Milwaukee e Giannis dominano ancora ad Est: è davvero l’anno dei Bucks?

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Middleton e Antetokounmpo, Milwaukee Bucks © 2019 Benny Sieu-USA TODAY Sports

I Milwaukee Bucks hanno iniziato la stagione regolare 2019-2020 lì dove avevano concluso la precedente, in vetta solitaria alla Eastern Conference. Vantano il miglior record della lega, 27-4, ed hanno da poco interrotto, con la sconfitta interna contro una Dallas priva di Doncic, una striscia di ben 18 successi consecutivi, la settima più lunga di ogni tempo. I Bucks si sono fermati a due vittorie di distanza dal record di franchigia, risalente alla stagione 70-71, quella dell’ultimo e finora unico titolo della loro storia; il dato sulla striscia aperta di vittorie è in questo senso molto interessante, poiché ci dice che 5 delle ultime 8 squadre – nelle ultime due decadi – ad aver vinto 18 o più partite in fila hanno poi raggiunto le Finals di giugno, ed in quattro occasioni si sono aggiudicate il titolo. Questo, senza mezzi termini, il vero obiettivo dei Bucks di quest’anno. La domanda, allora, è una sola:”Sono i favoriti per l’anello?

Perché sì

I Bucks hanno il miglior pace della lega (105.23), sono secondi, dietro ai soli Mavs, per offensive rating (114.3), sono primi per defensive rating (102.1), ed anche per net rating (+12.2); hanno poi la miglior effective field goal percentage della lega ( 56.2%), e la miglior percentuale reale di tiro (59%). Insomma, Milwaukee è anche quest’anno il meglio che questa lega possa offrire in entrambe le metà campo.

Il sistema creato da Budenholzer ed il suo staff, nato sotto il preciso impulso di valorizzare al massimo quel fenomeno della natura chiamato Giannis Antetokounmpo, sta funzionando come meglio non potrebbe. I Bucks non concedono punti facili al ferro, ed anzi, questo è assolutamente blindato dalla presenza di Giannis, ovviamente, e dalle accresciute (e spesso sottovalutate) abilità di Brook Lopez proprio in qualità di rim protector. Le rotazioni difensive avvengono con tempi impeccabili, ogni difensore buck può quasi sempre contare sull’aiuto, se battuto; l’intensità e la soglia di attenzione in fase difensiva è massima per 48 minuti. Intensità difensiva, se declinata nel gergo dei Bucks, significa anche cercare di non fare fallo così da non mandare eccessivamente l’avversario in lunetta, inoltre, eseguire costantemente una buona/ottima transizione difensiva. Precetti tutto sommato semplici, sulla carta, ma che rivelano tutta la loro straordinarietà quando v’è una esecuzione qualitativa come quella di questi Bucks.

Il campo è in attacco estremamente aperto grazie alla presenza di tiratori pericolosissimi sul perimetro, con lo scopo di lasciar quanto più spazio – togliere corpi – alle incontenibili penetrazioni del greco in maglia 34 – altro punto cardine del sistema di Milwaukee. Niente di nuovo rispetto a quanto fatto vedere dalla squadra del Wisconsin l’anno scorso. Eppure, in questo scorcio di regular season, il “sistema” ha portato risultati ancor più soddisfacenti, perché l’interpretazione dello stesso sembra aver avuto uno sviluppo.

Milwaukee ha sì perso Brogdon in estate, sacrificato sull’altare della luxury tax – mossa che ha suscitato non poco clamore e spinto molti a parlare di un ridimensionamento in termini di chance per il titolo – ma ha trovato, un po’ per buona sorte un po’ per propri meriti, alcuni giocatori le cui eccellenti prestazioni hanno avuto il pregio di far scordare in fretta ai tifosi Bucks la pesante perdita estiva. Si sta parlando di gente come Wes Matthews, grandissimo tiratore, nonché eccellente difensore perimetrale e di uno contro uno; come Pat Connaughton, o di Sterling Brown e Donte DiVincenzo: riserve davvero di lusso, giocatori dal grande atletismo, dinamici e duttili in entrambe le metà campo, a tal punto da essere diventati indispensabili ingranaggi affinché il “meccanismo Bucks” possa risolutamente funzionare. Emblematico poi il caso di DiVincenzo, forse, la sorpresa dei Bucks di questa stagione. Il ragazzo di origini italiane, “Big Ragù”, sta approfittando alla grande dei minuti extra lasciati sul campo dall’infortunio di Bledsoe, fornendo prestazioni di altissimo livello sia sul piano dell’approccio difensivo (sono 1.6 le palle rubate a partita a fronte di poco più di 21 minuti di gioco), sia su quello della pericolosità offensiva. Sebbene i suoi numeri siano tutt’altro che eccezionali (8.5 punti, 4.4 rimbalzi e 2.2 assit a partita), DiVincenzo fa – come d’altronde i compagni summenzionati – tutte quelle piccole (grandissime) cose necessarie a vincere le partite.

Comunque sia, è inutile girarci attorno, una risposta istintiva e non per questo meno corretta alla domanda sopra posta, potrebbe essere la seguente: “Sì, i Bucks possono vincere perché hanno Antetokounmpo!“. L’MVP in carica vanta numeri personali migliori di quelli della stagione passata – si ricorda, però, che il campione di partite preso in esame è ovviamente di molto minore -: 31.8 punti (a fronte dei 27.7 dell’anno scorso), 12.8 rimbalzi e 5.4 assist a partita. Sopratutto, dato di importanza fondamentale in chiave playoffs, Giannis gioca quasi due minuti in meno a partita, 31.3 contro i 33 della passata stagione regolare. Può sembrare cosa da poco, ma va ricordato che sono 2 minuti di riposo in più a notte su un arco vastissimo di 82 partite!

