L’ottima free agency dei Blazers li riporterà alla Finale di Conference?

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Era il 18 Aprile del 2018, poco più di un anno fa, quando Portland usciva al primo turno dei playoffs subendo un umiliantissimo “sweep” per mano dei New Orleans Pelicans. Un 4-0 sconvolgente ed inaspettato, che aveva gettato giocatori, staff e tifosi nella più cupa disperazione. Si invocava lo stravolgimento del roster, il cambio dell’allenatore; si criticavano Lillard e McCollum per la loro mancanza di leadership e d’efficacia nel momento clou della stagione. Insomma, ci si aspettava tutto meno quello che poi Portland ha effettivamente fatto, cioè niente.

I Trail Blazers, nella figura del GM Neil Olshey, hanno deciso di mantenere lo stesso gruppo di giocatori, guidato dallo stesso allenatore anche per la stagione successiva, con due soli innesti del calibro di Seth Curry, Rodney Hood e Enes Kanter (a stagione in corso), non proprio i primi nomi che balzano in mente se si pensa alla parola “rinforzi”. Eppure, col senno di poi, Olshey aveva visto lungo. Portland è sì uscita contro gli Warriors perdendo nuovamente per 4-0, ma tra i due identici risultati corre un oceano di distanza.

Da zero a cento

La stagione 2018/2019 dei Portland Trail Blazers inizia con aspettative bassissime e senza particolare attenzione o considerazione da parte del mondo NBA; ma soprattutto con la morte del suo proprietario, Paul Allen, famoso per aver co-fondato Microsoft.
Portland deve aver preso questo triste evento come motivazione extra in vista di una stagione che avrebbe dovuto significare il riscatto. E riscatto è stato.

“Rip City” si è aggiudicata per il secondo anno consecutivo il terzo posto ad ovest, con un record di 53-29; Portland ha sempre giocato un’ottima pallacanestro sotto la gestione Stotts, caratterizzata da un un buon movimento di palla e uomini; un gioco corale, capace di coinvolgere tutti gli effettivi, così da non demandare tutto il lavoro offensivo alle due stelle della squadra, Lillard e McCollum. I ragazzi di Stotts sono stati capaci di prevalere anche sulla cattiva sorte, superando il bruttissimo infortunio di Nurkic alla gamba sinistra, ed affidandosi al loro leader, Damian Lillard, che al primo turno ha steso Oklahoma.

Le 7 partite contro Denver sono servite per mettere in mostra la bontà della second unit allestita da Oshley (dopo le critiche dell’anno prima per la totale mancanza di questo apporto); i vari Hood, Kanter, Curry, Leonard, Collins e Turner hanno fatto ampiamente il loro, a dimostrazione di quanto il gioco di Terry Stotts abbia un respiro realmente condiviso.
Dopo Denver c’è stata Golden State. I californiani, privi di KD, sono entrati in modalità “bei vecchi tempi” e per Lillard e compagni non c’è stato nulla da fare. Dame e McCollum sono stati raddoppiati ed i compagni non sono stati in grado di sorprendere dei Warriors troppo più pronti a questi palcoscenici. Un 4-0 “accettabile” visto l’ottimo percorso fatto, Portland non poteva davvero fare di più. Ciò che la stagione ha fatto chiaramente capire, è che manca qualcosa per competere seriamente per il titolo.

Le impetuose novità dalla free agency

Ecco perché Neil Olshey, che ha prolungato da poco il suo contratto con i Blazers, ha deciso di intervenire a gamba tesa sul mercato dei free agent, prendendosi dei rischi non indifferenti, per non dire enormi. La lista dei movimenti è ad oggi già molto corposa.
Dame ha firmato un’estensione contrattuale al massimo salariale che gli garantirà 196 mln per i prossimi 4 anni – mossa che suona come un voler rimanere fedele alla causa Blazers a vita.

Evan Turner scambiato per Kent Bazemore, entrambi contratti pesanti in scadenza, per avere un tiratore ed un atleta affidabile nel reparto esterni. E per lo stesso motivo è stato rifirmato Rodney Hood con un biennale a 16 milioni. La partenza di Seth Curry in direzione Dallas infatti aveva lasciato un vuoto nel roster tra i tiratori. A questi è stato anche aggiunto il croato Mario Hezonja che indosserà il numero che è stato di Drazen Petrovic.

Cambio totale anche tra le ali, con Aminu che ha scelto gli Orlando Magic mentre Mo Harkless si è accasato ai Clippers in una trade a 4 squadre che ha permesso l’approdo di Butler a Miami, con Meyers Leonard in Florida in cambio di Hassan Whiteside. Il centro trentenne è stato scelto come sostituto naturale dell’infortunato Jusuf Nurkic. Un rim-protector che negli ultimi anni è sempre mancato ai Blazers (e soprattutto un altro contratto pesante in scadenza) il suo arrivo ha però comportato l’uscita di scena di Enes Kanter che, lamentatosi del trattamento ricevuto da Portland, rea di avergli lanciato un ultimatum che non ammetteva repliche, si è accasato alla corte dei Celtics, firmando un biennale da dieci milioni l’anno.
Infine dal Draft 2019 è arrivato Nassir Little con la chiamata #25. Un’ala molto versatile che può ricoprire più ruoli, ma che ha enormi margini di crescita.

Insomma, il GM sembra non aver guardato in faccia nessuno, ma come è naturale che sia, solo il campo saprà dirci se questa (mini) rivoluzione porterà gli effetti sperati. Di sicuro c’è che i Blazers 2019-2020 saranno ben altri rispetto a quelli usciti perdenti contro Golden State. A Portland vige questa regola non scritta: tutti sono sostituibili, tutti tranne Lillard e Mccollum.