I protagonisti della settimana NBA: Raptors e Rockets all’attacco, DeRozan e Harden in forma straripante

0
1366
DeMar DeRozan - © 2016 twitter.com/Raptors
DeMar DeRozan – © 2016 twitter.com/Raptors

Non più di dieci giorni fa, i Raptors potevano dirsi in corsa per diventare il miglior attacco di sempre nella storia NBA, con un offensive rating di 117.6, superiore a quello degli Warriors dell’anno passato (116.7) e dei Lakers del 1986/87 (115.6). Oggi, pur restano i migliori in NBA con un eccezionale 114.3, si sono leggermente ridimensionati, ma le vittorie continuano ad arrivare, come dimostra la striscia da quattro consecutive che ha portato il record ad un 22-8 molto vicino a quello dei Cavaliers (23-7), leader di Eastern Conference. Per capire cosa renda così temibile una squadra senza un solido tiro da tre punti, come dimostrano i soli 24.4 tiri da oltre l’arco tentati a partita (22° in NBA), senza un numero di possessi eccessivamente alto a partita (97.62), ma capace comunque di produrre 111.4 punti di media, bisogna partire da DeMar DeRozan. La maggior parte dei punti di squadra arrivano con tiri dalla media distanza a bassa percentuale, non a caso il marchio di fabbrica del nativo di Compton, che tira con un ottimo 47.5% dal campo e con un pessimo 26.5% da tre punti. Nonostante i canadesi non amino andare di corsa, sono tra i migliori per punti in contropiede e punti derivati dalle palle recuperate. Un atleta come DeRozan non può che essere difficile da fermare in campo aperto ed alterna funamboliche capacità off the dribble ad una solida produzione in post. I suoi 27.5 punti a partita non possono certo essere un caso.

Come può il miglior attacco in NBA essere soltanto 27° per assist a partita (20)? Trovando nuove soluzioni ed eccellendo, ad esempio, in una nuova statistica come gli screen assist, in cui Toronto è terza con 12.5 di media. Si tratta di quei blocchi per un compagno che portano direttamente ad un canestro di questo, di cui tanto Jonas Valanciunas quanto Lucas Nogueira sono maestri, consentendo a Cory Joseph e Kyle Lowry di scivolare verso il canestro oppure a Terrence Ross, Patrick Patterson o DeMarre Carroll di prendersi tiri dalla media-lunga distanza senza che gli avversari possano contestarli. Delirante il net rating di Nogueira (+20.8), il migliore nella Lega tra i giocatori che toccano il parquet per almeno un quarto d’ora a partita, ma anche quelli di Patterson, Ross e Lowry, tutti con un offensive rating superiore a 117 punti ed un defensive inferiore a 104, destano impressione. Lowry continua ad essere la spalla perfetta per DeRozan ed alterna 21.9 punti a partita con un meraviglioso 45% da oltre l’arco a 7.2 assist. Ross ha trovato la propria dimensione da oltre l’arco e tira con il 42% su quasi 4 tentativi a partita. Sotto canestro tutto funziona al meglio grazie alla sinergia nel frontcourt, guidato da un Valanciunas da 12.4 punti e 9.8 rimbalzi a partita. I Raptors sono una contender per il titolo, senza se e senza ma.

Molto più tradizionale, per il basket contemporaneo, quanto stanno facendo i Rockets, ma non per questo meno efficace, come dimostra il terzo miglior offensive rating a quota 111.8 punti ogni 100 possessi. Houston è la regina del tiro da tre punti, con quasi 40 bombe tentate a partita e mandate a bersaglio con la fenomenale percentuale del 38%, la quinta migliore in NBA attualmente. La stagione da MVP di James Harden, capace di scrivere 27.7 punti a partita, ma anche 11.9 assist nel frattempo (e 7.8 rimbalzi), permette all’attacco di funzionare splendidamente e di stanziarsi al secondo posto in termini di assist, 25.5 a partita. I tiri dalla media distanza tanto amati dai Raptors vengono respinti continuamente da Houston, che basa la propria produzione essenzialmente su triple, penetrazioni, schiacciate e tiri liberi. I canestri a bassa percentuale, insomma, vengono accettati soltanto se valgono un punto in più, altrimenti si cerca sempre di trovare una soluzione vicino a canestro. Questo Harden è letteralmente unstoppable, capace di tagliare in due le difese avversarie con le sue penetrazioni, di colpire dalla lunga distanza oppure di trovare il compagno in condizione di colpire. Le tante vittorie dei Rockets (24-9), però, nascono anche dalla solidità trovata con lui in panchina e, soprattutto, quando si tratta di difendere.

James Harden - © 2016 twitter.com/HoustonRockets
James Harden – © 2016 twitter.com/HoustonRockets

Quando Harden riposa, a prendersi il palcoscenico è un Eric Gordon consolidatosi tra i migliori sixth man di quest’anno. Superati i troppi problemi fisici vissuti a New Orleans, l’ex Pelicans sta mettendo insieme una stagione da 17.4 punti a partita, con il 43% dal campo ed il 42% da oltre l’arco, tornato decisivo come nelle prime annate vissute in NBA. Sono lui e Patrick Beverley a coprire le spalle al Barba, con quest’ultimo ad avere un ruolo quanto mai fondamentale al momento di difendere. Tanto Harden quanto Gordon non sono certo due esperti in materia, per questo è fondamentale che il numero 2 prenda in mano la situazione contro le point guard avversarie, soprattutto in una Conference in cui Steph Curry, Russell Westbrook, Chris Paul, Damian Lillard e compagnia incantano sui parquet. Beverley si sta legittimando come uno dei migliori difensori della Lega ed il defensive rating di Houston ne giova, fermandosi a 105 punti subiti ogni 100 possessi (103.3 individuale). Nel frattempo, tutto il resto della squadra lotta, va a rimbalzo e contesta i tiri avversari, rendendo il meccanismo costruito da coach Mike D’Antoni vincente e pericoloso contro qualsiasi avversario. Se i Raptors sono una contender, i Rockets non possono esimersi, allo stesso modo, dalla categoria.