Speranza Nets: le scelte di Marks per emulare il ‘Process’ dei Sixers

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D’Angelo Russell, Brooklyn Nets – © 2017 Nike

Il 12 luglio del 2013 può tranquillamente essere considerato il giorno più nero nella storia recente dei Nets, almeno da quando, nel 2012, hanno trasferito la franchigia in quel di Brooklyn. Il 12 luglio del 2013, la franchigia ha scritto inevitabilmente il proprio futuro accogliendo Paul Pierce, Kevin Garnett, Jason Terry e D.J. White, spendendo a Boston cinque giocatori, Gerald Wallace, Kris Humpries, MarShon Brooks, Keith Bogans e Kris Joseph, ma soprattutto le prime scelte ai Draft del 2014, 2016 e 2018, oltre alla possibilità di scambiare le scelte, in positivo per i Celtics, nel 2017. Una scelta insensata sotto ogni punto di vista, che oggi è riconosciuta a peggior trade di sempre nella storia NBA.
Dopo un paio di stagioni chiuse ai playoff, senza mai andare oltre le semifinali di Conference, i Nets hanno vinto la miseria di 69 partite nelle ultime tre regular season messe insieme. E, ancora e soprattutto in questa offseason, hanno dovuto affidare il proprio futuro interamente al general manager Sean Marks. L’uomo che sta portando, passo dopo passo, Brooklyn fuori dall’abisso.

Spazio salariale

Liberarsi del peso di altre scelte assurde, come quella di portare Timofey Mozgov a Brooklyn, è stato il primo di questi step in offseason. Marks, in cambio del favore degli Hornets, si è saggiamente accollato le spese per Dwight Howard, che però ha concordato un buyout pressoché immediato per siglare un accordo con i Wizards. Poi, ecco Jeremy Lin volare dritto verso Atlanta, mentre gli oltre 22 milioni di dollari di Kenneth Faried e Darrell Arthur, in arrivo dai Nuggets, sono finiti da pagare sul conto dei Nets. Denver, però, ha ricambiato il piacere con una succosa prima scelta nel 2019, purché sia fuori dalle prime 12 chiamate, oltre a una seconda scelta nel 2020. Scelte sagge perché hanno portato nuove occasioni al Draft per il futuro, ma soprattutto perché i contratti dei sopra citati non frenano gli entusiasmi della franchigia in vista della prossima offseason. Quando, tra gli altri, scadrà il contratto di DeMarre Carroll, quando Allen Crabbe potrà scegliere o meno di sfruttare la propria player option e quando anche D’Angelo Russell e Rondae Hollis-Jefferson potrebbero uscire dal contratto con Brooklyn. Sono appena 10 i milioni di dollari da pagare al momento sul conto dei Nets per la prossima estate, di cui 8 a Joe Harris, che ha appena firmato un accordo biennale a 16 milioni. Attenzione, però. Se aggiunti tutti i contratti sopra citati, la franchigia schizza a 109 milioni di projected salary cap. Ammesso che Brooklyn sia in grado di recuperarne almeno 64, c’è spazio per il max contract di una stella di prim’ordine da aggiungere a roster. Non per due, altrimenti ne andrebbe della profondità e qualità generale di squadra. Quindi, con tutta probabilità, non ci sarà spazio per alcuna scalata repentina alle primissime posizioni di Eastern Conference ancora per qualche tempo.

Il roster attuale

Allo stato attuale delle cose, non c’è granché di cui sorridere a guardare il roster dei Nets, se non la qualità futuribile a disposizione di coach Kenny Atkinson. Il nucleo di squadra è giovane e in crescita, come dimostrato da Spencer Dinwiddie e Hollis-Jefferson, saliti oltre quota 10 punti a partita per la prima volta in carriera, l’uno con 6.6 assist e l’altro con 6.8 rimbalzi al seguito a partita. Poi c’è il rookie, Jarrett Allen, che in 20 minuti di media ha messo in mostra discrete potenzialità, a 8.2 punti, 5.4 rimbalzi e 1.2 stoppate a partita. Tra i giocatori già affermati, Carroll ha regalato il massimo in carriera tanto per punti segnati (13.5 di media), quanto per rimbalzi (6.6), assist (2) e percentuale da oltre l’arco (37%). Lo stesso vale per Crabbe, salito a 13.2 punti, 4.3 rimbalzi e 1.6 assist a partita. Va detto, però, che entrambi hanno in precedenza giocato in realtà più consolidate come Raptors e Blazers, in cui entrambi non hanno pressoché mai superato i 10 tiri a partita, come accaduto a Brooklyn nella scorsa stagione (10.8 Carroll, 11 Crabbe). Chi ha vissuto un passato recente simile e ha saputo confermarsi è stato Russell, che però non è esploso come ci si aspetterebbe da una seconda scelta assoluta al Draft. I 15.5 punti e 5.2 assist a partita sono numeri rispettabili, ma accompagnati dal 32% da tre punti e da 3.1 palle perse a partita vengono di colpo ridimensionati.

Le scelte al Draft

L’agonia è terminata: dal prossimo anno i Nets potranno lasciarsi definitivamente alle spalle la tragica trade del 2013 e saranno finalmente padroni delle proprie scelte al Draft. In quest’ultimo, però, le decisioni sono state inevitabilmente compromesse dalle scelte passate. Brooklyn ha avuto a disposizione la scelta numero 29, ricevuta dai Raptors, e ne ha colto una gemma rimasta nascosta: Dzanan Musa, giovane e talentuosa ala di Bosnia, è una macchina da canestri e può segnare da ogni lato del campo. Dagli Stati Uniti affermano con certezza che sarebbe stato scelto assai più in alto, se avesse accettato di fare un altro anno di “gavetta” in Europa. Dimostrando personalità, però, Musa a 19 anni si sente pronto per il grande salto e sarà da subito a disposizione dei Nets, che hanno enorme bisogno di talento offensivo. Con la scelta numero 40, poi, ecco un altro europeo. Si tratta di Rodions Kurucs. Ala piccola reduce da una stagione nella squadra B del Barcellona, dopo aver deciso di non rinnovare il proprio contratto con i blaugrana, è tutto da vedere il suo possibile impatto in NBA. In cui, per altro, potrebbe non sbarcare a breve termine.

Ai Nets manca una stella, forse due, per tornare competitivi ad altissimi livelli a Est. L’uragano che ha cancellato il futuro della franchigia nel 2013 è ormai quasi passato, grazie all’eccellente lavoro di di Marks. Il futuro accende una luce in fondo al tunnel, ma la strada è ancora lunga. E porta dritti alla prossima offseason.