Lakers, niente playoff nemmeno con LeBron James: i motivi del fallimento

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LeBron James, Los Angeles Lakers – © Orlando Ramirez-USA TODAY Sports

L’approdo di LeBron James a Los Angeles ha rivoluzionato la scorsa offseason NBA. Non soltanto in casa Lakers, ansiosi di tornare sul trono delle Finals dopo quasi dieci anni dal 4-3 inflitto ai Celtics nel 2010, ma soprattutto di rientrare sulla scena dei playoff dopo cinque assenze consecutive in altrettante deludenti e dolorose stagioni appena trascorse. Non soltanto in Western Conference, pronta ad accogliere il Re dopo otto finali raggiunte consecutivamente a Est tra Cavaliers e Heat. Bensì nell’intero scenario NBA, tra passato, presente e futuro: il più forte giocatore della sua generazione in una franchigia storica come i Lakers ha un fascino senza tempo. Anche se, almeno per questa prima regular season, non ha per nulla prodotto i risultati sperati dagli appassionati.

ADDIO PLAYOFF

La classifica a Ovest è impietosa verso i gialloviola: undicesimo posto, con un record ben al di sotto del 50% di vittorie (30-36) e la bellezza di 7.5 partite da recuperare, per ironia della sorte, ai Clippers. Sono proprio gli “sfortunati cugini” l’ultima e più sorprendente tra le otto squadre al momento qualificate alla post-season. I playoff sono ormai soltanto un miraggio per appassionati di statistiche. Considerando anche e soprattutto le ultime cinque sconfitte consecutive e le misere 9 vittorie in 29 partite giocate in questo 2019. Un disastro tutt’altro che annunciato, soprattutto dopo che i Lakers erano saliti nei piani alti a Ovest, in particolare a Natale con quel 20-14 regalato da uno splendido 127-101 inflitto agli Warriors due volte campioni in carica. Da lì in avanti, però, un inatteso tracollo li ha portati nell’abisso.

MALEDETTI INFORTUNI

Non si può nascondere la sfortuna nei continui e preoccupanti infortuni che hanno colpito la squadra di Los Angeles. In particolare, le sole 6 vittorie nelle 18 partite giocate senza James a inizio anno hanno fatto scivolare i Lakers nelle retrovie di Conference. Soltanto Kentavious Caldwell-Pope non ha saltato alcuna delle 66 partite giocate fin qui. Lonzo Ball è stato abitué in infermeria e la sua stagione è ufficialmente già finita per i problemi alla caviglia. Rajon Rondo ha subito una doppia frattura alla mano. Brandon Ingram ha saltato una dozzina di partite qua e là, prima di finire di dire addio anzitempo alla stagione, per altro nel proprio momento migliore, in seguito a una preoccupante trombosi venosa profonda nel braccio destro.

… MA NON SOLO!

Non è colpa dei problemi fisici, però, se i Lakers non hanno avuto un tiratore oltre il 35% da oltre l’arco in stagione, a eccezione di Rondo e Lance Stephenson, che in due collezionano però appena 5.6 tentativi a partita. Tragico il 31.2% di un altrimenti ottimo Kyle Kuzma, deleterio il 32.9% e il 33% rispettivamente di Ball e Ingram. James, con il suo 34.6%, è quello che più ci si avvicina, nonostante in carriera si sia prodigato maggiormente nello smarcare i compagni per triple wide-open piuttosto che concentrarsi sul proprio tiro da oltre l’arco. Gli appena 107.5 punti segnati ogni 100 possessi non possono favorire una squadra altalenante in fase difensiva come dimostrano i 109.2 punti subiti nel medesimo frangente. Soprattutto senza Ball, i Lakers hanno faticato a tappare i buchi, uscendo clamorosamente sconfitti anche contro squadre in piena “modalità tanking”.

DA CONDANNARE

Da questo punto di vista, è impossibile non condannare la gestione di Luke Walton, sfortunato quanto colpevole protagonista del tracollo dei Lakers. A fine stagione sarà addio, ma l’ingombrante presenza di figure quali James e Magic Johnson non favorisce l’arrivo di head coach di personalità. A proposito di LeBron, c’è anche una buona dose di colpe a suo carico per il mancato approdo ai playoff. Non tanto sul parquet: difficile criticare 27.1 punti, con i 51% al tiro, 8.6 rimbalzi e 8.1 assist a partita. Quanto più per aver spaccato lo spogliatoio nella fase più delicata della stagione. L’inutile assalto al fortino Pelicans per ottenere Anthony Davis, con una serie di giocatori apertamente sul piatto, ha aperto voragini nella chimica di squadra. Senza dimenticare l’inspiegabile gestione della dirigenza con Magic Johnson e Rob Pelinka, protagonisti di scelte sbagliate nelle ultime ore di trade, in primis quella di liberarsi del talento di Ivica Zubac per ottenere una manciata di minuti a partita con Mike Muscala.

DA SALVARE

Se a Los Angeles tutto è perduto nel presente, non vale lo stesso guardando al futuro. I 37.1 punti a partita totalizzati dal duo Ingram-Kuzma possono far sognare se fatti crescere con la giusta tranquillità e con un solido miglioramento sui due lati del campo. Ball, al contrario, deve salire di colpi in attacco, perché 9.9 punti, con il 40% al tiro e 5.4 assist, non sono numeri degni di una seconda scelta assoluta al Draft. Il roster dei comprimari, in attesa di capire quali e quanti saranno confermati in estate, difficilmente avrebbe potuto fare più di così. Con l’addio ai playoffs, non resta che aspettare l’offseason per i Lakers. Nella speranza, per i tifosi gialloviola, che nella Città degli Angeli arrivi qualche free agent di valore ad aiutare James nella risalita all’Olimpo.