Fine carriera a 32 anni: la triste storia di Brian Randle

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Brian Randle – © 2017 twitter.com/HappycasaNBB
Sotto l’aspetto tecnico, l’ultimo turno di campionato verrà sicuramente ricordato per il canestro impossibile di Ariel Filloy che ha mandato al secondo overtime il match tra Milano e Avellino, poi vinto dagli irpini. Ma domenica scorsa c’è stato un altro avvenimento, non strettamente legato al basket giocato, che ha attirato l’attenzione di molti.
Brian Randle, giocatore di Brindisi, ha infatti deciso che quella contro la Virtus Bologna sarebbe stata l’ultima partita della sua carriera. E non per sua volontà. Brian si è visto costretto ad abbandonare l’attività agonistica a soli 32 anni, nel pieno della stagione, a causa del morbo di Crohn.

Il problema

Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino che si manifesta con sintomi diversi, a cui non è ancora stata trovata una cura ma per la quale esistono solo protocolli farmacologici utili per il controllo dei sintomi e la prevenzione delle ricadute. Non è la prima volta che un cestista affermato si trova a dover combattere questa malattia. Tra gli altri, anche Drake Diener (oggi a Cremona) ha dovuto fare i conti con il morbo di Crohn. Lui sta continuando a giocare, sebbene nel corso della sua carriera sia stato costretto più volte a “rallentare” per dare tempo al suo fisico di riprendersi.

Randle questa cosa non la accettava, non accettava il fatto di non potersi allenare e giocare sempre al massimo delle sue possibilità. E ha deciso di smettere. Non per darla vinta alla malattia, ma per dimostrare consapevolezza di sé, della propria condizione, che non gli permetteva di essere come avrebbe voluto essere.

La carriera

Dopo aver vinto tutto in Israele (2 Campionati, 2 Coppe e 1 Supercoppa) con numeri da vero top player, era arrivato a Brindisi in estate dopo un lungo infortunio occorsogli la scorsa stagione all’Hapoel Gerusalemme. Il peggio sembrava essere passato, e Randle era pronto a mettere sul parquet del PalaPentassuglia tutta la sua classe, leadership e talento. Infatti a Brindisi l’hanno amato fin da subito per le sue doti da vero professionista, uno che ha sempre dato tutto in campo, pronto a sudare e sacrificarsi per i compagni. Le sue cifre in otto turni di campionato (7.9 ppg e 5.5 rpg) non rendono minimamente l’idea di quanto Brian abbia dato alla sua squadra in questi pochi mesi. Fino a domenica scorsa.

A fine partita, tutto il PalaPentassuglia si è alzato in piedi per acclamare un Brian Randle in lacrime, circondato dai compagni. Immagini tristi, che non vorremmo mai vedere, perché è bruttissimo quando una persona è costretta a rinunciare a ciò che ama. Randle ama profondamente la pallacanestro. E forse proprio perché la ama così tanto ha deciso di dire basta. Certo fa male, Brian, ma non è una sconfitta.