La fragile e sofferta rinascita di Chris Bosh: career’s over?

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Rebuilt - © 2016 twitter.com/chrisbosh
Rebuilt – © 2016 twitter.com/chrisbosh
Il 23 settembre scorso i Miami Heat annunciano che Chris Bosh non ha superato i test fisici necessari per partecipare al training camp in vista della prossima regular season NBA. “Non è possibile far tornare Chris all’attività sportiva e non esiste una timetable certa per il suo rientro”. L’11 volte All-Star, campione NBA con la franchigia nel 2012 e nel 2013, aveva dichiarato una settimana prima che “nulla” l’avrebbe tenuto lontano dai parquet e che era pronto a giocare. La tenacia e la volontà di non mollare di fronte ad alcun ostacolo, anche nel più encomiabile dei casi, però, non sempre bastano di fronte ad un destino beffardo e quanto mai indigesto all’intero mondo del basket.

Il coagulo di sangue che dal polpaccio era risalito al polmone aveva spaventato tutti a seguito dell’All-Star Game del 2015 a New York, non soltanto per la possibilità che mettesse fine alla sua carriera, ma anche per il timore che potesse rischiare la vita. Dopo lo scampato pericolo, Bosh era rientrato repentinamente ad altissimi livelli nella passata regular season, mettendo insieme 19.1 punti e 7.4 rimbalzi fino allo scorso 9 febbraio, guidando da leader la propria squadra nei pressi della vetta di Eastern Conference e dimostrando di poter essere ancora decisivo, non soltanto nella singola partita, ma anche sul lungo periodo. Poi, il secondo e più fragoroso crollo. A livello fisico molto meno del primo, in quanto il coagulo di sangue, esteso al solo polpaccio, è stato presto debellato. In termini psicologici, però, saltare i playoff ed essere dichiarato nuovamente a rischio ha colpito nel profondo il nativo di Dallas. Il quale, però, non ha mollato e per tutta l’estate si è sottoposto a controlli ripetuti per monitorare la propria situazione, oltre a rilasciare un documentario in cinque parti per Uninterrupted, una piattaforma simile alla più conosciuta The Players’ Tribune, sulla delicatissima sofferenza che lo vede coinvolto. E che, come ha dichiarato Pat Riley, attuale presidente degli Heat, senza mezzi termini, molto probabilmente potrebbe portare al ritiro del giocatore dal basket giocato.

"Non si tratta di decidere se tornerò a giocare,   si tratta di decidere quando" - © 2016 twitter.com/chrisbosh
“Non si tratta di decidere se tornerò a giocare, si tratta di decidere quando” – © 2016 twitter.com/chrisbosh

L’ex Raptors, però, non sembra per nulla intenzionato a chiudere qui: “La mia carriera con gli Heat sarà pure finita, ma la mia carriera in NBA no“. La determinazione di Bosh fa capire che si sente ancora troppo dentro questo mondo per abbandonare tutto senza prima aver tentato di percorrere ogni strada possibile. Per ciò che il giocatore ha dato a Miami, un apporto decisivo insieme con LeBron James e Dwayne Wade per la conquista dei due titoli consecutivi di qualche anno fa, il trattamento della franchigia è stato riprovevole, ma potrebbe provare a mettere in luce la verità dei fatti senza nascondersi dietro false speranze. La situazione di Bosh è tremendamente fragile e, se è vero che “esistono altre 29 squadre e l’opinione dell’una non pregiudica quella di tutte le altre“, è altrettanto palese il fatto che se il coagulo dovesse ripresentarsi una volta tornato all’agonismo, la situazione potrebbe aggravarsi e porterebbe al ritiro immediato senza alcuna possibilità di replica. La National Basketball Players Association sta monitorando da vicino il caso di Bosh e, nel caso si dichiari pronto a rientrare nel 2017 senza aver risolto la situazione con Miami, si interverrà per risolvere il caso. C’è, però, da aspettare il consenso medico, l’enorme ostacolo che lo spirito mai domo del classe ’84 non può sconfiggere.

I discorsi intorno al possibile e probabile futuro all’interno della Hall of Fame interessano i tifosi, coloro per cui è stato un idolo, un esempio, un leader tanto sul parquet, quanto nell’affrontare questo male che lo perseguito. Per Chris Bosh, però, il vero riconoscimento da chiedere alla vita sarebbe, semplicemente, ritornare a fare ciò che più ama, giocare a basket.