Brooklyn Nets col modello Spurs ma il futuro è un rebus

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Qualcosa, anzi molto di più, è andato storto nei progetti di Mikhail Prokohorov, il magnate russo che nel 2009 comprò gli allora New Jersey Nets. I progetti erano ambiziosi, il trasferimento a Brooklyn, la nuova arena, il Barclays Center, e un super team in grado di vincere titoli su titoli. L‘NBA però non è il calcio dell’amico Abramovich e certe scelte, su tutte la famosa trade coi Boston Celtics del giugno 2013 per avere Garnett, Pierce e Terry, hanno condizionato gli ultimi anno e stanno pesantemente bloccando la ricostruzione. Il guaio per i Nets è che peseranno anche per altri due anni almeno.

Visto che sul mercato non si può operare e non ci sono scelte al Draft da sfruttare, nonostante un record pessimo (21-61 e pick numero 3 che prende la strada di Boston), i Brooklyn Nets hanno deciso di ristrutturare tutto il management e il coaching staff. Ovviamente il riferimento per ripartire sono i San Antonio Spurs e così Prokhorov, dopo aver silurato Billy King (bene ma non proprio benissimo…), ha scelto come general manager Sean Marks, neozelandese ex giocatore proprio agli Spurs e cresciuto come dirigente alla bottega di RC Buford. Tra i tanti volti nuovi diversi dirigenti e giocatori passati dall’Europa e con legami a San Antonio: su tutti Trajan Langdon, l’assassino dell’Alaska, guardia da Duke che ha crivellato le retine del Vecchio Continente con le maglie di Treviso e Cska Mosca per Ettore Messina, e che dal 2012 al 2015 è stato scout per i neroargento, che sarà l’assistente GM.

Marks, Langdon, Prokhorov, Russia, Cska Mosca, San Antonio. Questi indizi portavano a pensare che il coach sarebbe potuto essere Ettore Messina e invece la scelta è caduta su Kenny Atkinson, alla prima esperienza da capo allenatore, che è reduce da varie esperienze anche internazionali – assistant coach Racing Parigi e per le nazionali di Georgia, Ucraina e Repubblica Dominicana – e che ha affiancato al fianco di grandi allenatori come Jeff Van Gundy ai Rockets, Mike D’Antoni ai Knicks e Mike Budenholzer (riecco gli Spurs..) nelle ultime stagioni agli Atlanta Hawks. Al suo fianco avrà Chris Fleming, che è anche il ct della Germania, Jacque Vaughn, ex capo allenatore a Orlando (ed ex giocatore e assistente a San Antonio), e Mike Batiste, ex giocatore simbolo del Panathinaikos.

Dei Brooklyn Nets che guardano molto al di fuori degli Stati Uniti e che nella loro famiglia hanno accolto anche un italiano. Come detto non è Messina ma è Gianluca Pascucci! Il dirigente emiliano, ex general manager dell’Olimpia Milano e per 6 anni scout NBA, ha lasciato gli Houston Rockets dove era vice del GM Darryl Morey ed era alla guida dei Rio Grande Valley Vipers, la franchigia di D-League dei Rockets. A Pascucci è stato affidato il ruolo di capo dello scouting a livello mondiale della franchigia, una carica di tutto rispetto per il dirigente italiano.

Ecco, fin qui bene, ora le note dolenti ovvero il roster che proprio coach Atkinson dovrà dirigere. La stella, contratto alla mano visto che è a libro paga per altri 44 milioni in due anni, è il centro Brook Lopez, uno dei reduci del progetto super team con Garnett e Pierce. Poca roba visto che il gemello di Robin è una macchina da statistiche – 20 punti, 8 rimbazi e 2 stoppate a sera l’anno scorso – ma non certo il modello di giocatore franchigia. C’è Bojan Bogdanovic, realizzatore croatp che lo scorso anno ha piazzato anche una prova da 44 punti ma non è certo una stella. Ci sono giovani interessanti come Rondae Hollis-Jefferson, la guardia Sean Kilpatrick, sorprendente dopo essere stato raccattato dalla D-League (14 di media col 36% da tre in 26 gare l’anno passato), il lungo Chris McCullough (infortunato la passata stagione), i rookies Isaiah Whitehead, guardia locale da Seton Hall, e Caris LeVert, prima scelta ottenuta spedendo a Indiana Thad Young, talento molto interessante da Michigan, esterno di 2 metri con tiro e visione di gioco, ma con l’incognita delle tre operazioni al piede negli ultimi 2 anni.

Sul mercato sono stati presi giocatori di esperienza come la guardia Randy Foye, il play venezuelano Greivis Vazquez e l’ala argentina Luis Scola, tutti firmati con un contratto di un anno, più l’esplosiva ala Trevor Booker ex Jazz (18 milioni in 2 anni…) e soprattutto Jeremy Lin, che torna nella Grande Mela dove esplose la Linsanity ma con una maglia diversa da quella dei Knicks. A lui probabilmente le chiavi della squadra, un ruolo di leader in campo, di creare per sè e per gli altri. L’anno scorso a Charlotte ha fatto benino uscendo dalla panchina, riscattando le stagioni opache tra Lakers e Rockets. Ah, ai Nets hanno deciso di scommettere anche sul canadese Anthony Bennett, prima scelta assoluta del Draft 2013 per i Cavs che finora ha fallito ovunque tra Cleveland, Minnesota e Toronto.

Le prospettive sono tutt’altro che rosee, per i Nets è verosimile una stagione da non più di 15-20 vittorie proiettata alla Lotteria e al Draft 2017. Sfiga, Brooklyn non avrà scelte, sempre a causa delle trade scellerate del passato coi Celtics e con gli Atlanta Hawks per Joe Johnson. Nel 2017 Boston avrà il diritto di scambiare la sua scelta con quella dei Nets, e lo farà visto che molto probabilmente il pick dei bianconeri sarà molto alto e quello dei biancoverdi sarà molto basso verso la fine del primo giro; più la seconda scelta andrà agli Hawks. Anche nel 2018 la situazione è critica: la prima scelta dei Nets, prevedibilmente molto alta, sarà ancora di Boston mentre la seconda scelta sarà di Philadelphia o Charlotte. Soltanto dal 2019 i Brooklyn Nets potranno controllare i loro pick al Draft.

L’obiettivo in questi due anni è sistemare la situazione salariale, provare a scovare qualche giocatore nel sommerso, proprio come accaduto con Kilpatrick, e crescere come management con la nuova struttura dirigenziale. Saranno due anni molto difficili e pieni di sconfitte ma l’NBA, si sa, è una lega che concede a tutti possibilità di riscatto e allora dovranno essere bravi i Nets a coglierla e sfruttarla. Come hanno sempre fatto gli Spurs