New York Knicks: ennesimo fallimento. Il futuro è nelle mani di Jackson!

0
1199

Per la terza volta consecutiva la piazza più affascinante della NBA mancherà l’appuntamento con i playoff, registrando l’ennesima stagione fallimentare. Eppure l’inizio era stato confortante, la squadra galleggiava sulla soglia del 50% di vittorie, il Madison Square Garden era fiducioso di poter tornare finalmente alla post-season; col tempo, invece, i risultati sono progressivamente calati, il roster è stato via via meno brillante, la spinta del pubblico si è lentamente trasformata in insofferenza e mugugni, tuttavia si fa ancora fatica a riconoscere il colpevole.

Bisogna ammettere però che l’obiettivo minimo, ovvero migliorare concretamente il tragico record di 17 vittorie e 65 sconfitte del 2014/2015, è stato pienamente raggiunto avendo oltrepassato quota 30 vittorie stagionali; ma una piazza come New York, la più esigente degli Stati Uniti, non è incline ad accontentarsi delle briciole, per cui il 13° posto conquistato nella Eastern Conference non può essere etichettato in altro modo che fallimento.

 

CHE COSA NON HA FUNZIONATO?

La più grave lacuna nel roster dei Knicks è la posizione di Point-Guard. José Calderon e Langston Galloway non offrivano particolari garanzie, per cui Phil Jackson ha cercato di tamponare la falla acquisendo e aggiungendo alla rosa il rookie Jerian Grant, autore di una proverbiale stagione a Notre-Dame University. Il favorito dei 3, però, è sempre stato il play spagnolo, che dall’alto dei suoi 34 anni suonati, ha dovuto disputare quasi 30 minuti di media a partita, poiché ritenuto l’unico in grado di offrire affidabilità e sicurezza alla squadra, mentre i due giovani hanno alternato momenti di classe cristallina a lunghi periodi di incostanza e indecisione. In questa posizione è stato anche provato il veterano Sasha Vujacic, fedelissimo di Phil Jackson ai tempi di Los Angeles, che si è adattato come ha potuto nonostante fosse fuori dal giro che conta dall’ultimo titolo con i Lakers nel 2010.

Il fatto di non avere un passatore affidabile ha prodotto, di conseguenza, un’involuzione della Triangle Offense, sistema di gioco imposto rigidamente, e sbagliando, dal Coach Zen. Il problema è sussistito anche nella propria metà campo, dove se i Knicks potevano vantare una delle migliori coppie di rim-protector della Lega, lo stesso non si poteva dire riguardo i difensori sui piccoli: il risultato è stato una valanga di punti subiti in penetrazione o in transizione.

Dunque, il ruolo di playmaker è stata un’importante defezione ma non l’unica. I New York Knicks hanno perso molte partite in volata, subendo rimonte nell’ultimo periodo, dimostrando poca personalità nei momenti chiave del match: non avendo un leader carismatico che trascinasse la squadra nei momenti di difficoltà, Phil Jackson ha provato a scuotere i suoi con un cambio di allenatore, sostanzialmente non riscontrando però particolari differenza dal passaggio di consegne fra Derek Fisher e Kurt Rambis.

Infine, è lecito sostenere che alcuni giocatori acquisiti in estate per allungare le rotazioni, si siano dimostrati poco incisivi e affidabili. Oltre al già citato Jerian Grant, si può ricondurre il medesimo discorso a Kyle O’Quinn e soprattutto a Derrick Williams, esaltante e discontinuo come pochi.

 

CHE COSA HA FUNZIONATO?

Non avendo a disposizione scelte al draft e con poco margine salariale, i Knicks dovranno intervenire obbligatoriamente nel mercato Free Agent per migliorare il roster attuale. Fortunatamente, però, alcune acquisizioni effettuate nella scorsa pausa estiva hanno portato gli effetti sperati: stiamo parlando di Robin Lopez e Arron Afflalo, entrambi autori di un notevole incremento nelle statistiche stagionali rispetto al passato. Il Centro ex Trail Blazers ha dimostrato di essere una più che valida opzione offensiva, avendo messo a referto più di 10 punti di media a partita, oltre ad aver assicurato un apporto fondamentale in fase difensiva; la guardia di Los Angeles, invece, sembra essere stato il principale beneficiario del sistema di gioco di Jackson e, con i suoi 13 punti di media, sembra essere tornato ai fasti dei tempi di Orlando.

La nota più lieta, però, non può che essere Kristaps Porzingis, perno sul quale la dirigenza dovrà costruire il breve ed il lungo periodo. Arrivato fra l’indifferenza generale, il rookie della Lettonia avrebbe vinto a mani basse il premio di Miglior Rookie della Stagione se sulla sua strada non avesse incontrato il giovane prodigio Karl-Anthony Towns. 15 punti, 7.3 rimbalzi e 2 stoppate di media a partita sono numeri che in pochissimi erano riusciti ad accumulare già alla prima stagione in NBA; il suo futuro fra le star della Lega pare essere già segnato.

 

IL FUTURO

Il quesito principale è: chi sarà l’allenatore dei New York Knicks nella prossima stagione?

La rosa dei papabili si è allargata progressivamente durante tutto l’arco della stagione, arrivando a considerare i nomi più disparati: logicamente a dire l’ultima parola sarà però il grande burattinaio, Phil Jackson. Il Coach Zen avrebbe espresso il gradimento per un’eventuale riconferma di Rambis, suo fedelissimo e profondo conoscitore della Triangle Offense: Phil, però, sa bene di aver esaurito completamente le attenuanti e che pagherebbe in prima persona lo scotto di un ulteriore fallimento.

Difficile, se non impossibile, un suo ritorno in panchina, negli ultimi tempi si è vociferato di un suo incontro con l’ex allenatore dei Golden State Warriors, Mark Jackson; tuttavia non è da escludere nemmeno il nome di David Blatt, “appiedato” da qualche mese.

Prima di tutto, però, bisognerà capire se il richiamo dei Los Angeles Lakers resterà soltanto un’infatuazione della fidanzata di Jackson, tale Janie Buss, oppure un’opzione concreta che getterebbe, ancora una volta, i New York Knicks nell’improvvisazione più assoluta.