Road to playoff: OKC da titolo o semplice outsider?

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2035

Qualificazione ai playoff conquistata con largo anticipo, 70% di vittorie stagionali, terzo posto difficilmente sottraibile, la migliore coppia di attaccanti della Lega: la stagione regolare degli Oklahoma City Thunder volge più che positivamente al termine; tuttavia, quel senso di inferiorità che ristagna nello spogliatoio dalle Finals 2012 è più forte che mai: LBJ a parte, Steph Curry e gli Speroni Texani sono incubi che non possono far dormire sonni tranquilli ai fans di Land Run City.

 

DYNAMIC DUO

Il punto di forza dei Thunder è sempre stato l’attacco.
Già nell’era di Scott Brooks la media realizzativa stagionale si è sempre assestata sui 105 punti a partita, risultato che ha da sempre contraddistinto la franchigia dell’Oklahoma come una delle più pericolose corazzate della Western Conference. Quest’anno il nuovo coach Billy Donovan, conosciuto già ai tempi del College Basketball per il suo approccio più orientato alla metà campo offensiva, non ha invertito la tendenza e, anzi, la media di punti segnati a partita si è innalzata vorticosamente fino ai 110 di media, che fanno dei Thunder il secondo miglior attacco della Lega alle spalle solo dei 115 degli Warriors. Larghissima parte del merito, ovviamente, va concessa alle due star del roster: Russell Westbrook e Kevin Durant, autori rispettivamente di 24 e 28 punti di media a partita. Il playmaker prodotto di UCLA, dopo aver rincorso strenuamente il premio di MVP la scorsa stagione, si è ulteriormente migliorato con l’avvento di Donovan sul pino di Oklahoma: già 15 triple-doppie all’attivo (superato il record di 12 della scorsa stagione), è secondo per assist, quarto per palle rubate e nono per punti realizzati nell’intera Lega, avendo messo a referto delle medie da capogiro (24 punti, 10.5 assist, 7.5 rimbalzi, 2.05 rubate).

Non è da meno KD, che con i suoi 28 punti a partita risulta essere il terzo miglior realizzatore della Lega alle spalle di Steph Curry e James Harden, i quali però catalizzano maggiormente il gioco nelle proprie mani e di conseguenza tirano più volte rispetto all’asso di OKC.

 

UNA SQUADRA IMPERFETTA

Nonostante un record invidiabile, un attacco portentoso e un roster nutrito e competitivo, Oklahoma City non sembra essere, nemmeno quest’anno, all’altezza delle due big della Western Conference: le sfide stagionali che hanno opposto KD e compagni a San Antonio e Golden State hanno messo in evidenza tutti i limiti di questa squadra.
Di farina del proprio sacco, Billy Donovan ne ha tirata fuori davvero poca in questa stagione: i Thunder attuali, più che un suo prodotto esclusivo, sembrano essere una replica maggiormente spettacolare del team che dal 2012 ad oggi non è mai riuscita a vincere l’anello. L’impressione è che il sistema degli isolamenti sia l’unico in grado di far convivere adeguatamente il Dynamic Duo, asse portante di una squadra vincente a metà. Ecco perchè, per quanto difficile possa essere, quando le difese avversarie riescono a contenere le folate di KD e Westbrook, è difficile per i Thunder trovare una via alternativa al canestro.

Un quintetto con Ibaka, Roberson e Adams è di sicuro equilibrato ma totalmente imperniato sugli isolamenti delle due star; inserendo Waiters e Kanter si aumenta di gran lunga la pericolosità e l’imprevedibilità nella metà campo avversaria, ma si collassa troppo facilmente nella propria.
Alternative? Non ce ne sono, visto che il supporting cast costruito dalla dirigenza è composto esclusivamente da specialisti che, al di fuori dal loro raggio di competenza, non riescono a improvvisare alcunché.
I limiti del roster, però, non sono le uniche défaillance di questa squadra che, nella transizione da Brooks a Donovan, fatica ancora a trovare una sua identità tattica e strutturale. Al di fuori dei Big 3 (Durant, Westbrook, Ibaka), il coach attuale vaga nella più assoluta incertezza, modificando spasmodicamente il quintetto e gli schemi. Quanto detto è evidenziato dalle medie di impiego dei vari giocatori, che faticano ad oltrepassare i 20 minuti d’utilizzo. Neanche a dirlo, ovviamente, i ruoli più deficitari sono quello di shooting guard, dove si alternano Waiters e Roberson, e quello di centro, diviso fra la rocciosità di Steven Adams e le mani vellutate di Enes Kanter: giocatori diversi che, se da un lato permettono ad OKC di mutare aspetto a seconda dell’andamento del match, dall’altro complicano la costituzione di un amalgama necessario per vincere.

