I nuovi Rockets ripartono da D’Antoni, Anderson e Gordon

0
1238

5 partite di playoff del primo turno, perso 4-1 contro i Golden State Warriors, dopo una stagione difficilissima con la post season raggiunta nell’ultima partita soffrendo veramente tanto. Questo è stato il principale motivo per cui gli Houston Rockets hanno deciso di cambiare un po’ volto, cambiando l’allenatore e rompendo il salvadanaio per cercare di rinforzarsi, per puntare ai playoff la prossima stagione.
La scelta da parte del GM Morey di affidarsi a Mike D’Antoni, salutando così Bickerstaff, nasce dalla volontà di esasperare ancora di più il concetto statistico che il general manager sta portando avanti da anni, secondo il quale gli unici tiri da prendere sono quelli al ferro e quelli da 3 punti, lasciando stare tutte le zone intermedie e soprattutto aumentando vertiginosamente il numero di possessi. Ecco che quindi la filosofia “Seven seconds or less” D’Antoniana si sposa benissimo, anche se per portarla avanti ci vogliono anche gli interpreti giusti.

Chi non poteva quindi far parte di questo nuovo corso è Dwight Howard che da free agent ha scelto gli Atlanta Hawks (Houston non ha mai fatto un’offerta di rinnovo per trattenerlo) ed il posto di centro titolare verrà quasi sicuramente preso da Clint Capela che la scorsa stagione è stata forse uno delle poche note positive dei texani. Per lo spot di ala grande, invece, Motiejunas ha sofferto per infortuni tutto l’anno (ma con D’Antoni potrebbe tornare utile) e Terrence Jones è stato letteralmente dimenticato ed entrambi sono restricted free agent quindi potrebbero non rimanere. Ecco che allora la dirigenza ha fatto uno sforzo economico importante per convincere Ryan Anderson a lasciare i Pelicans e firmare un contratto da 4 anni per 80 milioni di dollari totali. Un’aggiunta importante nella metà campo offensiva, che regala un 4 capace di bombardare la retina da fuori area, aprendo il campo e colpendo in transizione, un giocatore perfetto per il sistema D’Antoni.

Negli spot di ala piccola, guardia e playmaker, invece, confermati Ariza, Brewer, Harden e Beverley, che verranno affiancati come esterni dall’altro colpo di mercato dei Rockets: Eric Gordon, anche lui ex Pelicans, firmato con un quadriennale da 53 milioni di dollari. Un altro tiratore e un attaccante a disposizione del coach, ma anche un giocatore davvero incline all’infortunio, che nelle ultime stagioni non ha mai giocato più di 64 partite (45 lo scorso anno).

Anderson e Gordon sono due addizioni comunque davvero notevoli per l’attacco dei nuovi Rockets, ma il problema neanche lo scorso anno era quella metà campo, ma quell’altra, quella difensiva, dove troppi giocatori non erano in grado di tenere il proprio uomo e dove il livello di attenzione era davvero basso.
D’Antoni, per altro, non è per niente conosciuto per la sua capacità di costruire una squadra difensiva e le ultime Finals NBA hanno fatto chiaramente capire che, se il miglior attacco non riesce ad essere sostenuto da una difesa fisica e attenta, l’Anello va molto probabilmente agli avversari.

La strada per i Rockets sarà quindi da subito in salita, perché se far proprie le idee offensive dell’ex Suns e metterle in pratica non sarà difficile, costruire un’idea difensiva invece sì, e molto, soprattutto dovendo aggiungere i due nuovi arrivati (Gordon quando è sano è anche un buon difensore sulla palla, Anderson invece è pessimo). Dare la palla al barba Harden e sperare non basta più, per centrare i playoff nella Western Conference l’anno prossimo servirà molto di più, e forse Anderson e Gordon non sono quello che basta.