Kawhi Leonard, degno erede di Carter e McGrady

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È il campionato di basket più bello, ed è anche il campionato che riserva il maggior spettacolo e le principali sorprese. La NBA, la cui stagione 2018-19 si è appena conclusa, è lo scenario dove la palla a spicchi diventa puro show e dove le emozioni si avvicendano una dietro l’altra. Lo sanno bene i Toronto Raptos, vincitori dell’anello per la prima volta nella loro storia e per questo assoluti protagonisti della stagione appena conclusa. Dopo aver battuto i campioni in carica, i Golden State Warrios, i canadesi si sono proclamati campioni di un torneo nel quale sono una delle poche franchigie che non risiedono negli Stati Uniti, il che assume di per sé un valore simbolico e storico importantissimo.

Kawhi Leonard, NBA Finals 2019 © 2019 facebook.com/NBA

Imporsi sulla squadra in cui Stephen Curry e Kevin Durant avevano fatto il bello e il cattivo tempo negli ultimi anni è stata senza dubbio un’impresa per i Raptors, da sempre visti come una sorta di squadra di Serie B del basket nordamericano. Eppure stavolta è arrivata una vittoria insperata ma dal sapore dolcissimo, con il trionfo per 114 a 110 in quel di Oakland che ha certificato l’impresa dei canadesi trascinati da un Kawhi Leonard straordinario in tutte la fasi di gioco, oltre che per aver messo a referto ben 22 punti. La squadra allenata da Nick Nurse, coadiuvato dall’italiano Sergio Scariolo, ha messo a segno una vera e propria cavalcata trionfale cadenzata e senza inciampare quasi mai, come dimostra il suo percorso nei playoff che li ha visti imporsi sui Magic, sui Sixers e sui Bucks prima della finale con Golden State. Il grande protagonista di questa vittoria, però, è stato sicuramente Leonard, ala piccola di origine californiana che è arrivato a Toronto un anno fa proveniente dai San Antonio Spurs.

Leonard, il leader

Il cestista classe 1991 è uno degli unici tre giocatori ad aver vinto l’MVP finals in due squadre diverse insieme a Kareem Abdul-Jabbar e LeBron James. I suoi 1569 punti nella stagione appena conclusasi lo hanno consacrato come uno dei migliori giocatori dell’anno anche dal punto di vista realizzativo. Il giocatore originario di Los Angeles ha così preso il testimone da due altri grandi cestisti che hanno fatto la storia dei Raptors recentemente, ossia Vince Carter e Tracy McGrady. Arrivato in Canada nell’ambito di una trade molto sorprendente con De Rozan, Leonard ha preso in mano i Raptors come lo hanno fatto i sue due illustri predecessori. Nel percorso verso la vittoria di quest’anno, Leonard è stato importantissimo soprattutto nella serie contro i Milwaukee Bucks, quando dopo essere andati sotto per 0 a 2 i Raptors si sono ripresi ed hanno rimontato finendo col vincere per 4 a 2 principalmente grazie alla vena realizzativa di Leonard, molto dedito e prodigo ad impegnarsi anche in fase difensiva. L’MVP delle ultime finali potrebbe dunque far parte della spedizione della nazionale USA ai prossimi mondiali cinesi nei quali la selezione a stelle e strisce è la principale favorita alla vittoria del titolo come ben dicono le scommesse Betway sul basket con una quota di 1,15 il 17 giugno.

Carter, canestri impossibili

Prima di Leonard, tuttavia, il volto più famoso e spettacolare dei Toronto Raptors è stato quello di Vince Carter, che non è riuscito a vincere niente nel paese vicino ma è stato un idolo dell’Air Canada Centre. L’attuale componente degli Atlanta Hawks, con i quali ha firmato l’estate scorsa, ha giocato coi Raptors dal 1998 al 2004, vincendo il titolo di rookie dell’anno nel 1999 e le Olimpiadi di Sydney con la nazionale USA nel 2000. Autore di 9420 punti con la casacca dei Raptors, tra l’altro una delle più belle di sempre della franchigia per via del disegno del dinosauro, Carter è stato il primo grande idolo di Toronto. Questo club, dalla sua fondazione, ovvero nel 1995, è stato ambizioso ma ha dovuto scontrarsi con la dura realtà del confronto con le rivali statunitensi, più attrezzate ed abituate al livello alto del basket che si gioca nell’NBA. Famosissimo per le sue schiacciate e per i suoi canestri impossibili, Carter è stato anche il primo a dare a Toronto la speranza di un futuro migliore, quando nell’anno 2000 segnò ben 51 punti contro i Phoenix Suns, diventando il primo giocatore della franchigia ad arrivare a questa cifra. Inoltre, come si legge sul sito Agi.it, Carter ha da poco realizzato il record di 22 stagioni disputate in NBA, un traguardo unico.

Il solista McGrady

Dalle falangi lunghissime e dal talento cristallino, Tracy McGrady era arrivato prima di Carter ai Raptors, ma è finito con esplodere più tardi. Dopo tre stagioni in Canada, il giocatore originario della Florida è tornato vicino casa agli Orlando Magic, dove ha iniziato a fare davvero la differenza, prima di approdare agli Houston Rockets. Abilissimo nel tiro da tre, come dimostrato in una storica rimonta contro San Antonio, quando ha segnato 13 punti in 35 secondi, T-Mac è stato probabilmente il perdente di lusso della generazione scorsa, non avendo mai conquistato un titolo importante a livello di club. Miglior marcatore della stagione 2003 e di quella 2004, l’ex Toronto è stato convocato ben 7 volte consecutive all’All Star Game, ma non è mai riuscito ad imporsi a livello di squadra, apparendo così principalmente come un talento capace di imporsi a livello individuale ma mai troppo accorde ai compagni di squadra.

Quel che è certo è che oggi, grazie a Leonard, anche Carter e McGrady saranno contenti dell’exploit di Toronto, che ormai non è più periferia del basket nordamericano.