NBA: Ray Allen dice addio, il più poetico tiratore di sempre

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Ray Allen Verosimilmente si era ritirato un anno e mezzo fa al termine della stagione 2013-14 quando i Miami Heat vennero spazzati via 4-1 nelle NBA Finals dai San Antonio Spurs, ufficialmente è arrivato solo ora l’annuncio del ritiro di Ray Allen. La guardia classe 1975 ha scelto il popolare The Player’s Tribune per far sapere a tutti il suo addio con una lettera rivolta a sè stesso 13enne e si aggiunge ai vari Bryant, Duncan e Garnett che hanno deciso di smettere in questo 2016. Walter Ray Allen è stato “poesia in movimento“, il tiratore più pulito, sinfonico e meccanicamente perfetto della storia.

Dopo due anni sabbatici, con tanti rumors che lo avrebbero voluto ancora in campo a Miami, a Cleveland con LeBron James o ai Golden State Warriors, Allen ha detto ufficialmente basta. Il ragazzo nato in California ma cresciuto girando gli Stati Uniti e l’Europa a seguito del padre militare, ha descritto in questa lettera la sua vita fin da bambino, dove il filo conduttore in tutti i suoi spostamenti è stato l’amore per il gioco, un’ossessione per il lavoro simile a quella di Kobe Bryant che lo ha portato fino all’ultimo giorno della carriera – e anche dopo… – a seguire un’incredibile routine per essere sempre vicino alla perfezione nella sua incredibile esecuzione. Così scrive Allen al 13enne Ray su The Player’s Tribune:

Lo so, vuoi sapere qual è il segreto per avere successo in NBA. Il segreto è che non c’è nessun segreto. Sono semplicemente le solite, vecchie noiose abitudini. Ma questo sport non è un film. Non si tratta di essere l’uomo che risolve il quarto periodo. Non riguarda le chiacchiere. Questo sport si basa sul lavoro quotidiano, soprattutto quando nessuno sta guardando“.

Allen è arrivato in NBA nel 1996 nel famoso Draft con Allen Iverson, Kobe Bryant e Steve Nash (solo per citarne alcuni…) dopo 4 anni trascorsi a Storrs, sede di University of Connecticut, dove ha giocato per coach Jim Calhoun. Sei stagioni e mezzo ai Milwaukee Bucks, con la finale di Conference 2001 persa contro i 76ers di un mostruoso Allen Iverson, poi 4 anni a mezzo a Seattle dove coi SuperSonics si afferma come stella assoluta. Nel giugno 2007 la trade coi Boston Celtics e la nascita dei Big Three con Garnett e Pierce: arriva il primo titolo della carriera, poi nel 2010 la finale persa a gara 7 contro i Lakers. Nell’estate 2012, da free agent, lascia Boston e firma con gli acerrimi rivali dei Miami Heat dove va a fare lo specialista nella squadra di LeBron James, Wade e Bosh. Si rivelerà decisivo perchè, oltre a tutto il resto, firma “The Shot”, la tripla dall’angolo che vale il pareggio in gara 6 contro gli Spurs e che darà ai Miami Heat la gara 7 e di conseguenza il titolo, il secondo della sua carriera. L’anno successivo arriva la sconfitta in finale sempre con San Antonio e decide di prendersi un anno sabbatico. Diventano due, poi il ritiro.

2 titoli, 10 volte All Star, il titolo della gara dei tre punti all’All Star Game 2001, più l’oro olimpico a Sydney 2000 con Team USA. Questo palmarès non dice come Ray Allen abbia cambiato il gioco e la percezione del tiro da tre punti in un’epoca, gli anni 2000, in cui non era minimamente dominante come ora. Allen ha trasformato la “tripla”, e il jump shot in generale, in un’arte, un movimento perfetto e sempre uguale frutto di lavoro e maniacale routine. Con una concentrazione e un lavoro di piedi senza eguali, aggiunti alla capacità di muoversi lontano dalla palla in modo unico. Questo è Ray Allen, “poesia in movimento“, un giocatore da 1300 gare giocate in carriera con 19 punti di media, col 45% al tiro, il 40% da tre, l’89.4% ai liberi e con la cifra All Time NBA di 2973 triple realizzate!

Ray Allen è stato poesia anche lontano dal campo da basket, precisamente sul set cinematografico. Inevitabile che sia diventato un idolo degli appassionati anche per il ruolo di protagonista nel film “He Got Game” di Spike Lee, una pellicola drammatica del 1998 con Denzel Washington e Milla Jovovich in cui Allen interpreta il ruolo di Jesus Shuttleswoth, stella di un liceo di Coney Island che deve decidere tra il college di Big State, per permettere uno sconto di pena al padre detenuto per aver ucciso la madre, o il salto diretto nella NBA. Un film imperdibile per gli amanti del genere e che ha lasciato ad Allen i soprannomi di “He Got Game” e “Jesus”.

Un altro giocatore degli anni Novanta che ci ha fatto innamorare della pallacanestro appende le scarpe al chiodo. Thank you Ray, thank you Jesus!