Media Day NBA: tante novità e un po’ di politica

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Los Angeles Clippers Media day 2017 – © twitter.com/LAClippers

Il primo atto ufficiale della nuova stagione NBA è da sempre il Media day, un’occasione per i giornalisti, e di rimbalzo per i tifosi, di conoscere meglio i nuovi giocatori delle varie squadre, sentire le loro prime dichiarazioni, oppure di rivedere le facce note dei veterani. Si tratta di un evento divertente in cui c’è la possibilità di vedere le nuove divise indossate dai giocatori, qualche sketch simpatico ma soprattutto sentire le parole dei protagonisti. E quest’anno più che mai, oltre al tanto basket, grande peso hanno avuto le dichiarazioni riguardanti la politica e il Presidente degli Stati Uniti Trump, rilasciate da LeBron James e Gregg Popovich.

La nuova vita degli italiani

Quest’anno dopo tante stagioni al Media day entrambi i nostri alfieri italiani si sono presentati con una divisa differente rispetto a quella dell’anno scorso: se per Marco Belinelli non è una novità, l’avventura con gli Atlanta Hakws sarà la 7° squadra della sua carriera, per Danilo Gallinari il passaggio ai Los Angeles Clippers si tratta di un cambio importante dopo 7 stagioni con i Nuggets. Insieme a Griffin e Jordan cercherà di far dimenticare velocemente l’addio di Chris Paul: “Il nostro reparto lunghi? È il migliore della NBA, il numero 1, non ho dubbi. Griffin e Jordan sono una parte importante del motivo per cui ho scelto di venire a giocare ai Clippers. Trovare l’intesa in campo non sarà mai un problema.”
L’obiettivo della franchigia di LA è senza dubbio la qualificazione ai playoff, nonostante una Western Conference davvero infernale dopo le aggiunte estive dei vari George, Anthony e Millsap.

Diverso il discorso invece per gli Hawks che dopo 10 stagioni in cui hanno sempre giocato la post-season sono in una fase di totale ricostruzione: Belinelli dovrà essere bravo a calarsi nell’ennesima squadra che sulla carta farà fatica a vincere tante partite, ma che avendo poca pressione potrebbe anche fare qualche sorpresa: “Budenholzer mi sembra una grandissima persona e sono sicuro che mi troverò bene con lui, perché fa giocare le sue squadre in maniera simile a come giocavano gli Spurs, tanti tagli e molto movimento di palla, tanti aiuti in difesa e grande importanza al collettivo.”

Tante facce (e divise) nuove

Non solo Gallo e Beli hanno cambiato maglia. L’estate ha visto grandi movimenti di mercato che hanno rivoluzionato le squadre, anche quelle più quotate per la vittoria finale. Ecco allora che fa un po’ specie vedere dopo tanti anni sempre con la stessa canotta, un Carmelo Anthony, o sarebbe meglio di Hoodie Melo, ed un Paul George schierati vicino a Westbrook, Adams e Roberson per la foto di rito in quello che dovrebbe essere il quintetto di partenza dei nuovi Oklahoma City Thunder. O anche Isaiah Thomas e Kyrie Irving con le divise scambiate, effetto dell’incredibile trade effettuata da Cavs e Celtics qualche settimana fa e che si preannuncia come una delle più significative per modificare gli equilibri della Eastern Conference.
Molta curiosità anche attorno ai Philadelphia Sixers che dopo tanti anni di The Process ora sono chiamati a mettere insieme qualche risultato degno di nota, sperando che la salute delle tre (possibili) Stelle Embiid, Simmons e Fultz rimanga integra.
Ci si aspetta qualcosa anche dai nuovissimi Minnesota Timberwolves che ora avranno un Jimmy Bulter e guidarli in più, e dai New Orleans Pelicans del doppio duo Davis-Cousins e Rondo-Holiday. Potrebbe essere una stagione della verità per la franchigia e anche per i suoi due giocatori cardine, che nella prossima estate potrebbero diventare i pezzi pregiati del mercato in caso di ennesima stagione fallimentare. Lo sa bene Davis che mette un po’ di pressione a sé stesso e ai compagni: “Questo il gruppo con più talento con cui abbia mai giocato, ma per ora è solo sulla carta. La nostra difesa migliorerà molto con l’innesto di Tony Allen e Rajon Rondo, due dei migliori difensori della Lega.”

Tensione NBA-Trump

Come detto, però, non solo basket. La situazione politica negli Stati Uniti è più che mai complessa ed anche l’NBA con i suoi giocatori ha fatto sentire la sua voce, prima a sostegno dei giocatori NFL che per protesta si inginocchiavano durante l’inno nazionale, e poi per la mancata convocazione dei Golden State Warriors campioni in carica alla Casa Bianca.
LeBron James da subito schierato a sostegno di Steph Curry ha voluto ribadire la sua idea critica nei confronti di Donald Trump, spiegando come non sia di certo lui l’uomo che può cambiare l’America.

Gli ha dato manforte anche coach Gregg Popovich, che come sempre quando parla non è mai banale: “Gli USA sono motivo d’imbarazzo per il mondo, il comportamento di Trump è stato disgustoso e comico. Mi chiedo anche cosa ne pensi la gente che lo ha votato, dove sta il loro limite, quanto ancora possono sopportare. Quand’è che subentreranno la moralità e l’educazione?

Andando poi a toccare anche la delicatissima questione razziale, altro problema che affligge gli USA: “Ovviamente la questione razziale è l’elefante nella stanza e tutti lo capiamo. Ma a meno che non se ne parli costantemente, nulla migliorerà. Non abbiamo ancora la minima idea di cosa voglia dire essere nati bianchi. È difficile realizzare che si parte con un vantaggio di 50 metri in una gara da 100. E che si ha quel tipo di vantaggio solo perché si è nati bianchi.”

Dichiarazioni, quelle del giocatore e del coach più influenti della Lega che faranno discutere ancora molto, ma che fanno capire come l’NBA sia ormai totalmente dentro le questioni socio-politiche del paese. Non solo basket quindi, ma molto di più.