Dimitris Diamantidis, il Diamante di Atene

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La sua favola avrebbe certamente meritato un finale più avvincente, magari una tripla allo scadere o una stoppata decisiva, ma le cose non sempre vanno nel verso giusto.
Dimitris Diamantidis avrebbe meritato tutto questo.
Pochi giocatori sono stati influenti e decisivi come il greco, capace in oltre quindici anni di scrivere alcune delle pagine più belle della massima competizione continentale. Jordi Bertomeu ha scelto di nominarlo Euroleague Legends, come ringraziamento per i servigi resi all’Euroleague, ma più che i premi, numerosissimi, di Diamantidis resterà la leadership e il carisma.

Che sarebbe diventato un campione era chiaro a tutti, a cominciare dagli allenatori del Kastoria BC, squadra del paese locale, che presto dovette lasciarlo andare. Il destino lo portò lontano, prima a Salonicco, sponda Iraklis, e poi nella capitale per indossare il verde del Panathinaikos. Voluto fortemente da coach Obradovic, Diamantidis allora ventiquattrenne chiese un po’ di tempo per ambientarsi in una metropoli come Atene. L’allenatore ex Real Madrid rispose “No grazie, serve un leader e serve subito“. Qualcuno più avanti dirà che la carriera di Obradovic non sarebbe stata la stessa senza Diamantidis e viceversa. La storia risponderà a tutte queste domande, certo è che in Diamantidis è pesante la mano del coach serbo. Madre natura ha aiutato il greco donandogli un fisico perfetto, quasi due metri di altezza per quasi 90 chili, con piedi veloci, mani sensibili e delle braccia lunghissime. Il guru serbo ha contribuito forgiando un carattere mai domo.

In casa Pana Dimitris comincia fin da subito a imporre la propria leadership e in pochi anni porta all’ombra del Partenone cinque campionati consecutivi oltre che tre Euroleague. Le squadre erano inzuppate di talento, nel 2007 c’erano Becirovic e Siskaukas, nel 2009 c’erano Nikola Pekovic, Mike Batiste e Vasilis Spanoulis, a cui due anni dopo si aggiunsero Romain Sato e Antonis Fotsis, ma il filo conduttore che lega quel ciclo è certamente Diamantidis presente in ogni gioia del Panathinakos. Il greco è riuscito a guadagnare il plauso di tutti durante la carriera. Anche quello degli arbitri, come ha spiegato martedì Luigi La Monica primo a rendergli omaggio dopo la sconfitta contro il Laboral. E poi ancora compagni, allenatore e avversari. Anche quelli oltre oceano che hanno imparato ad amarlo durante le trasferte con la nazionale.

Una nazionale greca che forse ha più di un rimpianto a cui aggrapparsi. Certo la medaglia d’Oro a Eurobasket 2005 rappresenta un successo eppure la sensazione è quello di un cammino incompiuto. All’Olimpiade casalinga la corsa si interruppe ai quarti contro i futuri campioni dell’Argentina e due anni dopo ai mondiali giapponesi la formazione ellenica si arrestò solo in finale, sconfitta da una Spagna priva di Gasol. La delusione fu tanta, ampliata dalla semifinale perfetta disputata contro gli Stati Uniti di coach K. Era la Grecia di Papaloukas, Zisis, Spanoulis e Papadoupolos ma anche di Dimitris Dimantidis. DD è spesso risultato meno appariscente in campo rispetto ai compagni, eppure la sua presenza è stata fondamentale.

Dopo un’epica gara 5 contro il Barcellona, coach Obradovic dichiarò che ci sono i buoni giocatori, i campioni e poi Diamantidis quasi per sottolineare l’appartenenza a una categoria unica. Il greco non è mai stato un attaccante esplosivo o un raffinato passatore, ma un giocatore totale capace di essere protagonista in ogni azione su entrambe le metà campo. Recuperi, stoppate, aiuti difensivi: Diamantidis ha deciso importanti match senza segnare l’ultimo tiro. Non sono mancati i riconoscimenti personali, come l’accoppiata d’oro Mvp regular season e Final Four del 2011, probabilmente il punto più alto della carriera, e i sei titoli di miglior difensore Euroleague.

Ora ci resteranno i numeri, i record, i ricordi di un giocatore unico per la storia del Panathinaikos e dell’Euroleague. Un talento certo, ma non solo, un campione, un’icona, o più semplicemente un Diamante.
Grazie di tutto Dimitris.