The King in the North: Kawhi-Raptors, un futuro da scrivere insieme

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Da capofila a zimbello della Lega, il passo è breve. Ciò che da, almeno un paio d’anni a questa parte, accade ai Toronto Raptors, impeccabili per ritmo e continuità di risultati in Regular Season ma intimoriti dall’ingombrante presenza di Lebron James durante i Playoff. Durante l’off-season, però, diverse novità hanno profondamente rivisitato l’equilibrio della Eastern Conference: l’insormontabile scoglio da Akron (Ohio) ha fatto le valigie direzione LA, mentre Kawhi Leonard – per costrizione – è passato dal caldo texano di San Antonio al freddo artico del Canada, in compagnia di Danny Green.

Dato il benservito a Demar DeRozan e Dwane Casey – colonne portanti del recente passato -, il plenipotenziario dirigente Masai Ujiri ha dato il via ad una mini-rivoluzione finalizzata ad un’imminente crescita di prestazioni e risultati sportivi, un ultimo tentativo prima di far saltare definitivamente l’intero banco e ripartire da zero.

Un tocco d’azzurro sulla panchina dei Raptors

Un record di 320-238 ed il fresco riconoscimento come Miglior Coach della Stagione 2017/18 non sono stati sufficienti per mantenere intatta la panchina di Casey, che nel frattempo è volato a Detroit per fare le fortune dei Pistons.

Accarezzata per qualche giorno l’idea che il pino canadese potesse colorarsi di tricolore, con la presenza di Ettore Messina come Head Coach, Masai Ujiri ha optato per la soluzione interna, promuovendo a Capo Allenatore l’ex assistente di Casey, Nick Nurse.
Un tocco d’azzurro comunque presente nel nuovo Coaching Staff di Toronto, impreziosito dalla sapienza di Sergio Scariolo, maestro di basket e già pluripremiato tecnico della Nazionale Spagnola.

Lowry-Leonard: un duo esplosivo

10 vittorie nelle prime 11 uscite stagionali: partenza esplosiva per i nuovi Raptors, targati dal duo Lowry – Leonard, affiatato fin da subito e capofila in gran parte delle statistiche del roster.
Dato come leggermente arrugginito, indispettito e svogliato, l’impatto di Kawhi è stato in assoluta controcorrente con quanto prospettato dai media. 14 uscite con la canotta dei Raptors, 24.4 punti, 8.4 rimbalzi, 3 assist e 2 palle rubate di media: niente male per un giocatore che la scorsa stagione era perlopiù rimasto in giacca e cravatta a bordo campo. Prestazioni a parte, l’effetto di Leonard è stato determinante in termini di leadership, mentalità ed attitudine al successo, in un roster già dotato qualitativamente.

Ad aver maggiormente beneficiato dalla presenza dell’ex Spurs sul parquet dell’Air Canada Centre è stato soprattutto Kyle Lowry. Meno scorer rispetto al suo recente passato, il play da Philadelphia guida la Lega per media di assist (10.5 a partita), dettando ritmi e tempi di gioco, diventando quel collante del quintetto che il suo ruolo lo obbliga ad essere. Dati alla mano, Kyle partecipa a circa il 30% dei punti della squadra: percentuale che, seppur “drogata” dalle poche partite disputate, la dice lunga sull’estrema efficacia del suo rendimento.

Coperta lunga

La profondità del roster è, ormai, conditio sine qua non per un team votato al successo. A differenza del recente passato, il roster a disposizione di Nurse è quantomai eclettico, versatile e, soprattutto, di rilevante quantità e qualità. A parte il duo sopracitato, il resto del quintetto è in continua evoluzione, oscillando fra l’aggressività di Serge Ibaka, la tecnica di Jonas Valanciunas, l’esperienza di Danny Green e CJ Miles, la freschezza ed il dinamismo di Pascal Siakam, OJ Anunoby e Fred VanVleet: frecce numerose ed affilate all’arco del Coach, intercambiabili a seconda dei momenti del match.

Raptors, Lakers, o chi altro? Quale futuro per Kawhi?

A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina. Alzi la mano chi, nel momento in cui Leonard è giunto ai Raptors, non ha individuato in Toronto una piccola piazzola di sosta nel lungo percorso che lo porterà alla corte del Re fra 12 mesi. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, però, il Canada ha conquistato il 27enne di Los Angeles, con cultura, ambiente, affetto dei fans; e c’è già chi è pronto a scommettere sul prolungamento della sua permanenza a Toronto ben oltre l’estate 2019.
L’ex numero 2 dei San Antonio Spurs, dal canto suo, è dedito e concentrato sulla stagione in corso, che, lontano dalla assidua competitività dell’Ovest, potrebbe riportarlo in quelle Finals che mancano dal 2014; potendo contare, inoltre, su una Player Option che sposterebbe il gong a luglio del 2020. Niente male se si pensa che, a bocce ferme, quella data coincide con la scadenza dei contratti di Kyle Lowry, Serge Ibaka e Jonas Valanciunas. 
Due stagioni da All-In per Toronto, e poi? “Liberi tutti”!