Stati Uniti e Serbia, un fallimento Mondiale

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Team USA-Serbia doveva essere secondo praticamente tutti gli addetti ai lavori e non la finale che valeva l’Oro ai Mondiali in Cina. Il basket si sa regala spesso emozioni e sorprese ed anche questa volta è stato così con entrambe le squadre eliminate, incredibilmente, ai quarti di finale.

Se il tonfo della Serbia contro l’Argentina aveva avuto una piccola avvisaglia già nel match perso dalla squadra di coach Djordjevic contro la Spagna, quello degli Stati Uniti è arrivato un po’ inaspettato perché, dopo un inizio balbettante, i ragazzi di coach Popovich avevano giocato un po’ meglio le successive partite e sembravano destinati ad arrivare in finale in un modo o in un altro. E invece le due compagini più accreditate sono cadute contro l’ottimo gioco corale messo in campo da Argentina e Francia, che si giocheranno una delle due semifinali, mentre nell’altra sarà la Spagna a vedersela contro l’Australia, alla sua prima semifinale mondiale della storia.

Venerdì 13 alle 10:00 la prima partita e alle 14:00 la seconda.

Dalle rinunce al brutto gioco

L’avventura di Team USA formato 2019 in Cina è stata una continua salita. Le tantissime rinunce arrivate ancora prima delle convocazioni e poi quelle che hanno minato il roster pian piano (aggiungendoci i pesanti infortuni a Tucker e Kuzma, due che avrebbero fatto comodo in queste partite) hanno costretto coach Popovich a convocare i 12 superstiti, che fin dalle amichevoli sono sembrati mal assortiti.
La squadra a stelle e strisce non è mai riuscita a far vedere una parvenza di gioco offensivo degno di questo nome: azioni involute, tanti uno contro uno, penetra e scarica. Ma contro la difesa schierata Team USA ha messo in mostra più limiti che punti di forza. Per non parlare dell’attacco alla zona, che nelle prime partite ha davvero messo in ginocchio la squadra.

L’unico punto in cui si è vista la mano del coach degli Spurs (che sembra averci capito pochino per tutto il Mondiale) è stata la difesa, dove gli americani per alcuni tratti sono sembrati veramente una corazzata difficile da battere.
Non è bastato però, in quella che è la peggior spedizione statunitense dal 2002, altro anno in cui non arrivò neppure una medaglia. Un fallimento totale per la gestione Colangelo che in questi anni non aveva mai dovuto affrontare tutte queste defezioni e che sperava che la presenza di Popovich potesse attirare i giocatori, invece di respingerli. Ci sarà molto da lavorare in vista delle Olimpiadi 2020 di Tokyo quando però i giocatori saranno sicuramente più propensi a partecipare (l’Olimpiade ha sempre un altro appeal rispetto ad un Mondiale), e quindi prevedibilmente il livello del roster sarà molto più alto di quello di quest’anno.

Un atteggiamento non da vincenti

Se i limiti di Team USA sono sembrati soprattutto tecnico-tattici con giocatori abituati a giocare in determinati sistemi nelle rispettive squadre NBA e quindi fuori cast in questa avventura, quelli della Serbia sono stati totalmente mentali e di approccio. Fino alla partita contro la Spagna sembravano una corazzata che nessuno sarebbe stato in grado di fermare, visto un roster lunghissimo, abituato a giocare insieme e infarcito di giocatori di primissima fascia anche NBA. Invece prima la sconfitta con gli spagnoli che è valsa il primo posto nel girone (che ha pesato moltissimo vedendo come sono andate le cose) arrivata prendendo sottogamba la sfida, e poi l’incredibile arresa all’Argentina che ha giocato una grande partita sulle due metà campo togliendo tutte le certezze ai serbi.

Anche loro dovranno fare un grande lavoro visto che saranno costretti a giocarsi il Pre-Olimpico per riuscire a volare a Tokyo nel 2020. La Federazione dovrà prendere una decisione su coach Djordjevic che è in scadenza di contratto e potrebbe anche decidere di chiudere questo ciclo e cercare di aprirne un altro. Da capire se ne faranno ancora parte i tanti NBA del gruppo, che come si sa spesso saltano gli impegni per allenarsi in vista della stagione successiva. Uno su tutti da valutare sarà Nikola Jokic, arrivato al Mondiale come Stella più acclamata (insieme ad Antetokounmpo) e tornato a casa con più dubbi che certezze sulla sua tenuta mentale. Tanti falli tecnici, espulsioni, nervosismo, sufficienza nel giocare, una faccia sempre semi annoiata ed una forma fisica francamente imbarazzante per un giocatore del suo livello. Rimane un campione unico, capace di fare cose su un campo da basket che per un lungo della sua stazza non si vedevano dai tempi di Divac e prima di Sabonis. Ma dovrà cambiare tanto e velocemente, oltre che per poter incidere con la sua nazionale anche per non rischiare di impantanarsi anche in NBA, e a Denver dopo il contrattone che gli hanno fatto firmare lo sperano vivamente.