Da San Giovanni in Persiceto al titolo NBA: Belinelli con la sua Pokerface

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Ho sempre giocato a pallacanestro per divertirmi e mettermi alla prova. Ci sono voluti impegno, pazienza, coraggio e alla fine ho vinto“. Quando nell’estate 2014 con la maglia dei San Antonio Spurs, Marco Belinelli ha battuto nelle Finals NBA i Miami Heat vincendo il Titolo, un’intera Nazione si è accorta di lui, come giocatore e come persona e molti, che per anni non hanno fatto altro che criticarlo pur non conoscendo le vere situazioni che si vivono nella Lega americana, si sono dovuti ricredere.
Da buoni italiani ovviamente tutti sono saliti sul carro del vincitore, e altrettanto ovviamente qualche giorno dopo sono tornati a criticare scelte e prestazioni del Beli, che però non si è mai scomposto, non ha mai badato troppo al pensiero degli altri, è sempre andato dritto per la sua strada sin dagli inizi nel campetto della sua San Giovanni in Persiceto, fino a quando le cose andavano meno bene ai San Antonio Spurs. Un atteggiamento che l’ha portato a vincere un Anello NBA, primo e unico (finora) italiano a esserci riuscito, sempre con la sua inconfondibile Pokerface.

Nella sua autobiografia Pokerface. Da San Giovanni in Persiceto al titolo NBA scritta insieme ad Alessandro Mamoli, voce di Sky Sport ed edito da Baldini&Castoldi, Marco Belinelli si racconta ripercorrendo tutta la strada fatta per centrare l’obiettivo sognato da sempre, da quando giocava nel canestro in cortile costruito dal nonno insieme ai fratelli, vincere il Titolo NBA! Una strada tutt’altro che semplice quella del Beli nonostante si possa pensare il contrario: è un privilegiato per potere vivere giocando a basket, lo ammette lui stesso e ringrazia sempre con grande umiltà per questa possibilità, ma per arrivare dove è arrivato lui c’è voluto tanto sacrificio, rinunciando a tantissime cose (difficile soprattutto quando si è giovani e si vedono gli amici uscire a divertirsi) e anche quando ha raggiunto il successo in Italia e in Eurolega con la Fortitudo Bologna, il salto in NBA è stato difficilissimo con i primi anni a fare tanta panchina, spesso non capendo il motivo delle scelte dei coach (Golden State Warriors con Nelson e Toronto Raptors con Triano).

Tutte le emozioni le ha sempre tenute dentro, sempre con la sua pokerface, stando in panchina ad incitare i compagni e allenandosi duro ogni giorno della settimana per farsi trovare pronto. L’NBA, si sa, è una Lega cinica, e se quando arriva il tuo momento non sei pronto al 100%, anche se sono passati mesi dall’ultima partita significativa che hai giocato, la strada spesso si interrompe. Marco invece è sempre stato concentrato, costruendosi una reputazione di un certo tipo che agli occhi dei New Orleans Hornets prima, e di Chicago e San Antonio poi non è scappata.

La stagione 2014 è stata magica per lui, con la vittoria della gara del tiro da tre punti all’All Star Weekend di New Orleans (anche qui, primo italiano a riuscirci) a febbraio e la vittoria del Titolo NBA a giugno, l’unico momento in cui ha tolto la sua faccia da poker e si è lasciato andare alle emozioni esplodendo in un pianto liberatorio, dicendo al microfono di Alessandro Mamoli: “Nessuno credeva in me ma alla fine ho vinto“.

Questo libro racconta davvero chi è Marco Belinelli, un ragazzo davvero legato alle sue origini, alla sua famiglia, ai genitori, ai fratelli Enrico e Umberto, ai suoi amici di sempre cui viene dedicato un capitolo intitolato “Dream Team”. Un ragazzo da prendere come esempio per i tanti ragazzini che iniziano a giocare a basket e hanno un sogno, perché quel sogno, con la giusta dose di fortuna ma soprattutto di voglia, è possibile realizzarlo.