Tra dubbi e conferme: Jamal Crawford eletto Sixth Man of the Year

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Jamal Crawford - © 2016 twitter.com/LAClippers
Jamal Crawford – © 2016 twitter.com/LAClippers
Jamal Crawford si porta a casa il premio di Sixth Man of the Year per la terza volta in carriera, primo giocatore a riuscirsi da quando il premio viene assegnato, ovvero dal 1983. La scelta potrebbe sembrare quella scontata per un giocatore di grande efficienza offensiva, che nel corso degli anni è diventato una certezza in un contesto di panchina complesso come quello dei Clippers. Eppure, i dubbi sulla sua scelta non mancano.

Partiamo dalle lodi per il nativo di Seattle, capace di lasciarsi alle spalle Kevin McHale, Ricky Pierce e Detlef Schrempf, fermi a due titoli personali. A premiarlo è soprattutto l’ottima evoluzione statistica avuta nei tre mesi vissuti da Los Angeles senza Blake Griffin, passando da poco più di 14 punti a partita a quasi 16, con il 42% al tiro ed il 34% da oltre l’arco. Inoltre, è stato il secondo miglior tiratore di liberi nella Lega con il 90.2%, alle spalle soltanto del mostruoso Steph Curry ed il miglior realizzatore per i Clippers nella summa dei quarti periodi di regular season, con 341 punti totali nei 12 minuti finali. Nelle 74 volte su 79 in cui è uscito dalla panchina ha tenuto una media di 13.2 punti, con il 39.7% dal campo ed il 32% da tre punti, mentre molto meglio si è comportato quando è partito in quintetto, salendo a ben 29 punti a partita, con quattro prestazioni da almeno 30 punti e percentuali, soprattutto da oltre l’arco (45%), di grande spessore. In tutto è andato per 33 volte oltre i 15 punti, risultando un’arma fondamentale nella stagione da 53 vittorie della sua squadra. A 36 anni, nella propria 16esima stagione in NBA, non è facile mantenere uno standard di questa importanza in un ruolo delicato come quello del sesto uomo.

A confronto con le precedenti annate in cui ha conquistato il premio, tanto la prima agli Hawks nel 2010, in cui aveva raggiunto i 18 punti di media alla prima stagione da riserva, quanto nella Città degli Angeli due anni fa, in cui si era spinto fino a quasi 19 di media e dominato la contesa senza appello, il calo è però evidente. Ed alle sue spalle c’è chi forse avrebbe meritato maggiormente il trofeo. Andre Iguodala è stato premiato MVP delle scorse Finals con uno strascico polemico non indifferente, ma non viene insignito di un riconoscimento inferiore per cui sembrava il candidato ideale. In una squadra in cui non mancano i talenti offensivi, Iggy ha un impatto decisivo sui due lati del campo, grazie ad un’intelligenza cestistica rara, che gli permette di difendere ottimamente a uomo tanto quanto di far saltare un possesso leggendolo in anticipo, oltre che di portare palla e distribuirla con abilità per le tante bocche da fuoco di Golden State. Se 7 punti a partita non dovessero bastare, però, ci si sarebbe potuti spostare su Will Barton, calato in maniera vistosa con l’andare di una stagione tragica per i suoi Nuggets, ma comunque capace di 14.4 punti, tirando con il 43%, e 5.8 rimbalzi di media, oppure su Enes Kanter, capace di 12.7 punti e 8.1 rimbalzi, con un PIE di 16.2 che racconta al meglio il suo impatto decisivo sui Thunder, soprattutto nel finale di stagione.

Crawford ha avuto dalla sua una costanza di rendimento che lo ha accompagnato per tutta la durata della stagione ed i tanti successi di squadra, su cui c’è il suo marchio indelebile in particolare nei finali di partita, hanno giovato alla sua elezione. I 51 primi posti su 130 votanti gli hanno fruttato 341 punti, davanti ai 288 di Iguodala, i 182 di Kanter e i 158 di Barton. DeAndre Jordan lo ha paragonato a Benjamin Button, per l’energia che mette ogni volta che entra sul parquet, mentre un Crawford ovviamente entusiasta per il premio ricevuto ha affermato: “Può essere d’esempio ai più giovani, non serve essere per forza titolari, si può avere un impatto anche dalla panchina. Ho giocato ogni singolo giorno della mia vita, sognavo di essere dove sono ora e non lo darò mai per scontato finché giocherò“. Con i suoi Clippers è avanti 2-0 nella serie contro i Trail-Blazers e sogna in grande, anche se sarà un’impresa aver ragione di Warriors e Spurs. La squadra, però, sembra quest’anno più completa che mai per provare a giocarsi tutto fino in fondo, grazie anche ad una panchina solida e di valore. Guidata, come sempre, da Jamal Crawford.

2 COMMENTS

  1. Premio ridicolo.
    Barton (soprattutto che aveva tutte statistiche superiori a Crawford), Kanter, Iguodala, Lin e Holiday lo meritavano più di lui.

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