Volendo cercare un esempio di quanto affermato, viene subito da pensare alle 24 sostituzioni (ventiquattro!) che Donovan ha effettuato durante la partita persa contro i non irresistibili Minnesota Timberwolves nella notte fra l’11 e il 12 marzo scorso.

 

IL FUTURO

Più ombre che luci.
Kevin Durant diventerà free agent al termine della stagione, e se un imprevedibile titolo lo convincerebbe a sposare la causa Oklahoma anche nel futuro, non è detto che qualche altro risultato lo porterà a fare la stessa scelta. Dall’inizio della regular season si vociferano eventuali destinazioni di KD, il quale ha però confermato la volontà di concentrarsi a pieno nella stagione ancora in corso. Tuttavia diversi “avvoltoi” girano già da tempo nei cieli di Oklahoma City: i Lakers non hanno mai fatto mistero di volergli affidare il post-Bryant, Washington lo vorrebbe riportare a casa per metterlo vicino a Wall, anche Boston si è iscritta alla corsa spingendo sul “Celtics Pride”.
Ma i due nomi che preoccupano di più sia OKC che il resto della NBA sono quelli di San Antonio o Golden State. Gli Spurs in caso di ritiro di Duncan e Ginobili lo potrebbero volere per formare i nuovi Big-Three con Parker e Aldridge. I Warriors diventerebbero una corazzata incredibile visto che lo spazio salariale per averlo insieme a Curry, Thompson e Green è disponibile.

Non è del tutto escludibile neanche l’ipotesi di un prolungamento annuale in modo da aspettare anche la scadenza dei contratti di Westbrook e Ibaka datata a fine 2017, in modo da tentare un’ultima disperata volta la corsa al Larry O’Brien Trophy e poi decidere cosa fare “da grande”. Ma per convincerlo e non arrivare in estate già delusi, i Thunder dovranno cambiare marcia nella propria metà campo, perché si sa che se è l’attacco a vendere i biglietti, è la difesa che fa vincere i campionati.

8 COMMENTS

  1. No, Steph, thompson, green e KD insieme no!!!
    Allora giochiamo small ball e come SG mi ci metto io che sono una crosta ma tanto si vince benissimo lo stesso!!!

    • Si tratta ovviamente di un rumors. Difficile che si riesca a concretizzare, anche perché al momento non credo Golden State voglia mettere mano ad un giocattolo che funziona perfettamente. Però è indubbio che se ci sarà la possibilità, tra prendere lui o rifirmare Barnes, un pensierino lo faranno di sicuro.

  2. Il meglio per lui sarebbe restare un altro anno a OKC e eventualmente fare “libera tutti” l’anno successivo insieme a West e Ibaka! Nuovo allenatore + GSW non eterni + SPU senza Duncan e Ginobili…l’anno prossimo potrebbero cambiare gli assi a Ovest.

    • Non credo, finché sia lui che Westbrook avranno la mentalità di segnare solo in isolamento i rapporti di forza rimarranno quelli.
      Sono due scorer micidiali ma se non coinvolgi i compagni e non fai muovere piedi e palla fai solo il gioco del tuo avversario.

      • Ciò che dici è giusto, ma sarebbe meglio per lui restare o andare in un contesto dove faccia da prima donna. Non è abituato a giocare in un contesto con un grande collettivo come Spurs o GSW; è questa potrebbe essere la grande pecca della sua carriera! Meglio emigrare in un contesto dove costruiscano intorno a lui, esempio Lakers o Washington.

        • Meglio Washington. Credo che l’Ovest rimarrà bloccato in un dualismo Spurs-Warriors per ancora qualche anno (e poi sarà il turno di qualunque squadra in cui giochi KAT).

          • Io dico di no. Davis si sta dimostrando troppo fragile fisicamente mentre KAT sta facendo un primo anno di consistenza in ogni aspetto del gioco (rimbalzi, post, tiro dalla media, triple, stoppate).
            Quanto di più simile a Duncan abbia mai visto (anche nei numeri).

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