Serie A, Trieste: quando la forza del gruppo va oltre le difficoltà

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Alma Trieste – © 2018 facebook.com/almapallacanestrotrieste

Nonostante un inizio da 0-2, le sensazioni erano state più che positive. È stato (e lo è tuttora) un inizio condizionato da tanti infortuni (ultimo quello occorso a Knox). Ma nonostante ciò, erano arrivati segnali positivi soprattutto dall’atteggiamento che chiunque veniva chiamato in causa mostrava, che forse in fin dei conti è l’aspetto più importante, soprattutto quando sei la squadra neopromossa e il tuo obiettivo è la salvezza. Si può dire quindi che in questo inizio campionato Trieste non ha assolutamente nulla da rimproverarsi: a partire dall’esordio contro la Virtus Bologna, dove, anche senza Wright, Peric e Da Ros, i bianco-rossi sono andati vicinissimi al colpaccio, salvo poi arrendersi negli istanti finali, dopo una rimonta che ha evidenziato la compattezza del gruppo; passando per la trasferta di Torino dove, con le stesse assenze, ha dimostrato di nuovo di essere una squadra tosta, fatta di combattenti che non si arrendono fino al suono della sirena finale.

L’unica cosa che mancava dunque era la vittoria, che domenica scorsa è finalmente arrivata. La partita non era delle più facili, visto che al PalaRubini arrivava Brescia, la più grande sorpresa della passata stagione. Ma i ragazzi di coach Dalmasson sono stati in grado di giocarsela alla pari, così come era accaduto nelle due precedenti uscite, ma questa volta con un finale diverso.

È un’Alma in cui tutti sono, o comunque devono sentirsi pronti ad essere, protagonisti. Domenica scorsa, fondamentali sono stati Cavaliero, Strautins (che nella gara precedente aveva realizzato la sua miglior prestazione in termini di punti in carriera) e Mosley. Ma coach Dalmasson ha la grande capacità di tenere sempre in considerazione tutti: all’esordio il classe 2001 Schina ha avuto l’occasione inaspettata di giocare minuti importantissimi (dimostrando anche tanta personalità); Cittadini, un po’ per scelta un po’ per necessità, sta dando un enorme contributo, rispondendo presente ogni volta che viene chiamato in causa; e anche capitan Coronica ha avuto le sue chance. Insomma, l’idea alla base del progetto triestino è chiara: tutti devono sentirsi protagonisti. È un’idea che ha portato tante soddisfazioni, ma che sicuramente ne porterà ancora di migliori.

Gran parte del merito va alla società, in grado di stabilire un percorso graduale di crescita, partendo da lontano, ponendosi man mano obiettivi sempre più ambiziosi, ma sempre con cognizione di causa e attenzione ai minimi dettagli. È soprattutto grazie a questo, e alla competenza di un coach che sposato appieno le idee societarie, sostenendole e implementandole dall’alto della sua esperienza, che oggi Trieste è tornata tra le grandi, per rimanerci. Sembrava un miraggio quando la squadra militava in A Dilettanti, eppure con pazienza e dedizione questa società è riuscita a riportare il basket triestino lì dove merita di essere. In attesa di raggiungere altri, più ambiziosi, traguardi.