Sconfitti ma a testa alta: Boston è il futuro!

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Prima Cleveland, poi Atlanta: il primo turno playoff risulta essere ancora un tabù per i Celtics di Brad Stevens; tuttavia, i progressi dimostrati dalla franchigia nell’arco di soli 12 mesi sono evidenti e sbalorditivi. Effettivamente, lo stesso roster che fu sweeppato lo scorso anno dai Cavs di James ha lottato quest’anno, pur con palesi limiti, contro i ben più quotati Hawks fino a gara-6.
Lo stesso coach di Boston, immediatamente dopo la sconfitta decisiva per le sorti del suo team, ha espresso speranza e soddisfazione:

“Potevamo fare meglio, ma ciò non vanifica la bella stagione appena conclusa”.

 

LE NOTE POSITIVE

Improvvisazione, scelte veloci, ritmo asfissiante, ampie rotazioni, grande movimento di palla: è il constant hustle che Brad Stevens ha traslato perfettamente da San Antonio e Golden State ed imposto ai suoi giocatori. Nonostante le ovvie difficoltà che un sistema così spregiudicato possa cagionare, è praticamente impossibile delegittimare i metodi del coach ex Butler University, capace di riportare i C’s ai playoff e poi, nella regular season conclusa, a superare abbondantemente il traguardo del 50% di vittorie stagionali. Al GM Danny Ainge vanno tutti i meriti nell’aver trasformato un ambizioso coach universitario in uno dei più abili ed esperti dell’intero panorama NBA.
Merito suo, inoltre, l’aver portato nel Massachusetts una point-guard di livello All-Star, che un anno e mezzo fa era bistrattata dall’intera Lega per le sue ridotte dimensioni. Promosso da sesto uomo a playmaker titolare dopo solo 3 partite di regular season, Isaiah Thomas è stato il leader tecnico, il trascinatore, la guida dei Celtics, con statistiche da 22.2 punti e 6.2 assist a partita che lo hanno reso, a pieno titolo, fra le 10 migliori point-guard della NBA. Scelto con l’ultima chiamata al secondo giro nel draft 2011 da Sacramento, adesso è un giocatore in grado di cambiare in meglio le partite, dal momento che l’efficienza offensiva del suo team aumenta di circa 8 punti in più per 100 possessi nei momenti in cui è in campo.
Infine, il terzo capolavoro del general manager è stato l’aver spedito Rajon Rondo a Dallas in cambio di un pacchetto di scelte e il sottovalutato Jae Crowder. Passato sotto traccia al draft del 2012, nel quale fu selezionato con la 34° scelta dai Cleveland Cavaliers, il 25enne da Marquette ha vissuto due stagioni in chiaroscuro in Texas, ma ha trovato la sua consacrazione definitiva sulla sponda nord dell’Atlantico. Soprattutto nella stagione appena conclusa, ha mostrato una straordinaria abilità sui due lati del campo, espressa sia dalle statistiche (14 punti, 5 rimbalzi, 1.7 rubate di media) che dall’immenso lavoro oscuro gettato sul parquet in ogni singola partita: attualmente può essere considerato uno dei primi 15 two-way players della NBA.

Guadagnatasi la fama di Giant Killer dopo le vittorie contro le attuali finaliste, Cleveland e Golden State, i pregi per questa franchigia si sprecano e si sono sprecati. Un gioco fluido, spettacolare, divertente, unito ad un roster a basso impatto salariale frutto di un’eccellente macchina organizzativa: manca l’ultimo tassello per diventare grandi!

LE NOTE NEGATIVE

Tyler Zeller e David Lee sono due giocatori che hanno fortemente deluso le aspettative di fans e dirigenti. Dopo aver disputato tutte i match della stagione precedente, con statistiche da oltre 10 punti e 5 rimbalzi di media, Zeller sarebbe dovuto essere il pivot di riferimento ed invece, dopo sole 3 partite, è stato relegato in panchina con un minutaggio via via più ridotto. Stesso discorso per l’ala grande ex Knicks e Warriors, arrivato con i favori della critica dopo la vittoria del titolo con Golden State e ben presto spedito, dapprima in panchina, e poi alla prima occasione utile verso altra destinazione (Dallas per l’esattezza). A dirla tutta, probabilmente, c’è stato un errore di valutazione della dirigenza, colpevole di aver ritenuto adattabili al rigido sistema di Stevens due lunghi con caratteristiche assolutamente incompatibili.
Ciò non riguarda, invece, Marcus Smart, giovane talento la cui stagione è quantomeno rivedibile, visto che né lo scorso anno, né in questa stagione è riuscito a ritagliarsi quel ruolo da playmaker titolare che Ainge&Co. gli avevano cucito addosso quando lo avevano selezionato con la #4 al draft del 2014. Se gli infortuni ne hanno influenzato considerevolmente il processo di crescita, dal punto di vista tecnico risulta essere troppo frenetico e poco preciso dall’arco, dove tira con la percentuale più bassa della Lega fra coloro che hanno tentato almeno 200 triple (25%).

IL FUTURO

Detto dell’entusiasmante processo di crescita che da un paio d’anni la franchigia ha intrapreso, la tifoseria dei Celtics attende spasmodicamente il ritorno ai fasti di un tempo e, dunque, un’altra annata conclusa prematuramente potrebbe essere salutata con un calore ben diverso da quello visto poche settimane fa.
Lo stesso Ainge, al termine della sconfitta in gara 6, l’ha confermato:

“Non siamo stati la squadra vista in regular season, dovremo lavorare duramente per essere preparati a questo tipo di sfide.”

L’agenda della dirigenza di Boston sarà colma di impegni fra la fine di giugno e il mese di luglio, date in cui si apriranno l’NBA Draft 2016 e la Free Agency. Del primo appuntamento i Celtics sono, senza ombra di dubbio, i grandi protagonisti, visto che potranno godere di tre chiamate al primo giro (terza, sedicesima e ventitreesima scelta) e di cinque al secondo. I riflettori sono puntati sui papabili che Boston potrebbe selezionare con la pick n°3: impossibile arrivare ai due fenomeni, Ingram e Simmons, le attenzioni della dirigenza si sono concentrate sull’ala grande Dragan Bender, e sulle guardie Jayden Brown e Buddy Hield. Tuttavia, qualora le future promesse non dovessero convincere a pieno, sarebbe intenzione dell’establishment bostoniano scambiare alcune di queste pick per un grande giocatore in uscita dalla propria franchigia.
Il grande punto interrogativo dell’estate, però, è Kevin Durant. Ainge, Stevens e Thomas muoveranno mari e monti pur di convincere l’asso degli Oklahoma City ad abbracciare il loro progetto e fare di KD il faro su cui costruire un nuovo vincente futuro.