Simmons chiude il “processo”: 76ers, è il momento delle risposte

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Ben SImmons - © 2016 facebook.com/Sixers
Ben SImmons – © 2016 facebook.com/Sixers
Quattro stagioni perdenti possono bastare! Si può riassumere adattando il titolo di una celebre hit di Lucio Battisti il pensiero dei tifosi dei Philadelphia 76ers e di tutti gli appassionati di NBA che, dopo aver visto la franchigia della Pennsylvania accumulare sconfitte e scelte al Draft per quattro anni, sperano che il famoso “process” avviato dal geniale ex GM Sam Hinkie sia terminato e con l’arrivo di Ben Simmons e diversi altri talenti si possa cominciare la risalita verso almeno la dignità, senza andare troppo in avanti con playoffs o quant’altro.

La prima scelta assoluta del Draft 2016 si è trasformata in Ben Simmons, il talento australiano ex LSU che assomiglia più di chiunque ad un futuro uomo franchigia. Sarà lui, fin da subito (anzi, lo è già da prima che venisse scelto…), l’uomo copertina dei nuovi 76ers dei Colangelos, papà Jerry e figlio Bryan: Ben presumibilmente avrà da subito palla in mano, come fu per LeBron James coi Cleveland Cavs nel lontano 2003, e potrà creare per sè e soprattutto per i compagni sfruttando quel ball handling e quella straordinaria visione di gioco che abbiamo ammirato prima al college e un paio di mesi fa nelle gare di Summer League. Sarà compito di coach Brett Brown, che lo conosce fin da bambino avendo allenato il papà in Australia, metterlo nelle condizioni migliori per essere subito importante e nascondere le sue lacune, su tutte il tiro in sospensione, soprattutto dall’arco.

I nuovi 76ers non sono solo Simmons, per quanto forte e importante, anche a livello mediatico (far parte della scuderia di Rich Paul e della Klutch Sports, agenzia che vanta anche LeBron James…). Dal Draft è arrivato anche l’esterno francese Thimotè Luwawu, il prototipo del 3&D, giocatore con atletismo e tiro da fuori che in Summer League ha mostrato subito una buona intesa con Simmons. Sul mercato sono stati presi due giocatori esperti come Jerryd Bayless, che porterà punti uscendo dalla panchina, e Gerald Henderson, difensore di razza sugli esterni e dotato di buon tiro da fuori, mentre dall’Europa arrivano due autentiche star a livello di Eurolega come Sergio Rodriguez e Dario Saric.

L’ala croata, classe 1994 e scelto al Draft 2014, arriva negli USA dopo due anni con luci e ombre all’Anadolu Efes: nessun dubbio sul suo talento, notevole per un 2.08 con gioco spalle e fronte a canestro, personalità da vendere, leadership, ball handling e visione di gioco sopra la media, ma mostrato solo a sprazzi. Al Preolimpico di Torino con la Croazia ha fatto onde e probabilmente quello è stato il momento in cui le parte hanno deciso per il trasferimento in America. Poco da scoprire su Rodriguez: il Chacho ha vinto tutto col Real Madrid e così aveva bisogno di nuovi stimoli. Phila lo ha convinto a tornare in NBA (c’era stato dal 2006 al 2010 ma senza incidere) con un contratto di un anno a 8 milioni di dollari: Rodriguez proverà ad essere un elemento importante sfruttando le sue doti di regista e anche il suo essere un assistman spettacolare.

E poi c’è il nucleo rimasto dalla passata stagione: l’atleta Jerami Grant, i tiratori Covington, Thompson e Stauskas, e la batteria di lunghi con Noel, Okafor e Joel Embiid che pare finalmente pronto a giocare dopo due stagioni intere a osservare i compagni a causa di svariati infortuni. Il centro africano da Kansas ha avuto il via libera dai medici e sarà a disposizione di coach Brown fin dalla preseason. Per quel che concerne Noel e Okafor, i due sono stabilmente sul mercato: Bryan Colangelo non ha mai nascosto l’intensione di cedere uno o tutti e due, e ci prova fin da prima del Draft quando avrebbe voluto il pick numero 3 dei Celtics. Da parte sua Noel sarebbe felice di vestire la maglia dei Celtics essendo originario della zona di Boston. I 76ers hanno bisogno di scambiare uno o due lunghi perchè sono davvero troppi e sono giocatori incompleti: Okafor nel suo anno da rookie ha mostrato lampi da grande attaccante ma spaesato in difesa come un cervo in tangenziale; viceversa Noel rimane un eccellente difensore in aiuto, grande rimbalzista e stoppatore ma in attacco è assolutamente grezzo e non sembra in grado di mettere su un gioco minimo per incidere.

Rookie year……. @drewhanlen #TrustTheProcess

Un video pubblicato da Joel Hans Embiid (@joelembiid) in data:

Il talento a disposizione di Brett Brown è buono anche se non sembra così facile da assemblare: l’impressione è che ci siano molti giocatori pericolosi con la palla in mano – Simmons, Saric, Rodriguez, arrivando ai lunghi Okafor e potenzialmente Embiid – e pochi che possono colpire “off the ball”. Inoltre in una NBA che va sempre più lo “small ball”, il campo molto allargato con lunghi che tirano da fuori e difese mobili che tendono a cambiare su tutti i blocchi, la presenza dei vari Noel,  Embiid e Okafor non sembra aiutare. Manca inoltre un vero attaccante perimetrale, uno scorer, un giocatore con tanti punti nelle mani nel reparto esterni: ci si potrebbe arrivare scambiando Okafor e/o Noel ma non è così semplice.

Ad oggi si possono immaginare i 76ers con un quintetto con Ben Simmons stabilmente da numero 4 alla Draymond Green, un giocatore che avvia l’azione partendo da rimbalzo difensivo e porta la palla dall’altra parte per attaccare da subito. Con lui un solo lungo tra Noel, Embiid e Okafor (il primo sembra il più adatto per doti difensive e di rim protector), e tre esterni con Bayless o Rodriguez, Gerald Henderson e Robert Covington. Dalla panchina Saric, Luwawu, Thompson, Grant e gli altri… Sulla carta non sembra granché, non è facile immaginare una stagione da più di 15-20 vittorie, ma se Ben Simmons riesce ad essere subito importante e coach Brown a costruire un sistema efficace, ecco che Philadelphia potrebbe essere una piacevole sorpresa. Altrimenti i Colangelos dovranno iniziare a guardare video di partite NCAA attendendo giugno 2017