Il protagonista della settimana NBA: il ritorno di Paul George

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Un infortunio come quello subito da Paul George, ormai un anno e mezzo fa, fa mettere le mani nei capelli, abbassare gli occhi e pregare che tutto sia meno grave di quanto sembri. Non lo è mai, però. Frattura di tibia e perone nella gamba destra, Mondiale e regular season già finiti prima ancora di cominciare, carriera a rischio proprio nel momento in cui era esplosa in tutta la sua bellezza.

Paul George,   Indiana Pacers - Immagini fornite da Panini SPA
Paul George, Indiana Pacers – Immagini fornite da Panini SPA
Le sei partite giocate al rientro l’anno passato ci avevano mostrato un altro giocatore, la sua brutta copia, così diverso da quello che avevamo ormai imparato a conoscere. “I’ll be ok and be back better than ever!!!” aveva promesso poco dopo quel maledetto infortunio. Paul George quest’anno ha pensato fosse ora di tornare a mostrare la sua grandezza sui parquet NBA. Ogni promessa è un debito.

Voglio essere l’MVP di quest’anno“. Il nativo di Palmdale si è presentato con queste parole in conferenza stampa alla vigilia dell’inizio della regular season. Le incognite, però, non soltanto riguardo le sue condizioni fisiche, non mancavano. I Pacers sono una squadra completamente diversa da quella che ha raggiunto la finale di Conference contro gli Heat due anni fa. Nel frattempo Lance Stephenson, David West e Roy Hibbert hanno salutato la contea, Monta Ellis e C.J. Miles sono arrivati in città. Il che va ad intaccare direttamente la posizione di George sul parquet, in quanto deve dividersi tra il ruolo di ala piccola e quello di ala grande, a seconda della necessità. Indiana schiera spesso, infatti, il quintetto piccolo con tre guardie – George Hill, Ellis e Miles – ed il prodotto di Fresno State scala al posto 4. George raccoglie quindi più rimbalzi, al momento un career-high di 8.2 a partita, spende più falli, ma non ha rivoluzionato il proprio gioco. E con il quintetto piccolo le cose stanno funzionando a dovere: nei 149 minuti con Ian Mahinmi centro, il net rating è di +4, frutto di 103.1 punti segnati ogni 100 possessi e 99.1 subiti, e diventa un meraviglioso +32.7 nei 28 minuti con Jordan Hill al posto di Mahinmi, con gli avversari tenuti a 78 punti segnati ogni 100 possessi.

La differenza maggiore è nel range di tiri presi, molti meno spot-up jumper o tiri fuori dal blocco, molti più pick-and-roll o isolamenti, in grado di facilitare gli attacchi sfruttando maggiormente i matchup. Pur immedesimandosi nel nuovo ruolo, George sta giocando un basket che gli sia famigliare e che gli permetta di rendere al meglio anche rispetto alle esigenze di squadra. Frank Vogel non aveva dubbi a riguardo: “E’ il miglior two-way player in NBA, è difficile da spiegare a parole. E’ capace di segnare 40 punti essendo comunque il miglior difensore sul parquet. Siamo una squadra diversa con lui in campo“. Il californiano quest’anno, come vedremo tra poco, sta giocando il miglior basket della sua pur giovane carriera e, paradossalmente, sostiene che l’infortunio l’ha aiutato a fare un ulteriore passo avanti: “Penso che un anno lontano dai parquet ti aiuti a crescere. Hai l’opportunità di osservare, di essere uno studente del gioco. E’ quella spinta che mi serviva, ora so di essere più forte“. Consapevolezza e maturità di un grande campione.

Paul George,   Indiana Pacers - Immagini fornite da Panini SPA
Paul George, Indiana Pacers – Immagini fornite da Panini SPA
Parlando di numeri, George sta mettendo insieme una stagione a dir poco straordinaria. Segna 27.4 punti a partita, diventati 33 nella striscia di sei vittorie consecutive che hanno messo in piedi i Pacers ultimamente, con il 45% dal campo, ma soprattutto con un incredibile 46% da oltre l’arco su oltre 7 conclusioni di media. Detto dei rimbalzi, il classe ’90 non si accontenta ed aggiunge alla causa anche 4.4 assist e 1.6 palle rubate, per un fantastico PIE totale di 19.9. E a dimostrazione della propria bidimensionalità sul parquet, Indiana con lui in campo mette insieme 104.6 punti ogni 100 possessi e ne subisce appena 93.7, per un net rating di +10.9, tra i migliori in NBA al momento. Con lui la squadra è tornata ad avere quella tenacia nella metà campo difensiva che ne aveva fatto le fortune un paio d’anni fa, ergendosi a quarta miglior difesa finora, ma soprattutto è tornata a vincere con regolarità. Al momento le 12 vittorie ottenute, 9 nelle ultime 10 partite giocate, con appena 5 sconfitte al seguito, valgono il secondo posto assoluto in Eastern Conference, un successo soltanto sotto i Cavaliers in vetta.

Tra le sorprese che stanno facendo dell’Est la Conference dominante, con dieci squadre oltre il 50% di vittorie al contrario delle sole sei ad Ovest, i Pacers sono senz’altro la compagine al momento più intrigante. E’ soltanto inizio stagione, ma Paul George non vuole perdere tempo. Come si addice a chi aspira ad essere MVP.

*Immagini fornite da Panini SPA