico a metterci la “garra” che è Cerella. Hackett assente per Banchi (fuori in gara 5 e gara 6 per squalifica), il quale alla fine paga una squadra con una mentalità non “dura” da gruppo costruito per vincere. E se Gentile e Samuels riescono a tenere in piedi la baracca, alla fine paga la maggior voglia e aggressività dei sardi, arrivati in punta di piedi a questi playoff ma con un obiettivo ben chiaro: vincere il primo Scudetto e fare Triplete. La finale inizierà però in salita per la Dinamo che in gara 1 dovrà fare a meno del suo pivot Shane Lawal per squalifica dopo aver esagerato nei festeggiamenti al termine di gara 7.

Venezia – Reggio Emilia 3-4

Altra serie meravigliosa, incredibile ed appassionante. Anche qui, quando sembrava che l’inerzia fosse tutta sbilanciata da una parte (3-2 per Venezia), la serie si ribalta e alla fine a spuntarla è Reggio Emilia, che partiva anche essa da sfavorita ed ha saputo ribaltare il fattore campo. Nonostante gli infortuni, il caldo asfissiante e la stanchezza fisica, le due formazioni dimostrano cosa voglia dire giocare una semifinale playoff: intensità pazzesca, qualità di pallacanestro elevata e capacità di dare più del 100%. I ragazzi di Menetti hanno saputo mettere in campo qualcosa di straordinario riuscendo a giocarsela alla pari e lasciandosi alle spalle il peso dei tanti infortuni (stagione finita per Drake Diener e Mussini, tutt’altro che al meglio Lavrinovic): così i biancorossi compiono un’impresa epica, come voleva che fosse il suo coach.

Per Venezia un’uscita a testa altissima, applaudita da tutto il pubblico: la  squadra di Recalcati paga alla fine l’età media dei suoi alfieri che hanno accusato le dodici partite di playoff giocate in tre settimane, dando tutto a livello psico-fisico. Mentre Reggio ha giocato con il cuore in mano e ha sfruttato la sfrontatezza dei giovani Polonara e Della Valle, e cavalcato alla grande la guida del trio italo-lituano Kaukenas, Lavrinovic e Cinciarini, altro capitano condottiero dei suoi in lacrime dopo la sirena, ma questa volta lacrime di gioia. Una serie emozionante vissuta sui duelli tra Lavrinovic e Peric, Goss e Cinciarini, poi ancora Ress e Stone per i granata e gli arrembanti Della Valle, Polonara e Silins per gli emiliani. I lagunari possono recriminarsi poco se non forse di non aver messo sul parquet quella grinta e voglia di chi ha più fame, che quando le gambe non rispondono, fa la differenza.

Ora Reggio deve saper smaltire in fretta la sbornia e giocarsela a viso aperto, e anche un po’ sfrontato, per continuare a coltivare un sogno. Domenica sera inizia la serie finale per lo Scudetto: la Grissin Bon ha il vantaggio del fattore campo, gara 1 al PalaBigi.

4 COMMENTS

  1. Felice di questa finale! Due squadre che hanno ribaltato il pronostico con due ottimi allenatori. Vedo favorita Sassari, ma se Lavrinovic recupera sarà una tatticamente sarà una bella rogna. Comunque vada complimenti ad entrambe.

  2. Nel caso di Reggio mi autorizzo a parlare di cuore. Impresa vera, perché fisicamente con Venezia ci corre un abisso.
    Dal punto di vista tattico, ottima la scelta (obbligata) di rinunciare a Cervi per giocare piccolo con Polonara e Silins. Grande contributo di Pini anche. Poi fortuna ha voluto dovesse rinunciare a Diener. Mi dispiace perché è (era?) Un grande campione. Dannoso in attacco e nullo dietro. Amedeo può far qualche cagata, ma difende corre e salta.
    Il resto lo fanno un Cincia sempre più idolo (grande il duello con Goss!) e un resuscitato Kaukenas (lo amo da sempre). Lavrinovic non lo nomino perché è fuori classifica…

  3. Ragazzi miei Della Valle ha due cojones grossi come una casa. Quelle triple in transizioni che stanno diventando il suo marchio di fabbrica ti fanno saltare sul divano.

Comments are closed.