Cremona: dalla retrocessione al sogno Final Eight

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Doveva essere A2, con grandi ambizioni, ma pur sempre A2. Tutto era stato programmato per quel campionato dopo una stagione deludente, la prima da quando Cremona era arrivata in A, ma che era bastata a condannare i lombardi alla retrocessione.
Poi un evento, nemmeno tanto inaspettato, che rimette tutto in discussione: l’esclusione di Caserta dal campionato infatti rimescola la carte.

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La prima in lista per il ripescaggio è proprio Cremona. Ma la squadra è già quasi tutta fatta per la A2: Portannese, Ruzzier, Ricci e Gazzotti rappresentavano un lusso per quel campionato. Se poi il nuovo coach era un certo Meo Sacchetti, intenzionato a riportare insieme i cugini Diener, significava proprio che Cremona era pronta per un campionato di vertice, ma pur sempre in A2.

La tentazione di ritornare immediatamente in A era forte, ma in quel momento c’era bisogno di fare una valutazione molto più generale. E quindi, che fare? Accettare o meno il ripescaggio?  Cioè, c’era realmente la possibilità di costruire un roster, partendo dai giocatori già sotto contratto, che risultasse competitivo anche in Serie A? La dirigenza non ci ha pensato nemmeno più di tanto e, forte della competenza e dell’esperienza del coach appena scelto, ha accettato la “sfida” del ripescaggio.

Se il blocco italiano era già completo, risultava decisiva la scelta degli stranieri. Sono arrivati Kelvin Martin (13 ppg), Henry Sims (10.9 ppg), Landon Milbourne (10.3ppg) e un deludente Elijah Johnson, poi sostituito da un molto più positivo Darius Johnson-Odom (18.4 ppg). Certo non si può dire che siano state azzeccate tutte le scelte anche perché, oltre al tagliato Johnson, risultano già da qualche tempo in bilico le posizioni dei due lunghi (soprattutto quella di Milbourne).

Qualche innesto andava fatto e sicuramente qualcun’altro se ne farà. Per ora, con l’arrivo in prestito di Simone Fontecchio da Milano, la qualità del roster è sicuramente aumentata, ed ora Sacchetti ha a disposizione rotazioni un po’ più lunghe, aspetto, questo, di difficile gestione tecnica fin da inizio stagione. Ma era prevedibile, perché si sapeva che gli italiani sotto contratto, considerati top players per l’A2 e con già esperienze nel primo campionato nazionale, non avevano mai, prima d’ora, garantito minuti importanti in Serie A. E sebbene la differenza tecnica tra Serie A (considerando le squadre di medio/bassa classifica) e A2 vada sempre più assottigliandosi, un divario pur sempre rimane, e i bianco-blu rischiavano di risentirne.

La realtà invece dice che Cremona, a due giornate dal termine del girone d’andata, ha 12 punti, con uno score di 6 vittorie e 7 sconfitte, in piena lotta per un posto nelle Final Eight di Coppa Italia, con un calendario che, prima del giro di boa, la vedrà impegnata in casa contro Varese e infine a Capo d’Orlando.

Difficile fare il miracolo, ma sognare non costa nulla. Soprattutto considerando che nelle ultime quattro uscite Cremona ha uno score di 3W-1L, avendo battuto, oltre a Brindisi, sia Avellino che la capolista Brescia martedì scorso. Il presidente Aldo Vanoli non ha potuto far altro che riconoscere l’impegno e la dedizione con cui la sua squadra è scesa in campo: “È stata la vittoria di Meo, del gruppo, dei nostri tifosi, esemplari sugli spalti così come quelli di Brescia. Sacchetti ha preparato la partita in modo perfetto. La squadra sul campo ha risposto bene, confermando di essere in un buon momento”.

I ragazzi di coach Sacchetti stanno mettendo in campo testa, cuore, tattica e qualità, e, in un campionato così equilibrato, il giusto mix di questi quattro elementi può fare la differenza.