Rivoluzione Riley: scaricato Wade, Whiteside e Dragic nuovi leader degli Heat

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Hassan Whiteside - © 2016 twitter.com/MiamiHEAT
Hassan Whiteside – © 2016 twitter.com/MiamiHEAT
Tenaci, rocciosi, coraggiosi, esaltanti: i Miami Heat che hanno concluso la stagione 2015/2016 in gara 7 delle Semifinali di Conference, andando ben oltre le loro reali aspettative, non sembrano aver rappresentato una nuova generazione di talenti, quanto più l’ultimo scampolo di orgoglio dei ragazzi che un tempo dominavano qualsiasi parquet al fianco del Prescelto. Logorati dall’inesorabile scorrere del tempo, di quegli Heat se ne sarebbero ben presto perse le tracce; Pat Riley, maestro di basket, nonché presidente della franchigia, ha dovuto sobbarcarsi l’onere e le inevitabili critiche della ricostruzione di un team che lui stesso ha portato a toccare picchi di successo difficilmente eguagliabili.

LA FREE AGENCY

Non fosse per il prestigio e la rinomanza che il nome Riley si porta dietro, il tentativo di portare Kevin Durant a Miami nel corso di questa free agency non avrebbe avuto modo di esistere. Infatti, rispetto al 2010, anno in cui Pat riuscì a strappare Lebron James alla nutrita concorrenza, attualmente il roster è carente di grandi campioni che possano convincere i pezzi pregiati ad abbracciare il progetto Heat, riguardo ad altre franchigie ben più competitive.
Tuttavia, la calda estate che ha coinvolto la Florida sportiva non si ferma al fallimento della corsa a KD35, ma si estende ad una profonda quanto sconvolgente rivoluzione tecnica che ha portato diversi giocatori ad abbandonare Palm Beach. E’ stato il caso di Luol Deng, emigrato da una sponda all’altra degli States direzione Los Angeles Lakers; oppure Joe Johnson, arrivato pochi mesi prima per accrescere la qualità del roster in vista dei playoff, ma fin da subito restio a prolungare la sua permanenza in Florida; soprattutto, però, è il caso di Dwyane Wade, capitano e bandiera di una franchigia che sembra avergli voltato le spalle proprio al tramonto di una gloriosa carriera. Scaduto il suo contratto, infatti, Flash si sarebbe aspettato una considerazione maggiore di quella effettivamente ricevuta dalla dirigenza della squadra con cui ha disputato tutta la sua carriera NBA; invece, nonostante le sbalorditive statistiche che lo hanno accompagnato durante l’ultima stagione (circa 20 punti e 5 assist a partita), sul suo oneroso rinnovo hanno pesato la carta d’identità (34 anni), le sue condizioni fisiche da tempo precarie e la sua richiesta di un triennale da 20 milioni di dollari annui. D-Wade è così tornato a Chicago, sua città d’origine, spezzando il cuore dei suoi fans che a più riprese hanno chiesto la testa di Pat Riley. Il presidente Heat dal canto suo, pur mostrando un sincero dispiacere, ha agito razionalmente, evitando di ingolfare il salary cap con un giocatore legato da anni a considerevoli problemi fisici e ormai giunto in prossimità del traguardo di fine carriera.

In ultima analisi, alle partenze fin ora citate, potrebbe aggiungersi quella di Gerald Green, guardia con notevole impatto in uscita dalla panchina (9 punti di media), in procinto di legarsi nuovamente ai Celtics, franchigia che nel 2005 lo aveva lanciato nel panorama NBA.

A fronte dei numerosi addii, la dirigenza ha deciso di operare nella direzione di un sostanziale, tuttavia oneroso, ringiovanimento del roster. Il principale movimento effettuato da Riley in questa sessione è stato il prolungamento di Hassan Whiteside, la cui firma quadriennale costerà alle casse degli Heat la bellezza di circa 100 milioni di dollari. Vicino al passaggio ai Mavs, il centro di Gastonia ha preferito proseguire la sua carriera nella squadra che lo ha lanciato nel grande basket; dal canto suo, Miami, pur pagando una cifra spropositata per un giocatore più che discreto, ha dimostrato di puntare concretamente sui margini di crescita del 27enne.

Riley ha parlato della sua firma:

“Siamo fortunati ad averlo. Abbiamo visto abbastanza in questi due anni per dire che è un talento unico. Sentiamo di aver fatto un buon investimento, crediamo sia una parte essenziale della nostra squadra. Hassan rinforza la nostra difesa, migliorerà anche in attacco e troverà maggiore fiducia.”

Il vuoto lasciato da Wade nel ruolo di shooting guard è stato colmato, in parte, dall’arrivo di Dion Waiters, ex OKC accasatosi in Florida con un annuale da circa 3 milioni di dollari più una player option analoga per il secondo. Un colpo a buon mercato visto che Waiters negli anni ha dimostrato di essere un giocatore con punti nelle mani se deve giocare con il pallone in mano, e non da spot-up shooter. E a Miami questa possibilità ci dovrebbe essere.

Prima di lui, Riley aveva confermato a suon di milioni (50 per 4 anni) Tyler Johnson e acquisito Wayne Ellington da Brooklyn, a dimostrazione che palloni e minuti giocati da Wade saranno ripartiti fra una moltitudine di giocatori, a cui va ad aggiungersi il già presente Josh Richardson.
Il frontcourt, sul quale pende l’incognita Bosh, è stato rimpolpato dagli arrivi di Derrick Williams e Willie Reed, in esubero dalle due franchigie della Grande Mela, e da Luke Babbitt.

IL FUTURO

Difficile aspettarsi più di una settima-ottava piazza dai nuovi Miami Heat. Troppo pesante l’eredità di Wade in termini tecnici e psicologici, troppo nutrita la concorrenza alle spalle dei Cavs, soprattutto troppo importante la presenza di Chris Bosh, vero ago della bilancia della prossima stagione. Affetto da gravi problemi di salute, la piena utilizzabilità di CB1 è fortemente in bilico e difficilmente, se non impossibile, da rimpiazzare. Le uniche certezze presenti nel roster guidato da coach Spoelstra sono Whiteside e Dragic. Il playmaker sloveno, liberatosi dall’ingombrante presenza di Flash, potrà essere libero di dirigere gli schemi offensivi così come era abituato a fare un paio di stagioni or sono a Phoenix; tuttavia, mancano affidabili catch&shooter sul perimetro in grado di raccogliere i suoi scarichi.
Grandi speranze sono riposte nel sophomore Justise Winslow, esterno polifunzionale e abile sui due lati del campo che alla sua prima stagione ha dimostrato di saper difendere egregiamente sia sul perimetro che sotto le plance. Se, oltre alle abilità difensive, riuscirà ad affinare discretamente quelle offensive riuscendo a diventare un giocatore da 15 punti ad allacciata di scarpe (ma soprattutto un tiratore migliore), gli Heat potranno dire la loro anche nella prossima stagione.

Ne è sicuro anche Pat Riley:

“Il nostro piano è come sempre quello di lottare per entrare nei playoff e non credo ci siano dubbi sul fatto che potremo farlo anche quest’anno.”