I Clippers contro la propria maledizione: riconferma o rivoluzione?

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Los Angeles Clippers - © 2016 twitter/LAClippers
Los Angeles Clippers – © 2016 twitter/LAClippers
E’ sempre la stessa storia, in fin dei conti. Si è chiusa la quinta regular season consecutiva con un record oltre il 60% di vittorie, che soltanto in una Western Conference di marziani, almeno ai piani altissimi, poteva concedere appena il quarto posto assoluto. Si sono chiusi i playoff in anticipo rispetto a quanto previsto, questa volta al primo turno contro i Blazers, con una squadra falcidiata dagli infortuni, arrivati a serie in corso. Non soltanto le Finals ed il titolo restano una chimera, anche le finali di Conference, apparentemente sempre alla portata, sembrano un obiettivo irraggiungibile per una squadra maledetta. Che ora si trova davanti ad un bivio per cui urge una decisione a breve termine.

I Clippers assomigliano oggi ad un cantiere a cielo aperto, più per una questione mentale che per effettiva mancanza di talento. La decisione passa, ancora una volta ed inevitabilmente, dalle tre punte di diamante presenti in squadra e dalla loro volontà di restare e combattere nella Città degli Angeli o meno. Lo stesso Doc Rivers, in un’intervista dopo la sconfitta in gara 6 contro Portland, ha ammesso la possibilità di un possibile anno zero per la squadra di cui è allenatore e presidente delle basketball operation: “Siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Dopo un po’ di tempo, se non vinci ti devi rendere conto che qualcosa non sta funzionando. Dobbiamo semplicemente accettarlo e ripartire“. Partendo dal caso più complicato e controverso della stagione, Blake Griffin è stato tutto fuorché un fattore positivo, considerando i suoi infortuni e le grane nello spogliatoio, che hanno infiammato un ambiente già di suo poco tranquillo e sotto pressione. Resta uno dei giocatori più decisivi della Lega, eccezionale sui due lati del campo e capace di fare pressoché ogni cosa sul parquet, una stella intorno a cui costruire un progetto di valore. Per questo Celtics e Nuggets, due squadre con un centro più “defensive-minded“, stanno seriamente pensando a portarlo in città, in modo da lasciargli più spazio di manovra quando si tratta di attaccare.

Chris Paul, per quanto abbia mancato l’ennesima occasione in carriera per superare il secondo turno dei playoff, resta a 30 anni una delle migliori point guard nella NBA, come dimostra una stagione da 19.5 punti, 10 assist e 2.1 rubate a partita, con una percentuale reale al tiro del 57.5% e davvero pochi rivali nella costruzione di giocate offensive. Alla sua età, però, dopo una carriera con pochissime soddisfazioni di squadra, potrebbe guardarsi intorno, con la speranza di competere per il titolo nell’immediato futuro. Anche DeAndre Jordan, confermato per le prossime tre stagioni dopo la querelle estiva davvero poco felice con i Mavericks, resta un’incognita, probabilmente sopravvalutato in termini difensivi ed eccessivamente poco considerato offensivamente. Il trio, nel suo insieme, resta tra i migliori attualmente nella Lega e senz’altro quanto di meglio si sia visto sulla sponda meno fortunata di Los Angeles. Ci sono, però, tantissimi scenari possibili per la squadra al momento. E passano anche da coloro che solitamente partono dalla panchina, a partire da Jamal Crawford, il quale resta senza dubbio il sesto uomo più efficiente nel basket odierno, e Jeff Green, capace di dare un solido apporto da 10.9 punti e 3.4 rimbalzi in un ruolo di “settimo” notoriamente di scarsa quantità in casa Clippers. Senza dimenticare Austin Rivers ed un J.J. Redick reduce dalla miglior stagione in carriera, con la miglior percentuale da oltre l’arco in NBA (47.5%), e dell’importante fatturato, pur in tono minore, di Cole Aldrich, Wesley Johnson e Luke Mbah a Moute.

Paul Pierce, lama a parte, potrebbe restare un ultimo anno prima di chiudere la propria gloriosa carriera, ma ha dimostrato di non essere più quello di una volta, specialmente in quest’ultima annata. Sarebbe importante che l’offseason dei Clippers cominciasse con la conferma di Crawford e Green, due pezzi troppo importanti nel mosaico fuori dal quintetto per essere allontanati, nel limite del possibile in termini economici. L’obiettivo più alto a cui aspirare in estate è, senza dubbio, Kevin Durant, al momento impegnato in una serie pazzesca contro i Warriors per conquistarsi le Finals. Griffin potrebbe essere una succulenta pedina di scambio e Rivers farebbe volentieri a meno di qualche elemento per avere abbastanza salary cap a disposizione per il fenomenale numero 35. Si potrebbe considerare anche la carta Dwight Howard o la possibilità di portare Carmelo Anthony in squadra in una trade a coinvolgere più squadre, ma sembrano opzioni meno probabili. Qualora l’obiettivo fosse di confermare il nucleo attuale ed aggiungere maggiore esperienza, David West in uscita dagli Spurs potrebbe rappresentare una valida alternativa. Le due scelte al Draft, alla numero 25 ed alla numero 33, presa dai Nets, potrebbero rivelarsi fondamentali se sfruttate a dovere, come successo troppo poco spesso nel passato recente.

L’alone maledetto che accompagna la franchigia può dissolversi soltanto con le armi da sempre utili contro questo tipo di credenze: razionalità ed intelligenza. Che si tratti di riconfermare o di rivoluzionare, poco importa.