Altra offseason, altre delusioni: i Mavericks in cerca di un miracolo

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Le polemiche a Dallas, da quando la franchigia è nelle mani di Mark Cuban, non sono mai mancate. Nemmeno i successi, però, a giudicare dalle 15 apparizioni complessive ai playoff nelle ultime 16 annate, comprese di due Finals giocate e del magico titolo del 2011. Eppure, da allora, si contano quattro eliminazioni consecutive al primo turno, con l’aggiunta dell’assenza dalla post-season del 2013. Se le polemiche, poi, vengono da chi ha riscritto la storia della franchigia, ovvero Dirk Nowitzki, senz’altro fanno più rumore e clamore, anche nelle orecchie dell’altezzoso proprietario.

Dirk Nowitzki + Tim Duncan - © 2016 twitter.com/dallasmavs
Dirk Nowitzki + Tim Duncan – © 2016 twitter.com/dallasmavs

WunderDirk è l’idolo incontrastato della città di Dallas da ormai 18 anni, ha messo insieme ogni tipo di record con la squadra che lo ha reso leggenda, senza mai alzare la voce o pretendere più di ciò che gli fosse dovuto. Anzi, l’accordo per due anni a 40 milioni di dollari firmato in estate, benché sia leggermente superiore ai precedenti per portata economica, è ancora lontano dalle cifre astronomiche a cui avrebbe potuto aspirare. Gli oltre 200 milioni di dollari guadagnati in carriera sarebbero potuti essere assai di più se avesse accettato offerte lontano da quella che è ormai la sua città. Nowitzki ha deciso di restare fedele ai Mavericks e potrebbe raggiungere Kobe Bryant al record di 20 stagioni con la stessa canotta. Eppure, nonostante sia difficile considerare una possibile trade per portare il tedesco lontano dai lidi texani, quest’ultimo non ha mancato di sottolineare il proprio disappunto verso le recenti strategie di squadra: “Negli ultimi 5 anni abbiamo cercato continuamente dei grandi nomi in free agency, ma alla fine hanno tutti firmato contratti più onerosi altrove. Per me non ha senso cercare più soldi, il mio obiettivo è giocare per vincere“. A 38 anni, con 18.3 punti e 6.5 rimbalzi di media l’anno passato, Nowitzki ha visto sfilare dalle mani della propria squadra obiettivi di primo livello come Hassan Whiteside, Nicolas Batum, Mike Conley, raggiunto per altro da Chandler Parsons, senza contare i sogni (quasi) impossibili di Kevin Durant e Dwayne Wade, che hanno comunque cambiato casa in estate. E Parsons, fuggito a Memphis, rappresenta una grande sconfitta per Dallas, che su di lui aveva tanto puntato.

Harrison Barnes - © 2016 twitter.com/dallasmavs
Harrison Barnes – © 2016 twitter.com/dallasmavs

Pessimismo giustificato quello di WunderDirk, dunque, considerando che gli errori dei suoi Mavericks non sono probabilmente finiti qui. L’accordo per i prossimi quattro anni a 94 milioni di dollari con Harrison Barnes, in uscita dai Warriors dopo l’arrivo di Durant, è quanto meno un azzardo. Il classe ’92 ha dimostrato di non valere il massimo contrattuale, tanto nella passata regular season, chiusa con statistiche non più che modeste (11.7 punti e 4.9 rimbalzi), quanto soprattutto nelle Finals appena concluse. In particolare nelle ultime tre partite, in cui Golden State ha subito la pazzesca rimonta dei Cavaliers, Barnes ha chiuso con appena 15 punti totali, frutto di un terrificante 5/32 al tiro, 3/15 da oltre l’arco. Per valere lo sforzo economico profuso da Dallas, al giocatore non basterà riempire il vuoto nel quintetto texano, ma dovrà migliorare le attuali buone doti atletiche e qualità difensive, oltre che crescere drasticamente in termini offensivi. La strana scelta di non trattenere Parsons allo stesso prezzo è data dal cambiamento di prospettiva per Cuban e soci quando Conley e Whiteside hanno rifirmato per Grizzlies e Heat. Una strategia alquanto discutibile. Anche Andrew Bogut è fuggito dalla California per raggiungere Dallas, con un contratto annuale a 11 milioni di dollari, in cambio di una scelta al secondo giro. L’australiano non si discute, è un centro affidabile, capace di ottime cose su due lati del campo, ma il fisico continua a non reggere lo sforzo e lo rende spesso inaffidabile sul lungo periodo. Senz’altro partirà in quintetto, ma sarà fondamentale l’apporto di Salah Mejri e Dwight Powell dalla panchina.

Proprio Powell ha firmato un contratto per i prossimi 4 anni a 37 milioni di dollari per restare nella franchigia, che ha fatto seguito alla conferma per un anno a 10 milioni di dollari per Deron Williams. Mosse di ripiego, ma senz’altro importanti per non alterare ulteriormente un meccanismo di squadra già fragile, ad un prezzo comunque contenuto. L’incapacità del classe ’84 di essere costante, soprattutto con l’età che avanza velocemente, sta portando i Mavericks a cercare disperatamente un’alternativa, provando ad esempio a forzare una trade con Miami per ottenere Goran Dragic. L’arrivo di Seth Curry dai Kings per due anni a 6 milioni di dollari, che aggiunge un buon tiratore dall’arco (45% l’anno passato) in rotazione, e l’ottima scelta di A.J. Hammons al Draft con la numero 46, sono le ultime novità della scarna offseason, al momento. Il centro da Purdue ha grande prestanza fisica ed è abilissimo nei pressi del ferro, anche se non sembra avere una grande attitudine al duro lavoro ed è per questo scivolato fuori dal primo giro. Una scommessa, come tante altre per questi Mavericks, alla disperata ricerca di una speranza per tornare, guidati da Nowtizki, ai fasti di qualche anno fa.