I protagonisti della settimana NBA: Gobert è un gigante per i Jazz, Blazers da incubo in difesa

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Jazz Team - © 2016 twitter.com/utahjazz
Jazz Team – © 2016 twitter.com/utahjazz

Ai fini dell’articolo sarebbe stato meglio che i Jazz avessero vinto almeno la sfida contro i Kings, dopo la pronosticabile battuta d’arresto contro gli Warriors, ma è il caso di essere di ampie vedute per una squadra che ha vinto 11 delle 13 partite precedenti. Soprattutto se di essa si vuole elogiare un Rudy Gobert in forma strepitosa, legittimatosi tra i migliori centri NBA, se non addirittura il migliore, come lui stesso ha ammesso di sentirsi in questo momento. Resta un gradino sotto Marc Gasol o DeMarcus Cousins soltanto per la costanza di rendimento e la capacità di essere decisivo sul lungo periodo, ma il tempo potrà dargli ragione. Non si possono dimenticare i 15.2 punti, 12.9 rimbalzi e 3.2 stoppate con cui ha guidato Utah nella serie positiva, tirando con il 76% dal campo e chiudendo con un +130 di plus/minus in quelle 13 sfide. Altrettanto importante è stata l’ulteriore crescita difensiva del francese, capace di tenere a 11 punti di media con il 30% al tiro avversari del calibro di Hassan Whiteside, Dwight Howard e lo stesso Gasol, oltre che un’evoluzione offensiva pazzesca, che lo porta al career-high per punti segnati (12.9) e per percentuale al tiro, uno spaventoso 69.7%, attualmente il miglior dato NBA. Gobert ha poi superato un record di franchigia di John Stockton con 26 partite oltre il 50% ed uno di Mark Eaton con 15 partite in fila da almeno 10 rimbalzi e 1 stoppata.

Il suo 99.5 di defensive rating, parte di un eccezionale +10.1 di net rating con il 109.6 offensivo, è una delle migliori statistiche individuali all’interno della miglior difesa NBA, che subisce appena la miseria di 94.9 punti a partita e 101.2 ogni 100 possessi. Per questo ai Jazz basta segnare meno di 100 punti a partita (99.1), pur con un offensive rating di 107.1, per mantenere un record saldamente positivo a quota 18 vittorie e 12 sconfitte. Ad esaltare sono anche i rientri a pieno regime di Gordon Hayward, miglior realizzatore di squadra con 22 punti e miglior assistman in assenza di George Hill con 3.7 di media, Rodney Hood, miglior esponente del defensive rating con appena 98 punti subiti ogni 100 possessi, e Derrick Favors, che va a comporre, insieme a Gobert, uno dei migliori frontcourt della Lega. Non resta che aspettare che un Hill indiavolato nelle 11 partite giocate in stagione (+14.3 di net rating) rientri dall’infortunio al dito del piede perché il roster sia al completo. Intanto le avversarie dirette al di sopra dei Jazz ad Ovest perdono pezzi pregiati, da Clint Capela per i Rockets a Blake Griffin per i Clippers. La rincorsa alle prime posizioni potrebbe farsi ogni giorno più interessante a Salt Lake City.

Non altrettanto si può dire della situazione a Portland, crollata di netto dopo il sorprendente 44-38 con cui si era chiusa la passata regular season, ancor più magico se si pensa al passaggio del turno nei playoff contro i Clippers ed alla successiva grande serie giocata contro gli Warriors. In particolare, la crisi è stata impetuosa nel recente periodo, con una sola vittoria nelle ultime nove partite giocate ed il record ora fermo a 13 vittorie a fronte di 18 sconfitte. Tre degli ultimi quattro KO, poi, sono arrivati contro avversarie dal record fortemente negativo come Nuggets, Kings e Mavericks, sembrate, però, più in crescita rispetto ai Blazers. La questione offensiva non può essere un problema, con Damian Lillard e C.J. McCollum a condurre il sesto miglior attacco NBA, a segno per 109.4 punti a partita, che diventano 108.1 ogni 100 possessi (si noti la differenza comunque esigua tra l’offensive rating in questione e quello di Utah), grazie a 49.6 punti combinati di media. Il numero di assist complessivo si ferma a 22.1 ed inizia a dare l’idea di quanto sia poco coeso il gioco di squadra di Portland. Ne è un altro esempio la percentuale di assistenze al 55.6%, 19esimo dato complessivo. Il buio, però, cala soprattutto quando si tratta di difendere.

Damian Lillard - © 2016 twitter.com/trailblazers
Damian Lillard – © 2016 twitter.com/trailblazers

La posizione numero 28 per punti subiti a partita (112.9) può essere peggiorata soltanto dalla numero 30 in termini di defensive rating, il peggiore in NBA al momento con 110.7 punti subiti ogni 100 possessi. Nessuno è risparmiato dall’ecatombe, ma, se un sorprendente Mason Plumlee, fenomenale nel guidare i centri con 4.4 assist di media e a quota career-high a 11 punti ad uscita, riesce a salvarsi con uno strepitoso offensive rating di 115.1, per Allen Crabbe ed Evan Turner, quasi 35 milioni di stipendio in due quest’anno, la situazione è tragica. Il primo si stanza a -6.1 ogni 100 possessi e segna meno di 10 punti a partita, confermandosi un ottimo tiratore da oltre l’arco (42%), ma su appena 3.6 tentativi di media. Il secondo fa di peggio e crolla a -11.3, riuscendo a malapena a superare i 100 punti ogni 100 possessi (100.7) in una squadra tanto devota all’attacco. Non è un caso che per Crabbe si parli già di una possibile trade, che possa magari portare Nerlens Noel dai Sixers in città, e per Turner già si stiano perdendo le speranze. Anche due talenti cristallini del calibro di Lillard e McCollum, in parabola discendente dopo un inizio straripante, non possono coprire i vuoti di una squadra mal costruita e senza una vera identità. Chi salverà i Blazers?