ROAD TO MVP: Russell Westbrook, professione tripla-doppia

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Era luglio quando Kevin Durant decideva di abbandonare il progetto Thunder per accasarsi ad Oakland, nella tana di coloro che avevano appena inflitto una bruciante eliminazione in finale di Conference alla sua squadra. Per Russell Westbrook, uno abituato a pensare piuttosto dicotomicamente (o bianco o nero), si trattava di un vero tradimento subito da quel compagno, mai amato fino in fondo, con il quale condivideva il medesimo desiderio: portare il titolo NBA ad Oklahoma City. Sam Presti, GM della squadra, non volendo correre il rischio di perdere anche lo stesso Westbrook senza contropartite in cambio, sottopose il playmaker di Los Angeles ad un out-out immediato: prolungare il contratto in scadenza a fine stagione per altri tre anni, oppure essere scambiato al miglior offerente. Russell, però, è uno che nella vita non ha mai ricevuto nulla in regalo, che ha dovuto lottare per qualsiasi traguardo a cui avesse ambito, che non ha mai ricevuto particolari attenzioni e affetto dalle persone a lui vicine; Oklahoma City è una comunità, invece, che lo ha accolto, coccolato, difeso fin dal primo momento in cui è approdato in NBA, e nel momento in cui era stata tradita dalla sua star di riferimento, Westbrook ha sentito il dovere di guidarla verso le mete ambite, perché vincere un titolo a Loud City, evidentemente, ha un peso diverso che vincerlo, magari più facilmente, altrove.

I Thunder del post-Durant sono una squadra molto diversa dal passato: fine del dualismo e degli isolamenti che finivano con l’escludere i compagni a vantaggio esclusivo dei due costruttori di gioco, palla in mano ad un solo giocatore, Westbrook appunto, che ha il compito di mettere in ritmo i compagni e favorire la fluidità del gioco. Il forte ridimensionamento temuto e preventivato alla vigilia della stagione non si è verificato, grazie al number zero, sicuramente, ma anche alla crescita esponenziale di Adams e Roberson, preziosi per assicurare equilibrio, oltre che ai vari Sabonis, Oladipo, Kanter e Abrines, fondamentali per garantire alternative in fase offensiva. Il quinto posto attuale, probabilmente, non soddisfa a pieno le ambizioni a cui erano stati abituati i fans dei Thunder negli ultimi anni, ma fa ben sperare per il futuro di un roster giovane e molto promettente che, guidato dal suo leader, vuole scalare le gerarchie dell’intera NBA.

Per quanto sensazionale possa essere stata, fino a questo momento la sua stagione, le statistiche messe a referto da Westbrook durante tutto l’arco dell’annata precedente avevano già dimostrato di essere di fronte ad uno dei giocatori più forti in circolazione. 23.5 punti, 10.4 assist, 7.8 rimbalzi erano numeri che avevano fatto balzare il 27enne di Los Angeles quasi in cima ai favoriti per il ruolo di MVP del 2017, un gradino più in basso del due volte MVP consecutivo, quello Steph Curry che però ha visto calare vorticosamente le sue statistiche durante la stagione attuale. I due mesi e mezzo di match che ci siamo lasciati alle spalle, poi, non hanno fatto altro che confermare ciò che i bookmakers stavano già ipotizzando in estate, ovvero che il fenomeno dei Thunder sia il più ambito aspirante alla statuetta di miglior giocatore della stagione NBA 2016/2017. Con gli attuali 31 punti, 10.3 rimbalzi e 10.7 assist di media a partita, Russell è il top scorer della Lega, il secondo per assist distribuiti e l’undicesimo per rimbalzi, di una classifica, però, che coinvolge quasi esclusivamente i lunghi. 53 triple doppie in carriera, 30 nell’arco di tutto l’anno 2016, già 16 all’attivo in questa stagione (la media di una ogni due partite) di cui due messe a referto in meno di due quarti di gioco: Westbrook si candida per essere l’erede di Oscar Roberson, unico giocatore ad aver chiuso un’intera stagione con la tripla doppia di media nel 1961/1962.

Le esaltanti prestazioni del 2016 di Westbrook

Attualmente il suo più agguerrito rivale per il premio da MVP è James Harden, autore di medie molto simili a quelle del giocatore di OKC, ma che, probabilmente, è leader di una squadra leggermente più competitiva di quanto possano esserlo i Thunder, il che, in sede di votazioni, potrebbe avere il suo peso. Tuttavia, il percorso è ancora lungo e nulla esclude che nella corsa possano inserirsi altri giocatori che, nella seconda e decisiva parte di stagione, rendano anche meglio dei due fin ora citati. Ciò che è certo, però, è che, differentemente dai premi assegnati piuttosto armoniosamente a Curry nelle ultime due stagioni, Westbrook dovrà ancora battagliare a lungo per potersi aggiudicare il suo primo trofeo.