Next generation: Jayson Tatum, l’alba di un nuovo fuoriclasse

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Jayson Tatum – © 2017 facebook.com/bostonceltics

Danny Ainge, in questo momento, è per distacco il più bravo General Manager della Lega. Lo dimostra la rapidità entro la quale ha concluso la fase di rebuilding del post Big Three con una nuova, solida, base con la quale puntare al diciottesimo titolo NBA, che Boston invoca dal 2009. La scelta di un coach intraprendente e dinamico come Brad Stevens; l’acquisizione di giocatori come Isaiah Thomas, Jae Crawford e Al Horford prima, Kyrie Irving e Gordon Hayward poi; la selezione al Draft di giocatori fin dal primo momento pienamente integrati nel progetto, come Kelly Olynik, Marcus Smart, Jaylen Brown: sono solo alcune delle operazioni che il GM dei Celtics ha messo a segno negli ultimi anni. Praticamente paragonabile al celebre Re Mida, che trasformava in oro qualsiasi cosa toccasse, al precedente Draft, Danny Ainge ha chiuso un’altra operazione, che, momentaneamente, sembra essere stata tanto decisiva quanto vincente: Jayson Tatum.

Da Duke a Boston

Nato appena 19 anni fa a Saint Louis, Jayson Tatum è un esterno moderno, perfetto per ricoprire lo slot da small forward, ma adattabile anche a “stretch-four” o, perchè no, a shooting guard. Nell’unica stagione NCAA disputata, ha immediatamente dimostrato di essere un tipo di giocatore estremamente impattante, nonostante la giovane età, trascinando i suoi Blue Devils fino al secondo turno delle Sweet Sixteen (eliminato dai più quotati South Carolina Gamecoks), con medie da 17 punti + 7.5 rimbalzi. Nominato, al termine del torneo, nell’All Tournament 1st Team, nell’All Rookie Team e nell’All Conference 3rd Team, decide di dichiararsi eleggibile al Draft NBA 2017, nelle cui previsioni, nonostante meno di talento rispetto ai vari Lonzo Ball, Markelle Fultz e Josh Jackson, è definito come il più pronto a competere ad alti livelli già nel suo anno da rookie.
Boston – Tatum è sembrato essere fin da subito un binomio perfetto, e per questo motivo Ainge, che pur deteneva la prima scelta assoluta, ha preferito cederla a Philadelphia, ricevendo in cambio la pick n.3 (necessaria per acquisire il giocatore in questione) e un’ulteriore scelta, molto alta, al draft 2018 o 2019: un autentico capolavoro!

Non chiamatelo semplicemente rookie

Il terribile infortunio che ha colpito Gordon Hayward dopo appena 5 minuti del primo match stagionale, ha costretto Tatum a prendersi responsabilità che non gli spettavano. Sostituire un All Star, giunto a Boston per aumentare le chance di vincere l’anello, non è semplice, tantomeno per un rookie, che fino a due anni prima calcava ancora i parquet dell’High School. Al contrario, andando anche oltre le più rosee aspettative, la presenza di Jayson ha progressivamente attenuato l’assenza dell’ex Utah Jazz, grazie a prestazioni eccellenti e medie da 14 punti, 5.6 rimbalzi, 1.5 assist, 1 stoppata e 1 palla rubata a partita, in 30 minuti.
Offensivamente completo, trova facilmente il canestro (51%) sia dal mid-range che in penetrazione, con discrete percentuali anche in post. Unico “piccolo”, oltre a Lebron James e E’Twaun Moore, a piazzarsi nella top 20 per percentuale realizzativa, al quarto posto per efficienza offensiva fra i giocatori con almeno 10 possessi a partita, a sorprendere maggiormente, però, è la precisione del tiro da tre punti (48%), tutt’altra che scontata nel primo anno di NBA per uno che non fa di questa caratteristica il suo must di riferimento. In questo momento, Jayson Tatum è, addirittura, il giocatore con la percentuale realizzativa da tre punti più alta dell’intera Lega, sebbene le sue tre conclusioni di media a match non risultano ancora sufficienti per definirlo una vera e propria “macchina” nella conclusione dall’arco. La sua abilità nel colpire la difesa avversaria risulta fondamentale, peraltro, per sgravare di responsabilità i due top scorer del roster, Irving e Horford, indebolito a settembre dalla cessione di Avery Bradley, fino a quel momento il più incisivo nella conclusione perimetrale.
Diventato insostituibile nello scacchiere di Stevens, relegando alla panchina il più esperto Marcus Morris, Tatum ha sia l’esplosività e il dinamismo di un ragazzino, che la personalità e la sicurezza di un veterano: meno spettacolare di Mitchell o Kuzma, meno esaltante di Simmons, è sicuramente il rookie più pronto a competere per il Larry O’Brien Trophy, rientrando di diritto nella corsa al premio di Rookie of the Year.