I protagonisti della settimana NBA: Clippers e Lakers provano a far sognare Los Angeles

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Los Angeles sta facendo le prove generali per mantenere le promesse che le sue due squadre si stanno ripetendo ormai da anni: vincere, vincere, vincere per i Clippers, detentori al momento del miglior record NBA nonostante la sconfitta contro i Grizzlies (10-2), ricostruire finalmente una squadra competitiva su basi solide per i Lakers, che non si possono proprio lamentare delle prime 12 uscite di quest’anno (7-5). Sembra una favola, soprattutto per le dinamiche su cui è costruita, ma è realtà.

Los Angeles Clippers - © 2016 twitter.com/LAClippers
Los Angeles Clippers – © 2016 twitter.com/LAClippers

Partiamo con il dato più eclatante: i Clippers sono la miglior difesa della Lega, subiscono la miseria di 93.8 punti a partita ed appena 94.6 ogni 100 possessi. Da quando coach Doc Rivers è arrivato in città, la costanza nel rendimento offensivo aveva completamente oscurato il dato difensivo, che spesso, però, era costato loro la sconfitta. Oggi la sponda meno fortunata di Los Angeles è in grado di tenere Damian Lillard e C.J. McCollum ferma a quota 16 punti totali, Luc Mbah a Moute è in grado di zittire Kawhi Leonard e fermarlo ad un pessimo 3/13 al tiro e Marresse Speights sta avendo un ruolo decisivo dalla panchina nel sostituire il dominante DeAndre Jordan. Partendo proprio dalla panchina, l’ex Warriors è uno dei sei giocatori oltre i 9 punti di media (9.2) e, nel quarto d’ora scarso in cui è impiegato, mette in campo fisicità ed esperienza, tutto ciò che era mancato negli anni passati. Jamaal Crawford non si è mai discusso, ma ora anche Raymond Felton, uno stabile backup che possa condurre l’attacco e far respirare Chris Paul, e Brandon Bass, un discreto tiratore per mettere in allarme le difese avversarie, giocano un ruolo decisivo.

Blake Griffin - © 2016 twitter.com/NBA
Blake Griffin – © 2016 twitter.com/NBA

E poi ci sono quei tre, o meglio quattro. Paul è dato come il più quotato, al momento, per il titolo di MVP stagionale, ma per lui tutto dipenderà dal record di squadra, anche se 18.3 punti, 5.2 rimbalzi, 8.3 assist e 3.1 palle rubate a partita di certo non passano inosservate. Blake Griffin sta tirando male per i suoi standard, con il 48.4% dal campo ed il 14.3% da oltre l’arco, ma finché mette insieme 20.6 punti e 9.3 rimbalzi, con un plus/minus di +15.6 quindi nessuno può avere di chi lamentarsi. Per avere un’idea di quanto stia dominando Jordan non servono statistiche su rimbalzi (12.5) o stoppate (1.8), ma uno molto più esplicativo: +26 di net rating ogni 100 possessi, con un strepitoso 88.8 in termini di defensive rating. Numeri che, se mantenuti fino al termine dell’annata, gli garantiranno il premio di miglior difensore a mani basse. E poi c’è J.J. Redick, che, su quasi 5 tentativi a partita da oltre l’arco, tira con il 46.6% da tre punti. Al momento non è possibile sapere se la magia continuerà fino al termine della stagione, ma le premesse sono quelle che i Clippers hanno sempre sognato.

Basta poco per rendersi conto che qualcosa è cambiato in casa Lakers. La perdita di Kobe Bryant ha lasciato la squadra senza il proprio punto focale. L’arrivo in panchina di Luke Walton, però, non soltanto ha permesso che il gruppo non si perdesse, ma ha anche garantito l’inizio di una nuova era. Se i gialloviola sapranno muoversi con criterio sul mercato e mettere le mani su un paio dei tanti giocatori di livello assoluto che saranno disponibili, la risalita verso i playoff sarà ancora meno impervia. Il record attuale non deve trarre in inganno, perché spesso hanno affrontato squadre di dubbio valore ed in alcuni casi le prestazioni non hanno comunque convinto, ma il team ha ripreso a vincere con regolarità ed è già un mezzo miracolo considerando ciò che è accaduto nell’ultimo triennio. Il miglioramento più evidente e sorprendente è avvenuto offensivamente: i Lakers sono il secondo miglior attacco in NBA ad oggi con 110 punti segnati a partita (107.1 ogni 100 possessi) ed hanno ben sei giocatori oltre i 13 punti di media, con altri cinque, poi, ad andare oltre quota 5.5 a partita, a dimostrazione anche di una profondità inedita per il roster del recente passato.

Julius Randle - © 2016 twitter.com/lakers
Julius Randle – © 2016 twitter.com/lakers

E tutto questo con Brandon Ingram, l’uomo della rinascita e scelta n° 2 allo scorso Draft, ancora ai margini, con 6.9 punti e 3 rimbalzi nei 22 minuti in cui viene impiegato di media. I punti sono nelle mani delle quattro temibili guardie che si possono alternare sul parquet: Lou Williams, Jordan Clarkson, Nick Young e, soprattutto D’Angelo Russell. I suoi 16.8 punti a partita, con un ottimo 39% da oltre l’arco, cui aggiunge 3.4 rimbalzi e 4.7 assist, rappresentano un miglioramento notevole rispetto all’anno da rookie, ma i passi in avanti si sono visti anche a livello caratteriale e di leadership. E poi non ci si dimentichi di Julius Randle, unico Laker di sempre insieme a Magic Johnson a siglare una tripla-doppia (anzi, due) prima di compiere 22 anni, in grado di darsi da dare il proprio contributo in ogni aspetto del gioco e prototipo del big man contemporaneo. Walton, nonostante sia l’allenatore più giovane attualmente con i suoi 36 anni, sta dirigendo le operazioni con la forza e la qualità di un veterano e sta provando a costruire una versione in piccolo di quei Warriors che ha aiutato a rendere squadra da 73 vittorie in regular season. La chimera sul futuro dei Lakers potrebbe avere i giorni contati.