Giannis, Harden, Doncic: tra conferme e sorprese, la situazione sugli NBA Awards

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Giro di boa in NBA. Si entra nella fase calda, quella che, da qui a due mesi, ci porterà a solcare i parquet della post-season e a scoprire, nel finale, il campione della stagione 2018/19. Non solo, prosegue a pieno ritmo la corsa ai premi individuali più ambiti, il cui dibattito infiamma già da diversi mesi i talk show sportivi di tutto il mondo. Chi sarà il prossimo MVP? Chi può essere considerato il miglior debuttante e quello maggiormente migliorato? Chi è il giocatore più impattante in ingresso dalla panchina? Due mesi, o poco meno, da qui in avanti, per decretare il vincitore.

Vediamo, attualmente, chi, tra conferme e sorprese, si candida a portare a casa i premi più importanti.

Giannis Antetokounmpo – © 2018 twitter/Bucks

MVP: Antetokounmpo, Harden o George?

È il trofeo più desiderato ed ambito, spesso il più combattuto; anche quest’anno la corsa si preannuncia lunga e ricca di sorprese.

Giannis Antetokounmpo appare, oggi, il principale indiziato. Il Greco, dopo una carriera in costante crescendo, sembra aver raggiunto la piena maturità cestistica, diventando quel devastante “all around player” in grado di dominare in lungo ed in largo i parquet degli States. Al vertice della Eastern Conference, i Bucks riassaporano quei successi scomparsi dagli anni ’80, quando a Milwaukee presenziava un altro “All Star”, tale Kareem Abdul-Jabbar. 27 punti, 13 rimbalzi, 6 assist e 1.5 stoppate a gara: The Greek Freak è pronto a fare la voce grossa anche ai Playoff!

Guai a sottovalutare l’attuale detentore del titolo, ovvero James Harden, più che intenzionato a conservare l’ambita statuetta. Il Barba sta inanellando prestazione a dir poco clamorose, guidando, attualmente, la classifica degli scorer con un inverosimile media di 36 punti a match, a cui aggiunge 8 assist e 7 rimbalzi: inarrestabile!

Il terzo incomodo è colui che non ti aspetti, Paul George. L’esterno dei Thunder sta conducendo quella che può essere considerata la migliore stagione, non solo post-infortunio, ma dell’intera carriera. E pensar che c’è chi dubitava della possibile coesistenza con Russell Westbrook: i due sono pronti a vendere cara la pelle contro chiunque nella prossima post-season. PG è un concentrato di punti, difesa e responsabilità.

Rookie Of the Year: fortissimamente Doncic

C’è bisogno di parlarne? L’assegnazione del premio come miglior debuttante pare essere più scontata che mai. A tratti imbarazzante, infatti, la differenza di prestazioni fra Luka Doncic e tutti gli altri. Opportuno rimarcare che i vari DeAndre Ayton, Trae Young, Marvin Bagley, stanno tutt’altro che deludendo le aspettative, contando all’attivo diverse performance interessanti (in rapporto alla loro età); lo Sloveno, però, gioca ad un livello superiore per i suoi coetanei, avendo mostrato maturità, esperienza, oltre che innato talento, in grado, già ora, di spostare in alto gli equilibri di una franchigia. 20 punti, 6 assist e 7 rimbalzi di media, oltre che una serie di partite decise nei minuti finali, quando la temperatura sul parquet diventa infuocata: predestinato!

Most Improved Player: sfida Siakam-Fox

Per quanto riguarda il trofeo come Most Improved Player of the Year, la corsa sembra riguardare, in special modo, due giocatori giovani e con caratteristiche ben differenti.
Da una parte la solidità di Paskal Siakam, letteralmente esploso con la cura Nick Nurse dopo le prime due stagioni in chiaroscuro ai Raptors. Stabilmente in quintetto di partenza, è il pilastro difensivo di Toronto ed un tassello fondamentale della manovra offensiva. 16 punti e 7 rimbalzi di media, 31 minuti circa sul parquet e 58 partite da titolare in questa stagione. Più che una sorpresa, è ormai una certezza!
Impossibile non considerare la crescita di De’Aaron Fox: la Point-guard dei Kings ha letteralmente preso in mano le redini della squadra, trascinando Sacramento verso un’insperata corsa ai playoff (sono attualmente in nona posizione). Terminato il periodo di rodaggio della stagione da rookie, il 21enne è pronto a conquistarsi un posto al sole in questa Lega.

Sixth Man Of the Year: il cuore dice Rose, la mente fa altri nomi

Inutile mentire: tutti noi facciamo il tifo per Derrick Rose! Con 18 punti e 5 assist di media in 28 minuti a gara, spesso partendo dalla panchina, il play di Chicago non sembra più essere il lontano parente del fuoriclasse che calcava i parquet intorno al 2010. Anzi, più che un elemento di contorno, è tra i pilastri di una Minnesota tutt’altro che entusiasmante.

Derrick Rose – © 2019 twitter/Timberwolves

D-Rose dovrà, però, fare i conti con specialisti di questa categoria, ovvero i soliti Eric Gordon e Lou Williams, che flirtano spesso e volentieri con i 20/25 punti in uscita dal pino. Senza contare l’esplosione di possibili outsider, che rispondono ai nomi di Domantas Sabonis di Indiana e Spencer Dinwiddie di Brooklyn. Anche in questo caso, le prossime settimane saranno decisive per decretare un vincitore.