I protagonisti della settimana NBA: i Grizzlies artigliano l’Ovest, Mavericks a picco

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Una squadra è all’inseguimento dell’élite della Western Conference, alle spalle soltanto di Clippers, Warriors e Spurs, che, com’era pronosticabile, quest’anno faranno storia a sé. Certo però non ci si può lamentare di un record di 10-5, con una striscia vincente aperta di sei vittorie consecutive. L’altra squadra giace sul fondo del barile ad Ovest, molto più in basso di tutte le franchigie date per spacciate ad inizio anno ed anche di quei Timberwolves che non hanno ancora finito di sorprendere (in negativo). Due vittorie su 14 partite giocate e striscia di sette sconfitte in fila pronta a continuare. Assai diversa l’atmosfera a Memphis e a Dallas in questo momento, vero?

Mike Conley - © 2016 twitter.com/memgrizz
Mike Conley – © 2016 twitter.com/memgrizz

La vittoria nel doppio overtime contro i Sixers, alla ricerca della terza gioia consecutiva in una striscia che non si vede da oltre tre anni, ha dimostrato che questi Grizzlies sanno soffrire e sanno portare a casa la partita anche quando la faccenda si complica. Non che ne abbiano avuto particolarmente bisogno ultimamente, considerano che i successi contro Hornets, Timberwolves e gli stessi Mavericks sono arrivati con almeno 15 punti di scarto. I Jazz sono caduti nel finale, mentre contro i Clippers la prestazione corale è stata clamorosa ed ha consentito di sbancare Los Angeles contro la squadra più convincente vista finora in regular season. Memphis, comunque, sembra non aver ancora mostrato tutto il proprio potenziale. O meglio, il gioco resta fondato su una difesa ferrea, la terza migliore in tutta la NBA con appena 96.8 punti subiti a partita, mentre l’attacco spesso fatica a carburare e a produrre gioco, come dimostrano i 97.9 punti su 19.9 assist di media, entrambi dati da 25esimo posto assoluto.

Il cuore della squadra è quel Mike Conley che, se certo non può più dirsi underpaid, resta incredibilmente ancora underrated nel novero delle point guard della Lega. “E’ uno di quei ragazzi che è migliorato costantemente, anno dopo anno, nel modo in cui guida la squadra con la sua leadership” ha detto coach Tim Thibodeau dopo che i tuoi T-Wolves sono stati schiacciati dai Grizzlies. Lo stesso Conley definisce la sua situazione “frustrante“, ma, se è vero che è difficile trovare visibilità da All-Star per una guardia ad Ovest, i suoi 19.6 punti, con uno spaziale 48.7% da tre su quasi 5.5 tentativi a partita, 5.9 assist e 1.5 palle recuperate di media non potranno lasciarlo lontano dai radar ancora a lungo. A proposito di rendimento da oltre l’arco, come non parlare dello spaventoso miglioramento di Marc Gasol, capace di un 42% su quasi 4 tentativi a partita, a completare un rendimento sui due lati del campo tra i migliori in NBA, come dimostra il +7.4 di net rating, il più alto di squadra dopo il +7.9 di Conley. Con Zach Randolph, JaMychal Green e Vince Carter a pieno regime, si attendono Tony Allen e Chandler Parsons ai massimi livelli per completare un roster con cui si può sognare. Quanto in grande è ancora da definirsi.

Ci si poteva aspettare una stagione complessa per i Mavericks dopo il buio della offseason, ci si poteva aspettare che mancassero i playoff appena per la seconda volta negli ultimi 17 anni, ma il disastro visto finora era francamente impossibile da pronosticare. E’ un dato di fatto che la squadra finora abbia potuto contare su appena quattro giocatori per tutte le 14 partite giocate e di questi il solo Harrison Barnes sta dando un contributo notevole. E’ senz’altro vero che Dirk Nowitzki inizia a mostrare tutti i segni dell’età, ha visto il parquet in appena quattro occasioni, con 11.5 punti e 6.5 rimbalzi in soli 26 minuti di media e deve ancora festeggiare la prima vittoria quest’anno. Resta comunque difficilmente difendibile una squadra ultima per punti segnati a partita, la miseria di 91.6, per rimbalzi raccolti (40.5) e per assist (17.3), a dimostrazione che sono molti gli ingranaggi a non funzionare. E le sette sconfitte in fila contro Warriors, Knicks, Celtics, Grizzlies, Magic, Spurs e Clippers hanno fatto crollare ogni ambizione a Dallas.

Harrison Barnes - © 2016 twitter.com/dallasmavs
Harrison Barnes – © 2016 twitter.com/dallasmavs

L’unica nota lieta per i Mavericks finora è stato il rendimento di Barnes, che gioca quasi 38 minuti a partita ed ha imparato ad essere costante nel proprio rendimento, con 21.2 punti a partita con il 47% dal campo, cui aggiunge 5.8 rimbalzi ed appena 1.5 palle perse. Resta da migliorare il 31% da oltre l’arco, ma finora vale l’investimento profuso in estate per ottenerlo. Per il resto si salvano i 16.3 punti a partita, con il 41% al tiro ed il 38% da oltre l’arco di José Barea, che resta anche l’unico a provare a costruire un minimo di gioco offensivo con i suoi 5.4 assist. Per il resto, si contano soltanto delusioni. Wesley Matthews non è più la minaccia di Portland dal perimetro, raccoglie un misero 33% su ben 7.6 tentativi a partita, Deron Williams si aggiunge a Nowitzki nel passare più tempo in infermeria piuttosto che in campo, Andrew Bogut ha 25 minuti di autonomia, in cui raccoglie 10 rimbalzi di media, ma ha perso brillantezza offensiva, mentre Justin Anderson e Dwight Powell non sono pronti a prendersi la squadra sulle spalle. Un crollo verticale, insomma. Sapranno rialzarsi?