Delusione Bulls: Hoiberg colpevole, ma non l’unico

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Fred Hoiberg - © 2015 twitter.com/ChicagoBulls
Fred Hoiberg – © 2015 twitter.com/ChicagoBulls

Le vicende che hanno contrassegnato il rapporto tra Gar Forman, GM dei Chicago Bulls, e il precedente coach della squadra, Tom Thibodeau, durante e dopo la scorsa post season sono argomento noto. La rottura con un coach oramai ai ferri corti da tempo con la dirigenza non è stata una decisione avventata ma il frutto di dissapori e attriti sorti da settimane, se non mesi, addietro. I piani alti di Chicago erano più che propensi a cambiare un sistema di gioco ritenuto troppo fisico e difensivo ed abbracciare moduli e schemi maggiormente spettacolari ed efficaci; d’altronde i Bulls degli ultimi tempi erano etichettati come una squadra competitiva ma con lacune tali da negarle la definitiva ascesa al vertice. Proclamato in pompa magna, al nuovo coach Fred Hoiberg è stato chiesto di sradicare le consolidate tattiche del vecchio allenatore ed esportare a Chicago lo small ball praticato a Iowa State University.

Dopo una prima parte di stagione discreta, una pesante involuzione ha contrassegnato il rendimento del team successivamente alla pausa dell’All Star Game, periodo nel quale hanno collezionato la miseria di 15 vittorie in 30 partite e chiudendo la stagione al nono posto con un record tuttavia superiore al 50% di vittorie. Dunque un anno dopo essersi consumata la rottura con Tom Thibodeau, nel frattempo accasatosi a Minnesota, i Bulls si ritrovano fuori dai playoff per la prima volta dalla stagione 2007/2008.

CHE COSA NON HA FUNZIONATO?

La saggezza con cui Thibodeau era riuscito a creare uno spogliatoio armonioso e coeso aveva mascherato i limiti tecnici di questo roster, evidenziati e acuiti nel primo anno di gestione di Hoiberg, principale colpevole della deludente annata conclusasi. Aver tagliato i ponti con alcuni senatori, Noah fra tutti, è stata una delle maggiori problematiche nel rapporto fra il nuovo coach e lo zoccolo duro del team.

Inoltre, l’approccio e le metodologie d’allenamento del nuovo allenatore sono state definite troppo soft da giocatori che, fino a pochi mesi prima, erano abituati a sputare sangue in ogni sessione di training. L’uscita pubblica con cui Jimmy Butler, leader tecnico dei Bulls, ha rimarcato questa tendenza è stata, a detta degli esperti, una delle tappe principali nelle quali si è inclinato il rapporto fra il coach e lo spogliatoio. Se alcuni giocatori abbiano deliberatamente remato contro il proprio allenatore, questo non ci è dato sapere; è certa, invece, la mancanza di concentrazione che i Bulls hanno dimostrato durante tutto l’arco della stagione. Pau Gasol, colonna portante di questa squadra, ha recentemente accusato i suoi di non essersi impegnati a dovere in tutti i match, e che questo gli abbia portati poi a vedere sfumare le ultime chance di giocare i playoff.

Ma se Hoiberg può essere accusato di scarsa capacità gestionale del proprio team, altrettanto la dirigenza può essere accusata di non aver creato le condizioni adatte affinché questo accadesse. L’aver pensato che un pacchetto di senatori over 30 avrebbe potuto assorbire in una singola stagione dei cambiamenti tecnico-tattici così radicali, fa sinceramente dubitare delle competenze manageriali di Forman e del suo staff. Forse, col senno del poi, il piano d’uscita dall’era Thibodeau avrebbe necessitato di un’opera di rinnovamento tanto profonda quanto tempestiva.

Ad onor del vero, però, Hoiberg può vantare anche qualche credito con la dea bendata. Sebbene abbia affrontato una stagione, come visto, dalle mille difficoltà, i numerosi infortuni che hanno colpito ad intermittenza tutte le principali star di Windy City non hanno certamente facilitato il percorso dell’ex coach di Iowa State: l’operazione alla schiena ha consegnato Mike Dunleavy soltanto dopo la pausa dell’All Star Game, Noah invece ha dovuto saltare tutta la seconda parte di stagione perchè, anch’esso, costretto ad andare sotto i ferri. Meno debilitanti ma comunque di rilievo sono stati gli stop che hanno fermato per una ventina di partite Butler, Rose e Mirotic; tutto ciò ha costretto agli straordinari Pau Gasol, che a 35 anni e con un Europeo alle spalle, è stato impiegato per più di 30 minuti a partita.

CHE COSA HA FUNZIONATO?

I ripetuti problemi di salute che hanno contraddistinto la stagione dei Bulls hanno, di contro, permesso la crescita di alcuni giovani dal grande potenziale che nella precedente gestione trovavano pochissimo spazio. Nikola Mirotic e Doug McDermott, bistrattati e non considerati da Thibodeau, sono stati finalmente impiegati con regolarità e costanza e mostrato il loro vero potenziale: lo spagnolo ha siglato 12 punti e quasi 6 rimbalzi di media, mentre l’ala piccola ex Creighton ha dimostrato di avere grandi capacità offensive mettendo a referto due trentelli contro i Toronto Raptors e, in generale, 10 punti di media. Detto dei due sophomore, è lecito citare anche la positiva stagione del rookie Bobbie Portis, che dopo una partenza in sordina si è conquistato spazio, punti e rimbalzi nelle rotazioni di Hoiberg.

IL FUTURO

Joakim Noah e Pau Gasol sono in scadenza di contratto e difficilmente vorranno fare ritorno  a Chicago dopo la free agency. Ciò permetterà alla dirigenza un risparmio di circa venti milioni dal salary cap, fondamentali per una doverosa ricostruzione del roster. Ai due potrebbe aggiungersi anche Derrick Rose, il quale possiede ancora un anno di contratto ma ha perso ormai il ruolo di leader della squadra a favore di Jimmy Butler, e perciò potrebbe valutare l’idea di cambiare aria. Comunque, a meno di clamorosi ribaltoni, è molto difficile immaginare che i Bulls possano entrare in corsa per accaparrarsi i pezzi pregiati della prossima free agency; molto più prevedibile invece pensare che sarà un mercato dedito all’acquisizione di giocatori funzionali alla causa di Hoiberg, in grado di amalgamarsi perfettamente insieme ai giovani di valore già presenti.