Ciò che tuttavia tutti gli avversari dei Bucks dovrebbero scrutinare appositamente è il dato della percentuale del tiro da tre punti del greco. Perché se è vero che fino all’anno scorso gli si potevano concedere metri di spazio per sfidarlo al tiro oltre l’arco, quest’anno, forse, tale prassi potrà finire in archivio. Giannis sta tirando col 34% da tre punti (25.6% in tutta la passata stagione) su poco più di 5 tentativi a partita. Ma a Dicembre la percentuale è salita fino al 44.7%. Inquietante, per i suoi “nemici”, è in questo senso la partita vinta giovedì notte in casa contro i Lakers – partita definita dello “statement” da molti, ovvero, dove Milwaukee avrebbe decretato la sua superiorità sulla rivale losangelina, che fino a quel momento deteneva ugual record di vittorie. The Greek Freak ha chiuso la serata con 34 punti 11 rimbalzi e 7 assist, facendo registrare un carrer high di 5 triple andate a bersaglio. Non c’è molto altro da aggiungere, se Giannis dovesse davvero mettere nel suo bagaglio tecnico un tiro da tre credibile, allora, il titolo del ’71 potrebbe non patire più la solitudine all’interno della bacheca dei Bucks.

Perché no

L’anno scorso Milwaukee non ha mai perso due partite in fila – striscia ancora aperta in regular season -, riuscendo a portarsi ad un passo dal 3-0 in finale di Conference contro i Raptors. Da lì partì la rimonta di Toronto che riuscì a strappare il risultato in tutte le successive 4 sfide. Ma mentre l’anno scorso i Bucks, sostanzialmente, passeggiarono prima di imbattersi nei futuri campioni NBA, quest’anno, se gli equilibri di forza dovessero rimanere tali fino alla fine, le cose potrebbero andare diversamente già dal secondo turno: Philadelphia, Boston, Toronto e Miami sono avversarie tanto competitive quanto temibili. Milwaukee è difficile che cresca o giochi meglio di così, mentre tutte le altre potrebbero riservare il meglio proprio per la post-season, innalzare e non di poco il loro livello di gioco. Non ci sarebbe troppo da stupirsi se Milwaukee dovesse faticare a imporsi come la migliore ad Est.

I Bucks, poi, nonostante le meraviglie fatte registrare finora, sembrano ancora aver qualcosa in meno rispetto ai Clippers, ovvero, la franchigia che ai blocchi di partenza era stata accreditata come la principale candidata al titolo. La squadra guidata da Doc Rivers sta utilizzando infatti questa stagione regolare come sorta di campo sperimentale, dove effettuare delle prove tecnico-tattiche, testare le affinità e creare sempre più conoscenza reciproca trai vari componenti del gruppo; e tutto per arrivare pronti, compiuti come collettivo, ai playoffs. Quello che a Milwaukee manca è di fatti proprio quella qualità diffusa in ogni ruolo che tanto caratterizza la franchigia losangelina in questa stagione.

Perché, se il “sistema” si inceppa (come avvenuto nelle scorse finali di conference) o se le difese avversarie concentrano tutte le forze per arginare Antetokounmpo, diviene indispensabile trovare qualche soluzione che nasca al di fuori dello spartito, che qualcuno, che non si chiami Giannis, faccia quel passo avanti prendendosi la squadra sulle spalle. Ecco, allora, che l’assenza di un giocatore di preziosa affidabilità come Malcom Brogdon potrà alla fine rivelarsi in tutta la sua importanza. Brogdon è stato a lungo il secondo miglior giocatore della squadra, e per decretare con certezza se i Bucks abbiano avuto ragione o meno a lasciarlo andar via, bisogna quantomeno aspettare la primavera prossima.

E’ tutto da verificare, inoltre, l’effettivo apporto che potranno garantire proprio quei giocatori summenzionati, e lodati, in sede di playoffs. Connaughton, DiVincenzo, Brown ecc. non sono esattamente dei veterani della post-season. Come questi giovani reagiranno all’innalzarsi della intensità avversaria, difensiva ed offensiva, al clima da dentro o fuori, al diverso peso di ogni singolo possesso, è un’incognita non da poco. Bledsoe stesso, autore di una fantastica stagione regolare lo scorso anno, e per questo riconfermato e variamente apprezzato da staff e dirigenza, ha calato visibilmente di rendimento da Aprile in poi.

Infine, c’è “l’incognita Giannis”, anche se potrebbe suonare paradossale. Le scelte delle difese ai playoffs diventano estreme, gli avversari non ti guardano in faccia e cercano quanto più possibile di speculare sui tuoi punti deboli. Giannis non ha ancora costruito un jump shot credibile, ed è un tiratore al di sotto della media oltre l’arco, come abbiamo visto. Gli verrà in tutti i modi ostruita una facile via d’accesso al ferro, le difese avversarie saranno più decise a marginalizzare le sue penetrazioni e a sedarne la pericolosità in area, luogo nel quale scatterà automatica la doppia o la triplice marcatura. Per questa ragione, è di impareggiabile importanza per le sorti di Milwaukee e dello stesso Giannis, che l’MVP dia continuità ai miglioramenti fatti intravedere al tiro pesante, che possa prendersi con convinzione e consolidata fiducia quei tiri aperti oltre l’arco che le difese finiranno inevitabilmente per concedergli, che insomma segni con buona frequenza da tre senza percepire l’appesantirsi della palla man mano che si entra nella zona calda della stagione.