L’addio di The Matrix e di una NBA sempre più nostalgica

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Shawn Marion lascia la NBA e lo fa sbattendo la porta, arrabbiato perché forse la sua carriera avrebbe meritato almeno qualche minuto di garbage time, concesso perfino a Kendrick Perkins, durante le Finals tra i suoi Cavaliers e gli Warriors. Lo fa a 36 anni, quando probabilmente non aveva più nulla da dare a questo mondo che ha contribuito a suo modo a rivoluzionare.

Shawn nacque il 7 maggio 1978 a Waukegan, Illinois. Dopo gli anni liceali passati alla Clarksville High Scholl in Tennessee, comincia a mostrare il suo enorme talento alla Vincennes University, dove resterà per due anni e sarà nominato miglior giocatore del campionato NJCAA, per poi fare il salto in NCAA alla University of Nevada – Las Vegas (UNLV).

Nel 1999 si dichiara eleggibile al draft NBA, lo stesso anno dei vari Lamar Odom, Metta World Peace, Andrej Kirilenko, Jason Terry e Baron Davis. Viene scelto alla 9 dai Phoenix Suns di Danny Ainge che vedevano nel giovane Marion una potenziale macchina da doppia-doppia per punti e rimbalzi. Lo spogliatoio non è dei migliori, lo stesso coach pagherà con l’esonero, ciò nonostante Shawn gioca 51 partite nel suo anno da rookie con 24 minuti, 10.2 punti e 6.5 rimbalzi a partita di media; nel suo anno da sophomore farà anche di meglio diventando insostituibile, gioca 79 gare partendo sempre in quintetto, con una media di 17 punti e quasi 11 rimbalzi a partita, tanto che l’eminente commentatore NBA Kenny Smith gli affibbia il soprannome “The Matrix” per la sua capacità di salto. I Suns raggiungono i playoff dove sono precocemente eliminati al primo turno dai Sacramento Kings, ma il giovane Marion saprà dire la sua anche in post-season, mettendo a referto 14 punti e 8 rimbalzi di media.

Ormai tra i migliori double-double player della Lega, nella stagione 2002/2003 viene convocato per la prima volta nell’All Star Game di Atlanta, l’ultimo in carriera di Michael Jordan, nel quale figurano anche Kobe, Shaq, Duncan, Garnett e Allen Iverson. The Matrix chiude la regular season con 21 punti e 9.5 rimbalzi di media, ma i playoff sono ancora amari per i Suns che questa volta devono arrendersi ai San Antonio Spurs. La carriera di Shawn Marion è comunque un crescendo continuo, nel 2004 la nazionale degli Stati Uniti lo convoca per le Olimpiadi di Atene insieme ai rookie Melo, Lebron e Wade. Il team USA però non avrà molta fortuna, posizionandosi solo sul gradino più basso del podio dietro a Italia e Argentina, e in patria quella selezione sarà definita con lo sgradevole appellativo di “Nightmare Team”.

Nel 2005 viene convocato per la seconda volta all’All Star Game e chiudendo una stagione da 17 punti e 11 rimbalzi di media viene pure nominato nell’All NBA Third Team. L’apice della carriera di Shawn Marion in maglia Suns, probabilmente, si raggiunge nella stagione 2005/2006; The Matrix è dominante, è il miglior giocatore sommando le statistiche complessive: 19 punti, 2 assist, 11 rimbalzi, 2 palle rubate e 1.5 stoppate a partita. E’ un giocatore versatile, in grado di ricoprire perfettamente il ruolo di esterno ma anche di shooting guard all’occorrenza, nella Lega in quel momento non c’era nessuno come lui. I Phoenix Suns di Mike D’Antoni e dei “Big Three”, Marion, Nash e Stoudemire, passeranno alla storia come una delle più grandi squadre a non aver mai vinto l’anello, raggiungendo solo la Finale di Conference persa contro i nemici storici dei Dallas Mavericks.

I Suns cominciano la loro parabola discendente, quel connubio perfetto di classe e potenza creato da D’Antoni sembra essersi rotto; nell’estate del 2007 Marion ha solo un anno di contratto e comincia a battere cassa per un lussuoso rinnovo, ma la dirigenza gli risponde picche. Forse per The Matrix è giunto il momento di fare le valigie, ma poiché è un professionista continua a giocare egregiamente fino al 6 febbraio 2008, giorno in cui viene spedito, insieme al suo compagno Markus Banks, ai Miami Heat in cambio di Shaquille O’Neal. A Palm Beach, però, non ci resterà a lungo e infatti dopo circa un anno rifà le valigie destinazione Toronto Raptors. Anche la sua permanenza in Canada sarà piuttosto breve; nel 2009, in seguito a una mega-trade che coinvolgeva Raptors, Grizzlies, Magic e Mavericks, The Matrix approda a Dallas a 31 anni, firmando un lauto quinquennale da 40 milioni di dollari.

Lo sappiamo, a volte il destino sa essere beffardo. La franchigia texana che nel 2006 aveva cancellato le possibilità di portare il Larry O’Brien Trophy a Phoenix, è la stessa che nel 2011 permette a The Matrix di vincere l’agognato anello. I Dallas Mavericks del 2010/2011, nonostante annoverassero nel proprio roster gente del calibro di Nowitzki, Tyson Chandler, Jason Kidd, Stojakovic e Jason Terry, non sono considerati una seria pretendente per la vittoria finale. Troppo vecchi per competere con i Thunder di Durant e Westbrook, sconfitti in finale di Conference dopo una gara 5 da 26 punti per Marion, ma soprattutto con i nuovi Heat dei Big Three, battuti invece per 4-2. Dallas vince il suo primo e finora unico titolo NBA, una squadra composta da grandi giocatori, dove tutti erano indispensabili ma nessuno insostituibile. Marion quella stagione gioca prevalentemente da sixth man, con una media di 11 punti e 6 rimbalzi a partita; poi resterà in Texas fino al 2014 e nello stesso anno supererà quota 17000 punti in carriera, raggiungendo il record di Olajuwon, Malone e Garnett per aver raggiunto 17000 punti, 9000 rimbalzi, 1500 palle rubate e 1000 stoppate in carriera. La sua ultima partita con la canotta dei cavalli indomabili si disputa a San Antonio, gara 7 del primo turno playoff; dopo 6 precedenti gare tiratissime, la franchigia dell’Alamo la spunta per 119-96 e di lì a poco vincerà il suo 5 titolo NBA.

Diventato free-agent, firma un contratto annuale con i Cleveland Cavaliers all’età di 36 anni per tentare un ultimo assalto al Titolo NBA, ma qualche mese dopo annuncia il suo ritiro a fine stagione, che diventa ufficiale dopo gara 6 delle Finals perse senza aver giocato nemmeno qualche secondo. Chiude la sua carriera con una media complessiva di 15 punti e 9 rimbalzi a partita, ma con tanti ricordi lasciati ai tifosi, visto che Marion è stato un precursore del gioco attuale, un giocatore-prototipo del 2010 ma già negli anni 2000.

Shawn, ti prego, prima o poi spiegaci come facevi a tirare così bene da 3 con quel rilascio orrendo!