A metà tra tradizione ed innovazione: quanto sono cambiati i Bulls in estate?

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I Bulls sono stati ad un jumper del Prescelto dall’andarsi a giocare un supplementare in casa, psicologicamente tutto dalla loro parte, per mettere la pietra miliare del 3-1 in una serie che, alla fine, è sfuggita loro molto velocemente, insieme a quella gara 4. Dall’anno scorso nella Città del Vento non è cambiato poi tanto, in termini di roster, ma Tim Thibodeau non terrà più nelle mani il timone di una squadra cui ha dato tantissimo, sostituito da Fred Hoiberg, Iowa State negli ultimi cinque anni. Quel maledetto jumper rischia, in fondo, di aver cambiato tutto.

La notizia migliore dell’offseason a Chicago, tanto per il team quanto per il giocatore, è stato l’esoso rinnovo donato a Jimmy Butler per 95 milioni di dollari, utili ad assicurarselo per le prossime cinque stagioni. Butler merita senz’altro ogni centesimo, teoricamente, in particolare per merito del titolo di Most Improved Player of the Year vinto l’anno passato. Non soltanto ha messo insieme il proprio massimo in carriera in praticamente ogni statistica utile, ma ha anche guidato la squadra da leader, permettendo a Derrick Rose di riprendere confidenza col parquet e portando spesso sulle spalle un team che, insieme a Pau Gasol, ha trovato in lui un faro partita dopo partita. Nei playoff, come lo spagnolo, ha tenuto un rendimento altissimo ma, se è stato sufficiente per superare i Bucks, contro i Cavs il suo apporto non è bastato.
E anche in questo inizio di stagione il leader dei Bulls è lui, senza se e senza ma: 20 punti di media, 5 rimbalzi, 2 recuperi ed il 45% da tre. Cifre veramente notevoli che hanno convinto coach Hoiberg a puntare su di lui, usando Rose e Gasol come secondo e terzo violino.

Proprio Gasol a 35 anni ha dominato l’Europeo con la Spagna vincendo il premio di miglior giocatore della manifestazione, ma il suo inizio di stagione non è stato altrettanto scintillante. Il primo anno trascorso nella Città del Vento ha fatto rinascere un giocatore in forte declino negli ultimi momenti trascorsi ai Lakers, riportandolo alla doppia-doppia di media, cifre che sta mantenendo anche adesso (13.4+10.1) ma senza incidere quanto coach Hoiberg vorrebbe. Vero che la stagione è lunga e un giocatore di questo livello a questa età sa come regolare lo sforzo per cercare di farsi trovare pronto quando il clima sarà più caldo.

L’estate avrà senz’altro portato consiglio anche a Derrick Rose, allenatosi quanto mai duramente nel workout estivo per cercare di tornare ad avvicinarsi, almeno, allo stratosferico livello del suo anno da MVP della Lega. Nonostante abbia saltato il minicamp preolimpico, il nativo della Città del Vento ha allenato il suo corpo per non perdere, nonostante sia difficile ritrovare l’esplosività di un tempo, l’incisività offensiva che lo caratterizza. Le prime 12 partite di regular però dicono un’altra cosa: 13.6 punti, 5.9 assist, 2.6 perse con il 36.3% da due e il 21.4 da tre. Qualche squillo importante ma anche tante partite sottotono. Numeri veramente al di sotto delle aspettative e che hanno per forza di cose relegato il prodotto della Windy City a secondo violino della squadra.

Come Rose anche altri due pretoriani di coach Thibodeau come Joakim Noah e Taj Gibson hanno visto scendere, e non di poco, le loro cifre, il loro impatto e la loro importanza all’interno del roster. Nessuno dei due lunghi apre il campo come piacerebbe a coach Hoiberg, che ha un’idea di gioco diametralmente opposta a quella del suo predecessore. Se Noah, almeno difensivamente, per i minuti in cui gioca si rivela ancora importante, Gibson si è visto superare da due giovani in rampa di lancio, che probabilmente con il proseguire della stagione continueranno a guadagnare minuti viste le loro caratteristiche tecnico-tattiche: Nikola Mirotic dopo una stagione da rookie in cui aveva iniziato male per poi invece prendersi tantissime responsabilità, si sta confermando in questa prima parte di stagione, partendo spesso in quintetto, giocando 25.8 minuti e segnando 12.9 punti (4° miglior marcatore della squadra). Con lui un altro atipico come Doug McDermott che se nell’idea di basket di Thibodeau non poteva stare in campo per dei limiti difensivi importanti, in quella di Hoiberg si potrebbe rivelare decisivo nella metà campo offensiva. Il suo soprannome, McBuckets, spiega chiaramente cosa sa fare sul parquet il prodotto di Creighton, e gli 8.8 punti di media in 20 minuti di impiego sono li a farlo vedere ancora di più. Tiratore e realizzatore incredibile, per coach Hoiberg potrebbe essere davvero un’arma tattica importante, soprattutto se dovesse riuscire a diventare più solido in difesa.

Quando si parla delle prime forze della Eastern Conference e di quali potranno essere le future protagoniste ai playoff, i Bulls sono della contesa, il record attuale è 9-5, non entusiasmante ma positivo per una squadra che sta completamente cambiando pelle passando da un allenatore con delle caratteristiche ad un altro con principi totalmente differenti.